LA SFIDA
"La speranza è la decisione militante di vivere con la certezza che noi non abbiamo esplorato tutti i possibili se non tentiamo l'impossibile" (R. Garaudy)
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Questo racconto partecipa al gioco narrativo "Storia d'amore" creato da Writer Era una bella ragazza, una ex adolescente tutta occhiali e brufoli, che stava scoprendo la sua femminilità e le sensazioni che provocava negli uomini. Qualcuno le avrebbe parlato molti anni più tardi di uno strano magnetismo, qualcosa che inevitabilmente ti attirava a lei. Una bella ragazza timida, a metà tra una ragazzina e una donna consapevole e forte delle sue armi. E come tutte le belle ragazze timide aveva un fidanzato. Un tipo normale, senza slanci, senza entusiasmo, senza sorprese, senza passione, affidabile. Ogni giorno la sua vita di studentessa universitaria di Filosofia si ripeteva uguale. Barbara la chiamò: "Senti Francesca, devo dirti una cosa, spero non ti arrabbierai; sai quel tipo che ti sta tanto antipatico, quello che dici che ti ricorda uno stupido attore di Hollywood , mi ha chiesto se può studiare con noi, sta preparando lo stesso esame, io gli ho detto di si." "Chi Davide? Quello che indossa solo camicie rosa e passa il tempo a ravviarsi i capelli e non perde occasione di specchiarsi in ogni pezzetto di vetro, neanche fosse una donna? Quello che ci prova con tutti gli esseri di genere femminile? Non quello eh! Io non ci studio con lui, neanche morta!" "Si proprio Davide, però dai, non fare così, mica ci devi andare a letto! Non lasciarmi sola, avevamo deciso di prepararlo insieme questo esame." Guardò la sua amica, quante cose avevano già condiviso da quando si erano incontrate: "E va bene, solo perché me lo chiedi tu, ma io con lui non ci parlo, si parla di poetica e retorica e basta." Rise. Quel ragazzo le metteva soggezione. Lui così sicuro di sé. E così bello.
"A che pensi?", esordì Francesca, mentre il treno continuava con il suo regolare tu tum tu tum. " A te." " A me? Perché?" "Sei così bella e intoccabile, sembri un ramo che sta per spezzarsi ma non cede mai, sei così forte e così fragile." " E tu cosa ne sai di me?" disse Francesca stizzita. "Non ne so molto. Non mi permetti di conoscerti." "Dobbiamo studiare, siamo qui per studiare, non per conoscerci." Passavano le giornate, l'inverno era ancora così lungo. "Barbara", chiese Davide rivolgendosi alla ragazza "e allora quel benedetto Giuliano ti soddisfa davvero oppure no?" A loro due piaceva scherzare così, le loro conversazioni erano sempre incentrate sul sesso. Barbara rise: "Dai lo sanno tutte che nessuno può essere bravo come te; il mio ragazzo? Lo sai com'è, quello preferisce stare a casa a guardare un film piuttosto, è stanco, lavora lui." "No scusa", intervenne Francesca visibilmente nervosa "lo sanno tutte, ma tutte chi? E tu Barbara come fai a saperlo? Io non lo so e non mi interessa certo scoprirlo. Sto bene come sto io." "Con quel tuo chitarrista sfigato? Sei sicura?", ridacchiò il ragazzo. "Lui non è sfigato, un po' serio si, beh, un po' troppo serio in effetti, un po' pesante a volte", rise " Ora però non ti racconterò certo i fatti miei." "Eccola lì, era questo allora, quell'ombra sul tuo volto, quello non ti ha mai fatto godere vero?" "Ma la pianti con questi discorsi? Sei il solito, esageri, diventi volgare."
