LA SFIDA
"La speranza è la decisione militante di vivere con la certezza che noi non abbiamo esplorato tutti i possibili se non tentiamo l'impossibile" (R. Garaudy)
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Post n°102 pubblicato il 16 Settembre 2008 da nnsmettodsognare
Poche parole intrise di tristezza che toccano le corde più intime. Anche a quindici giorni di gravidanza quei millimetri sono un bambino: non un'ecografia, neanche un trattamento medico, né una malattia, tanto meno una colpa. E quell'interruzione improvvisa che proprio non ti aspettavi è un po' come morire. Forse peggio che morire. Perché quando ti senti madre non conta più l'IO, conta l'altro e sopravvivervi è quanto di più difficile si possa sopportare. Me lo ricordo bene di quando mi dissero che il mio grande in realtà non c'era. La realtà era quella di un ecografo antidiluviano e di un medico supponente. Ricordo con lucida precisione il disprezzo: "Signora pensi a fare il suo lavoro, il medico sono io e le confermo che, sulla base delle dimensioni, la gravidanza si è interrotta. Il fatto che lei non abbia sintomi di questo non è rilevante. Non resta che fare un raschiamento." Ricordo che mi parlò di un'analisi del sangue che poteva fornire prove a supporto della sua tesi, e di come la giudicasse inutile. Ricordo di averla fatta ugualmente contro il suo parere, in urgenza. Ricordo che sbagliarono a farla quell'analisi. E di come, nonostante la ragione non facesse che dirmi che ormai dovevo rassegnarmi all'evidenza, il corpo e l'anima si ribellavano. Io lo sentivo quel bambino microscopico, lo sentivo come può sentirlo ogni madre, contro ogni numero, contro ogni parametro, contro ogni statistica. Rifeci quell'analisi . . . e cambiai il nome che avevo già scelto per mio figlio, perché lui in fondo era nato ancora. Quel bambino non l'ho desiderato davvero, ma ho lottato con tutte le forze per lui. Anche quando, anche quando . . . Ne conosco tante di storie di madri. Quelle che hanno perso un figlio perché qualcuno ha scambiato le contrazioni per una colica ed ha bloccato un parto. Quelle che lo hanno visto morire a metà di una gravidanza, e scoperto in seguito che è successo per una malattia che presto avrebbe portato via anche loro. Quelle che lo hanno ucciso le violenze subite da chi avrebbe dovuto amare più di tutti quel bambino. Quelle che il suo cuoricino si è fermato subito dopo la nascita per qualche problema di troppo. E lo sognano ancora disperatamente, una stella cometa in una vita non sempre facile. O lo ricordano con una fotografia in cucina accanto a quella dei fratelli, quindici giorni che valgono una vita. Quelle che lo hanno cresciuto, perdendosi in occhioni neri e dolcissimi di bambine che senza una parola riuscivano a catturare il cuore, e poi hanno dovuto presto distruggersi nel dolore della loro perdita. Quelle che ancora lo rivedono ogni giorno in un gemello sopravvissuto, duro, così duro pensare che sarebbe stato come lui ora. Quelle che hanno convissuto con la malattia del loro bambino per anni e chissà forse ora possono tirare un mezzo sospiro di sollievo. Quelle che ancora lo aspettano. Hanno rischiato di morire e di perdere l'unico ovaio rimasto per un'eccessiva stimolazione ormonale. Quelle che lo hanno chiesto in adozione, ma deve passare ancora un anno, dopo tutti quelli che già sono passati dalla domanda all'approvazione, per averlo finalmente tra le braccia. Quelle che si erano rassegnate a non averlo più e poi: "Oggi è nato Luca . . . baci baci." Quelle che li crescono tra mille difficoltà e preoccupazioni perché chi dovrebbe sostenerle ed aiutarle, il marito, è il più piccolo tra i figli e deve ancora maturare per poter essere davvero un padre. Un figlio ti cambia, un figlio ti cresce, un figlio ti completa, un figlio ti fa sentire la potenza dell'amore, ti fa capire la dura bellezza della vita e anche della morte. Una madre lo sa, anche quando ha avuto la sfortuna di non diventarlo ancora. Una madre lo sa: perché quello che può il cuore di una donna, null'altro può.
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perché dovrei chiederti di cancellare il post? Ti ringrazio, invece, grazie Carla.. è solo questo che ti fa sentire umano è il modo in cui ti trattano...
Non potevo più stare senza la canzoncina però come la canti tu, meglio di Claudio Villa!! Un bacione amica mia, anche a quei due uomini spatriati che ti ritrovi in casa!