CONSIDERAZIONI SU DI UN'IPOTESI ARCHEOASTRONOMICA

figura 1.
Elaborazione da una ricostruzione assonometrica dell'Arch. Ruggero Morichi

Il cosiddetto "Tempio di Artemide" a Cuma
Una ricerca originale della Sezione di Archeoastronomia dell'Unione Astrofili Napoletani

 

Franco Ruggieri

Società Astronomica Italiana (SAIt)
Società Italiana di Archeoastronomia (SIA)
Unione Astrofili Napoletani (UAN)

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Abstract
By an accurate analysis on the ruins of a small temple in Cuma, till now with no name, it was possible to attribute it to Diana, the Italic Goddess of the Moon. Some collateral considerations let us to determine the date of its unveil.
   
Lo stato attuale dei resti e la situazione dei rapporti fra Roma e Cuma dal VI al I secolo a.C.

figura 2. Augusto loricato
(Augusto di Prima Porta)

A Cuma, all’interno del Santuario di Apollo, presso l’estremità settentrionale, sono visibili i resti di un tempietto su podio, “del tipo in antis (con due colonne sulla fronte, fiancheggiate dai prolungamenti dei muri laterali della cella)” (1, pag. 99).

Questo tempio è stato ipoteticamente identificato come dedicato ad Artemide, sia sulla base dell’abitudine di associare il culto per questa dea a quello di Apollo (il cui tempio si trova a poca distanza) sia perché come tale fu descritto dagli eruditi del passato. La data di costruzione è probabilmente da cercarsi in tarda età repubblicana, nell’ambito di quella restaurazione degli “antiqui mores” voluta da Ottaviano, e la tecnica edilizia con cui fu costruito lo conferma.
Un dubbio su tale denominazione è però sorto considerando che Artemide è divinità greca, correlata alla latina Diana per un sincretismo avvenuto già in età arcaica.
L’una e l’altra dea, comunque, hanno spiccate caratteristiche lunari, come dimostra il nome stesso di Diana (a volte scritto ‘Iana’) il cui etimo viene fatto risalire ad una radice indoeuropea col significato di luminoso che si adatta particolarmente alla Luna Piena.

All’epoca della costruzione del tempio, Cuma era solidamente sotto il controllo romano da oltre un secolo e mezzo. Al 180 a.C. risale, infatti, l’introduzione del latino nella compilazione degli atti ufficiali di questa città. D’altra parte i rapporti politici ed economici fra la colonia magnogreca e Roma erano stati abbastanza buoni sin dalla fine dell’era monarchica. Cuma aveva affiancato intorno al 504 a.C. la futura caput mundi nella battaglia di Aricia, condotta contro Arunte Porsenna, figlio del più celebre condottiero etrusco Lars Porsenna, re di Chiusi (o di Volsinii, secondo Plinio, Natur. Hist. II, 54, 140), che in tale occasione fu sconfitto ed ucciso (2, pag. 311 e passim).
Proprio per il ritorno agli antiqui mores è poco probabile che Ottaviano abbia finanziato o anche solo consentito, in un clima politico che stava per acclamarlo “Augusto” e imperatore, la costruzione di un tempio ad una divinità che comunque portava un nome straniero. E’ quindi più logico ipotizzare una dedica a Diana.
Purtroppo non si è a conoscenza di evidenze archeologiche che permettano una qualsiasi attribuzione all’una o all’altra dea né a differenti divinità. Rimangono quindi solo tentativi di ricerche indirette per cercare di scoprire per chi fosse stato costruito quel tempio.
Uno di questi tentativi può essere effettuato tramite l’archeoastronomia.
 
Valutazione degli orientamenti. Il tempio X.

figura 3.
Pianta orientata del tempio X (a sx)
e della cisterna greca (a dx, in basso)