Il giorno dell'esame si avvicinava e toccava serrare i ritmi di lavoro. "Che prendi?" chiese Davide con un tono di voce alterato. "Pillole antidepressive, me le ha prescritte il medico quando è morto mio padre. Ho incubi e crisi di panico. Con queste va meglio." "Ma scherzi? Quella roba fa male, tu non ne hai bisogno Francesca. Prometti, buttale, io ti preparo una camomilla intanto, così stanotte farai sogni bellissimi." Lo guardò, il suo viso era dolce e preoccupato. Sorrise. "Grazie, d'accordo." Le portò la camomilla bollente, cominciò a massaggiarle le spalle, lei assaporava piano il liquido zuccherato. "Vedi, non servono le pillole, servono le attenzioni delle persone per stare meglio. Come sei bella!" Era in piedi dietro di lei, si chinò, avvicinò il volto alle sue labbra, le appoggiò piano. Lei non si ritrasse, posò la tazza e si gustò quel bacio dolcissimo, fino in fondo come un frutto meraviglioso. Da quel momento non ci furono più ore che bastassero, la passione li travolse. Era tutto uno scoprire sé stessi e l'altro, ogni desiderio, ogni curiosità, ogni fantasia, tutto era possibile. Come aveva potuto anche solo immaginare di aver vissuto finora e come poter continuare senza di lui. Non poteva farne a meno, di quel corpo, del suo odore, della sua forza, della sua sicurezza, della sua passione. Lasciò il suo ragazzo. Sapeva bene a cosa sarebbe andata incontro. E infatti pochi mesi più tardi Davide la tradì, con un'altra, una qualsiasi. Lui era sincero, quasi ingenuo come un bambino, sereno quando le diceva: "Io ti voglio bene Francesca, ma non ti amo." Francesca rispondeva con forza: "Tu hai solo paura di amare." Era convinta che restandogli accanto l'Amore sarebbe fiorito, che bisognava coltivarlo come una pianta bisognosa di cure. Quando scopriva i suoi tradimenti, le sue storie parallele, era il vuoto, erano urla, ma l'idea di perderlo, di perdere quei brividi, non poteva sopportarla. Così lo divideva, lo divideva con le altre per un po', fin quando lui tornava ad essere soltanto suo.
L'Amore era spuntato e cresceva rigoglioso. Non era mai sazia dei suoi "Ti amo." Pianse quando accettò di sposarlo. Barbara le fece da testimone di nozze: "Francesca, lo sai, io ti ho sempre sconsigliato di continuare, ma il tuo amore ha vinto, guarda come è felice Davide, solo tu potevi riuscirci." Era domenica, una bella domenica di primavera. Francesca sentì le voci gioiose dei suoi bambini che giocavano. Il suo cuore era tormentato da incubi. Gli stessi incubi di tanti anni prima. Un'altra donna, ancora. "Sai", disse Davide "penso che noi non riusciremo mai a capirci davvero, in fondo io te l'ho sempre detto che non ti amo." Urlò: "Amore, amore, ma mi spieghi cos'è questo benedetto amore per te? Non è forse il sorriso dei nostri figli, non sono tutte le cose che abbiamo saputo costruire insieme, non è questo esserci stati accanto nelle difficoltà e nei cambiamenti che la vita ci ha proposto? Non lo so, sono confusa anche io, forse hai ragione, noi parliamo solo attraverso il corpo, non riusciamo con le parole, non riusciamo ad ascoltare, non riusciamo a comprendere, forse quello non è amore." "Io voglio essere felice Francesca, sono giovane, voglio tornare a casa e sentirmi felice e con te non riesco ad esserlo. Ti voglio bene ma non posso stare con te. Andrò via, appena possibile." Si guardarono a lungo, incapaci di dire altro. Una lacrima salì prepotente verso gli occhi ma Francesca la ricacciò giù con forza. Fece una carezza lieve sul volto di Davide, l'ultima. Le voci dei bambini risuonavano allegre. ORA BASTA - Giorgia |
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Ingegnere si, ma pur sempre donna :-)
Cris
Hanno creduto in un amore senza amicizia, un amore senza basi solide. E' un po' come la casa sulla sabbia del Vangelo: "Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande." (Mt, 7, 27)
L'amore finisce davanti all'incapacità di affrontare la vita reale e Davide torna a cercare la felicità delle emozioni. Grazie.
Un abbraccio a Francesca che esista o meno fuori da questa storia narrata benissimo!
Ti ringrazio molto! Buon we anche a te.
i bambini non sapevano ancora.
Grazie!