A primavera, quando
l'acqua dei fiumi deriva nelle gore
e lungo l'orto sacro delle vergini
ai meli cidoni apre il fiore,
e altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così, torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.
Rileggeva assorta quella poesia di Quasimodo, dondolando sulla sedia che sua suocera le aveva regalato per allattare.
Mille ricordi le si intrecciavano nella mente. Confusi.
Eros, no davvero, non come il vento del nord rosso di fulmini.
Eros l'elemento primordiale, figlio di Arcobaleno e di Libeccio.
Colori brillanti tra lacrime di pioggia, vento fresco, umido, portatore di nebbie, gentile, persuasivo.
Non così terrificante come fulmini e saette.
Una brezza leggera, un sollievo al caldo torrido dell'estate.
Il blu intenso del cielo, sfociante nel nero cupo dopo il tramonto, ma non ancora così buio da perdersi.
Quell'attimo prima che la luce vada via del tutto.
Così ricordava le sensazioni che quell'uomo aveva lasciato indelebili in lei.
Quanti anni erano passati?
Quaranta, cinquanta forse, non riusciva più a contarli.
Era stato prima di sposare suo marito, o almeno credeva.
Era stato forse quando pensava non sarebbe più tornato dal fronte.
Uno straniero.
C'era qualcosa di inquietante nel suo sguardo, occhi infidi di gatto, eppure emanava una tale sensazione di quiete che aveva deciso di affidarglisi.
L'aveva aiutata a riportare su per la collina le pesanti ceste del bucato lavato di fresco giù al fiume.
Lei lo seguiva, appagandosi del sole estivo più sopportabile senza quel peso.
E poi com'era stato?
Non ricordava . . .
Aveva posato la cesta vicino quell'albero e l'aveva guardata.
A lungo, in silenzio.
Lei era rimasta lì, immobile, incapace di azione.
Lui le aveva sfiorato le spalle, e poi giù con dita delicate e sapienti, lungo le braccia fino alla vita.
Quei brividi, non ricordava altro, non il suo volto, non il suo nome.
L'aveva presa lì, sull'erba umida, con baci dolci e intensi, piccole nuove fiammelle accese ogni volta.
E così com'era arrivato, così era andato via.
Nessuno sembrava sapere nulla di quello straniero, nessun altro ricordava di averlo mai visto o incontrato.
Chiuse il libro di poesie.
Forse era stato solo un sogno.
Forse un desiderio.
Il cane, suo unico amico di vecchiaia, corse via spaventato al rumore del libro scivolato a terra.
La trovarono così, un sorriso sulle labbra, il suo animale accucciato contro la sedia, il libro incredibilmente aperto su quelle pagine.
La finestra della vecchia casa sbatteva leggera, spinta dal vento di Ovest.
Per gli amici di blog, promesso, non ci provo più!!!
La vie en rose - L. Armstrong
Bel racconto,Dream, puoi continuare a raccogliere le sfide di Elliy senza timore, io ti verrò a leggere.
E poi che morte serena per la tua protagonista...;-)))