Non essendo ancora in grado, per il momento, di conoscere la divinità cui era dedicato il cosiddetto Tempio di Artemide, ci limiteremo a chiamarlo Tempio X.
Accurati rilevamenti effettuati sul posto, con l’autorizzazione del Soprintendente Arch. Stefano De Caro (3) e la disinteressata collaborazione del Direttore dell’Ufficio Archeologico di Cuma Dott. Paolo Caputo, hanno permesso di stabilirne un orientamento principale a 118.3 gradi circa di azimut. Naturalmente l’orientamento potrebbe essere stato casuale, oppure effettuato in parallelo (per simmetria) con il vicino, più antico e più importante Tempio di Apollo, oppure ancora essere stato dettato da esigenze generate dallo spazio disponibile. Prima di tutto è quindi necessario escludere queste ipotesi.
Il tempio di Apollo  
Questo tempio è agevolmente ascrivibile ad Apollo tramite: “…un’iscrizione di età romana con dedica al dio, ivi rinvenuta dal De Iorio nel 1818.Tuttavia il materiale votivo ed alcuni documenti epigrafici, tra cui un graffito greco su frammento ceramico del II secolo a.C. e l’iscrizione oracolare cumana su dischetto bronzeo, fanno ipotizzare che il tempio fosse in precedenza dedicato anche ad Hera(1, pag. 88).
Il Tempio di Apollo ha un orientamento principale, verso SE, di 130 gradi circa. La differenza di quasi dodici gradi con il Tempio X esclude tanto il parallelismo degli assi quanto la loro perpendicolarità, eventualmente ipotizzabile quest’ultima dalla rotazione di 90° dell’asse principale del tempio di Apollo avvenuta nella prima età imperiale.
Questo edificio non presenta alcuna caratteristica archeoastronomica evidente. Il suo orientamento, infatti, è troppo meridionale per consentire un allineamento con il punto, sull’orizzonte reale visibile, della levata del sole (nemmeno al solstizio invernale) o della luna. Eventuali allineamenti con la levata o il tramonto di stelle o di asterismi, in particolari date dell’anno, non sono state considerate perché ritenute poco probabili per il tempio di un dio che, nella sua accezione uranica, è assimilato al sole
 
Casualità o necessità di spazio dell’orientamento
L’edificazione del Tempio X comportò il taglio dell’angolo settentrionale di un edificio precedente (1, pag. 100), forse un piccolo portico, che si trovava dinanzi alla c.d. “cisterna greca”, interessante ed enigmatica opera ipogea, quest’ultima, del VI-V secolo a. C., forse la struttura più antica dell’acropoli pervenuta fino a noi. E’ poco probabile che questo portico, di cui non conosciamo con certezza la funzione, sia stato tagliato senza una reale necessità. Né è presumibile l’opportunità di allineare il lato lungo settentrionale del Tempio X con le opere di terrazzamento che cingono quella zona del Santuario di Apollo: una rotazione di pochi gradi e qualche modesta modifica al progetto avrebbero permesso di aggirare agevolmente l’ostacolo.
Possiamo quindi concludere con un elevato grado di probabilità che l’orientamento di circa 118,3 gradi di azimut è stato voluto per qualche ben precisa ragione.
Si tratta ora di stabilirne i possibili motivi.
 
Le dee della luna greco-romane ed i moti del nostro satellite naturale.
Come è stato già evidenziato, tanto Artemide quanto Diana sono dee con spiccate caratteristiche lunari.
In genere la divinità greca è correlata con la luna crescente, di due o tre giorni di età, intesa come protettrice delle vergini (Artemide stessa è vergine) e soprattutto delle giovani in età prepubere o all’inizio della pubertà. Ad Artemide, come a Diana, venivano consacrate fanciulle di sette anni.  Simbolo della dea greca era la sottile falce di luna crescente, identificabile appunto come una luna di due o tre giorni d’età. Suo animale sacro: la cerbiatta.
L’italica Diana è invece correlata nel culto alla luna piena, alla “gialla luna piena d’agosto”, scrive Frazer (4, vol. I, pag. 225), per rappresentare, con la “maturità” del nostro satellite, la capacità  della donna  di procreare  e la sua originaria funzione di protezione delle partorienti (5, I, 476). Suo animale sacro: la mucca ( 6, XLV 2-5; 86).
Questi sono solo alcuni dei caratteri originari delle due dee, riferibili ad età pre- o proto-storica. Col tempo, il loro sincretismo fece sì che Diana assumesse sempre di più i caratteri e le funzioni di Artemide, fino al punto che oggi gli studiosi del mondo classico considerano, in genere, come un’unica ipostasi le due divinità, infatti tanto gli Etruschi quanto i Romani ritenevano ormai che ‘Diana’ fosse solo il nome locale di Artemide.
Se il Tempio X fosse stato edificato in onore di Diana-Artemide avrebbe potuto, con l’orientamento che gli è proprio e che abbiamo visto essere con ogni probabilità voluto, indicare qualche aspetto del culto di questa dea.
L’azimut da noi stimato (con precisione forse eccessiva in relazione alla tecnologia dell’epoca) in 118,3 gradi rientra fra quelli che possono essere presi in considerazione per osservare la levata della luna piena (sacra a Diana), considerando che dall’alto del santuario di Apollo a Cuma, cioè dal complesso che contiene sia il Tempio del dio che altre strutture come il Tempio X, non è visibile l’orizzonte “astronomico” orientale poiché la vista è parzialmente impedita dalla presenza di un’altura, il Monte Grillo.  Di ciò va tenuto conto nel valutare il punto preciso del sorgere della luna che non può quindi riferirsi all’orizzonte astronomico ma piuttosto a quello realmente visibile dal Tempio X.
La luna piena, però, non sorge sempre nello stesso punto in occasione delle medesime date dell’anno. Il luogo della levata si sposta continuamente in un arco di tempo di oltre diciotto anni e mezzo. A causa dei complessi moti del nostro satellite è abbastanza raro che si ripeta il fenomeno in una stessa direzione.
Da questo punto della relazione in poi gli anni indicati sono sempre anteriori all’era cristiana, anche in assenza della specifica “a. C.
Le indagini effettuate a ritroso nel tempo sul luogo ove, nel corso del periodo compreso fra il 39 ed il 20 (tarda età repubblicana e prima età imperiale), era possibile osservare dall’asse di simmetria del Tempio X il sorgere della luna piena, hanno portato in prima istanza a stabilire che tale fenomeno si verificava sempre d’estate, tra luglio e settembre, in un ambito spaziale che variava da 86,2 gradi di azimut (settembre del 22) fino a 128,5 gradi di azimut (luglio del 23). Negli altri periodi dell’anno, ponendosi nel fondo del tempio, la levata della luna piena non sarebbe stata visibile.
Altrove è descritto il complesso sistema di calcolo necessario per rapportarci al calendario romano (giuliano) di quell’epoca (7, pag. 39).
L’osservazione più interessante riguarda la levata della luna dell’agosto del 29, del 26 e del 21. In tali date l’azimut è significativamente vicino a quello “guardato” dal Tempio X:
 
Anno a.C.
Data
Azimut astronomico
Percentuale illuminata
Fase
29
11 agosto
114,3
99,70
Luna piena
26
8 agosto
118,9
99,71
Luna piena
21
13 agosto
110,0
100,00
Luna piena
 

A prima vista sembrerebbe che il valore dell’azimut dell’anno 26 sia il più vicino alle nostre aspettative, in realtà viene trascurata la presenza del già citato Monte Grillo sull’orizzonte orientale che, a causa della propria altezza e dell’inclinazione dell’orbita lunare, comporta un ritardo nel momento della levata della luna la quale, prima di essere visibile, dovrà percorrere il tratto compreso fra l’orizzonte teorico e quello fisico, con la conseguenza di un accrescimento dell’azimut stimato in circa cinque gradi.

A questo punto il valore più prossimo all’orientamento del Tempio X appare essere quello dell’anno 21 che, con l’aggiunta dei cinque gradi di slittamento dell’azimut, risulta assai simile.
Un’ultima precisazione può essere effettuata se si considera l’ulteriore differenza di azimut (3,81°) derivante dal fatto che i Romani non conoscevano la bussola né l’esistenza di un polo nord magnetico, quindi si orientavano con le stelle (7, pag. 51 e nota 8)
A questo punto il luogo sull’orizzonte geografico dove sorgeva la luna nella data presa in considerazione (118,8°) e l’azimut rilevato sono pressoché coincidenti.
Va però tenuto presente che le dimensioni del Tempio X erano tali che, anche immaginando una porta d’ingresso relativamente stretta e la posizione dell’osservatore sul fondo dell’ambiente, l’arco di spazio utilizzabile per l’osservazione risultava probabilmente superiore agli otto gradi. Quindi l’evento astronomico sarebbe stato comunque visibile se si fosse verificato fra 114 e 122 gradi di azimut.
L’interesse per la data del 13 agosto 21 diviene però particolarmente vivo non tanto per la straordinaria coincidenza dei dati, quanto per la natura della data in sé.
Premesso che nel calendario romano le idi di agosto cadevano il giorno 13 del mese, rileviamo da Marziale (Epigrammi, XII, 67):
Maiae Mercurium creastis Idus,
Augustis redit Idibus Diana,
Octobres Maro consecravit Idus.
Idus saepe colas et has et illas,
Qui magni celebras Maronis Idus.
In altre parole, come ricordato da Frazer (4, I, 10), alle idi di agosto, cioè il 13 agosto, si celebrava la festa annuale di Diana.
E Diana è la luna piena.
Quale momento migliore per la fondazione (la inaugurazione) del tempio a lei dedicato?
 
Confronti con altri templi di Diana in Italia.
Spontanea sorge a questo punto la domanda: gli altri templi di Diana sono anch’essi orientati allo stesso modo?
Vediamo i più famosi ed antichi.
   
Il tempio di Diana Nemorense.  
Situato nel territorio di Aricia, sulle rive del lago di Nemi esisteva un Santuario dedicato a Diana (10, V, 12). Secondo la tradizione dovrebbe essere il più antico di tutti, sede politica e religiosa della Lega Latina (6, ibid.), benché Pausania (9, II; 27, 4) parli piuttosto di un “recinto” sacro o di un “bosco” (témenos) e così Strabone.
Probabilmente la prima costruzione in muratura del tempio risale al IV secolo a.C.(11, 56).  
Non c’è tuttavia accordo sulla identificazione dei resti che, se si accetta l’ipotesi di Giuseppina Ghini, dovrebbe corrispondere convenzionalmente ai resti dell'edificio identificato dalla lettera k nella pianta pubblicata all’interno del testo citato. Altri autori (Rosa, Coarelli) lo pongono invece sulla terrazza superiore (11, 59).
L’orientamento del tempio k è di circa 35 gradi di azimut, non confrontabile con il tempio cumano.
figura 4. Pianta del santuario di Nemi (11, 57)    
   
Il tempio di Diana Aventina.      
L’aedes di Diana posto sul colle Aventino fu voluto, secondo Livio (6, cit.), da Servio Tullio che, con un’abile mossa politica, trasferì appena fuori delle mura di Roma il centro politico e religioso della Lega Latina, stabilendo così la supremazia romana.
Il tempio era il più antico e il più importante che sorgesse sul colle tanto che questo veniva identificato come collis Dianae (Mart.12.18.3; Val. Max. 7.3.1) e la dea era denominata Aventina (Prop. 4.8.29) o Aventinensis (Fest. 164 L; Mart. 6.64.13; Val. Max. 7.3.1).

Il giorno della dedicazione era il 13 agosto, ricordato in molti calendari (Marz. 12.67.2; Inscr.It. XIII, 2, 494-496); fu celebrato in tutta Italia (Stat. Silv. 3.1.59-60) specialmente dagli schiavi poiché Servio Tullio, nato schiavo, avrebbe in quel giorno dedicato il tempio sotto la cui tutela sono gli schiavi (Fest. 460 L)(12, s.v.).
Sorvoliamo sulle caratteristiche originariamente servili di Servio Tullio che meriterebbero una discussione a parte (v. 2, 250 e segg.).
Purtroppo di questo tempio, attualmente, non v’è traccia.
Un secondo tempio, costruito probabilmente sulle fondazioni del primo e quindi forse orientato alla stessa maniera, fu ricostruito da L. Cornificius in età augustea.
Di questo ci rimane un'incisione sul frammento FUR 22 nella quale se ne vede un pezzetto accanto al tempio di Minerva.
L’orientamento assai approssimativo che se ne può dedurre è di 69 gradi circa, anch’esso quindi non confrontabile col tempio cumano.
fig.5....frammento FUR 22      
 
Il tempio di Diana Tifatina.
A questo tempio, alla fine del IV secolo d.C., si sovrappose la basilica cristiana dedicata a San Michele Arcangelo che però ne rispettò l’orientamento originale, essendo stata edificata sulle medesime fondamenta.

La struttura originale, nella sua fase più antica, potrebbe essere datata fra il IV ed il III secolo a.C. (13, 13) e risulta orientata a 249 gradi di azimut, cioè a ovest-sud-ovest.
Neanche qui abbiamo alcuna possibilità di confronto col tempio cumano.
Bisogna comunque osservare che sia il tempio di Diana Nemorense che quello di Diana Tifatina si trovano ad avere l’orizzonte orientale completamente occupato da alte strutture naturali che ne impediscono la vista. Nel primo caso si tratta del versante orientale dell’ampio cratere in fondo al quale giace il lago di Nemi. Nel secondo caso dello stesso Monte Tifata, ad una scarpata del quale è praticamente addossato il tempio.

   
figura 6.
Gruppo UAN in missione a Sant'Angelo in Formis
 
    figura 7, Sant'Angelo in Formis, pianta
 
Conclusioni
Il Tempio X, fino ad oggi con molte esitazioni attribuito ad Artemide, potrebbe essere proprio un Tempio di Diana, sicuramente dea lunare almeno dall’età arcaica in cui già cominciava a subire il processo di sincretismo con Artemide. Processo favorito proprio dai contatti di Roma, allora monarchica, con la colonia euboica di Cuma, prima installazione stabile dei Greci in Occidente (730 a.C. circa).
Lo lascerebbe supporre il fenomeno astronomico del 13 agosto dell’anno 21 a.C., per effetto del quale la luna piena (100% di illuminazione) sorgeva esattamente in corrispondenza dell’asse del tempio. Questo particolare non è privo d’importanza se è vero quanto riferito da E. M. Steinby (12, s.v.) circa la data di dedicazione del tempio di Diana Aventina. Infatti potrebbe ipotizzarsi la data del 13 agosto 21 come data di “fondazione” del Tempio di  Diana ed i rilievi storico-archeologici, allo stato attuale delle conoscenze, lo confermano appieno.
Lo dimostrerebbe, inoltre, l’orientamento che permette in un ampio spettro di date l’osservazione del sorgere della luna piena. Ricordiamo a tale proposito che l’angolo di visualizzazione dal fondo del tempio è di almeno otto gradi d’ampiezza nell’ipotesi di una porta d’accesso stretta, probabilmente molti di più se la porta fosse stata più ampia.
 Franco Ruggieri
Note e Riferimenti bibliografici  
1. P.Caputo – R.Morichi – R.Paone – P.Rispoli:
CUMA e il suo parco archeologico”. Bardi Editore, Roma 1996.

2. Massimo Pallottino:
Origini e storia primitiva di Roma”. R.C.S. Libri, Milano 2000.

3. Fax della Soprintendenza Archeologica delle Province di Napoli e Caserta, in data 17 agosto 1990 ore 10.07. Protocollo N. 23973.

4. James G. Frazer:
Il ramo d’oro”. Boringhieri, Torino 1976 (due volumi).

5. George Foot Moore:
Storia delle religioni”, Laterza, Bari 1956 (due volumi)

6. Tito Livio “Storia romana

7. Franco Ruggieri (a cura di):
Evidenze archeoastronomiche a Cuma”. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2003

8. Benché nel primo secolo a.C. il polo nord astronomico non corrispondesse all’attuale stella polare (a UMi), i naviganti dell’epoca si orizzontavano genericamente con la posizione delle Orse (ad Arctos).

Dedalus, ut fama est, fugiens Minoia regna
praepetibus pennis ausus se credere caelo
insuetum per iter gelidas enavit ad Arctos,
Chalcidicaque levis tandem super astitit arce.

(Aen. I, 14-17)


Dedalo, dice la fama, fuggendo dai regni minoici,
audacemente affidatosi al cielo su penne veloci,
volò verso le gelide Orse per un insolito cammino
e leggero alfine si fermò sulla rocca calcidica.

(Traduzione di Cesare Vivaldi)

9. Pausania “Viaggio in Grecia

10. Strabone “Geografia

11. G.Ghini e S.Gizzi
Il lago di Nemi e il suo Museo”, Soprintendenza Archeologica per il Lazio, 1996

12. Eva Margareta Steinby:
"Lexicon Topographicum Urbis Romae", Quasar, Roma 1995.

13. Francesco Saverio Paradiso:
Sant’Angelo in Formis”, Minturno 1998.

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