UNA DONNA SENZA PRECONCETTI

di Anton Chekhov (1883)

Traduzione originale dal russo

Maxim Kuzmic Saliutov era alto, con spalle larghe, di bell'aspetto. La costituzione del suo corpo si poteva definire, senza mezzi termini, atletica. Egli possedeva una forza straordinaria. Poteva schiacciare una moneta da venti copechi, sradicare dei giovani alberi, sollevare pesi con i denti e giurava che non vi era uomo sulla terra che avesse il coraggio di battersi con lui. Era audace e coraggioso. Non c'era niente e nessuno che gli facesse paura. Al contrario, c'era da aver paura e impallidire quando si arrabbiava. Uomini e donne emettevano strilli e arrossivano quando egli dava loro la mano, perché faceva molto male! Non si poteva ascoltare la sua bella voce di baritono, perché assordava... Era un uomo forzuto! Non ce n'era un altro di uguale.

Quella forza straordinaria, sovrumana, come quella di un toro, andava in niente, e Maxim Kuzmic diventava uno straccio quando proclamava il suo amore a Elena Gavrilovna. Maxim Kuzmic impallidiva, tremava e non era in grado di alzarsi dalla sedia, quando dalla sua grande bocca doveva tirar fuori con fatica: "Vi amo!" Allora la forza lo lasciava e il grande corpo si trasformava in un sacco vuoto.

Egli parlava d'amore con lei nelle piste di pattinaggio. Lei svolazzava sul ghiaccio con la leggerezza di una piuma e lui, nell'inseguirla, tremava, illanguidiva e mormorava. Sul suo viso stava scritto il tormento... I piedi svelti e sciolti si voltavano e imbrogliavano quando doveva compiere sul ghiaccio qualche capriccioso zigzag... Immaginate che temesse un rifiuto? No. Elena Gavrilovna l'amava e desiderava ardentemente le sue profferte di mano e di cuore... Lei era una piccola, bella brunetta, pronta ad ogni istante a bruciare d'impazienza... Già sulla trentina, di rango minore, lui non disponeva di molto denaro, ma tuttavia era così bello, intelligente, sveglio! Sapeva ballare molto bene ed era un ottimo tiratore... Nessuno sapeva cavalcare meglio di lui. Una volta, mentre passeggiava con lei, scavalcò un fossato così largo, che un qualsiasi corsiero inglese avrebbe avuto difficoltà a cimentarvisi!...

Non si poteva non amare quell'uomo!

Egli stesso sapeva di essere amato. Ne era convinto. C'era un solo pensiero che lo faceva soffrire... Un pensiero gli strangolava il cervello, lo induceva a infuriarsi, a piangere e non gli permetteva di bere, mangiare e dormire... Gli avvelenava la vita. Egli si era votato all'amore e nel frattempo lei gli tormentava il cervello e gli faceva pulsare le tempie.

— Divenite mia moglie! — disse ad Elena Gavrilovna. — Vi amo! furiosamente, terribilmente!

E nello stesso tempo pensò:

"Ho il diritto di divenire suo marito? No, non ce l'ho! Se lei conoscesse la mia origine, se qualcuno le raccontasse il mio passato, mi darebbe uno schiaffo! Vergognoso, infelice passato! Lei è famosa, ricca, istruita, mi sputerebbe addosso se sapesse che tipo di persona sono!"

Quando Elena Gavrilovna gli si gettò al collo e gli giurò il proprio amore, egli non si sentì felice.

Un pensiero rovinava tutto... Tornando a casa dal campo di pattinaggio continuò a mordersi le labbra, pensando:

"Vigliacco che sono! Se fossi una persona onesta le avrei raccontato tutto... tutto! Prima di farle la dichiarazione d'amore avrei dovuto confessarle il mio segreto! Ma non l'ho fatto e questo significa che sono un mascalzone, un vigliacco!"

I genitori di Elena Gavrilovna acconsentirono al matrimonio di lei con Maxim Kuzmic. L'atleta era di loro gradimento: era rispettoso e, in quanto funzionario, offriva grandi speranze. Elena Gavrilovna si sentiva al settimo cielo. Era felice. Ciononostante, il povero atleta era tutt'altro che felice! Fino al matrimonio fu tormentato dal pensiero che al momento della spiegazione...

Era tormentato anche da un amico che conosceva il suo passato come le sue cinque dita... Perciò cominciò a cedere all'amico quasi tutto il suo stipendio.

— Offrimi un pranzo all'Ermitage! — disse l'amico. — Altrimenti racconto a tutti... E dammi venticinque rubli in prestito.

Il povero Maxim Kuzmic dimagrì, divenne emaciato... Le sue guance si infossarono, i pugni diventarono scarni. I pensieri lo fecero ammalare. Se non fosse stato per la donna che amava si sarebbe sparato...

"Sono un vigliacco, un mascalzone! — pensava. — Devo spiegarglielo prima del matrimonio! anche se dovesse sputarmi addosso!"

Ma non si spiegò prima del matrimonio: non ne ebbe il coraggio.

Tuttavia il pensiero che dopo la spiegazione avrebbe dovuto separarsi dalla donna amata era per lui il peggiore di tutti i pensieri!..

Si giunse alla sera del matrimonio. Furono uniti in matrimonio, tutti si felicitarono con loro e tutti furono stupiti della loro felicità. Il povero Maxim Kuzmic accettò le felicitazioni, bevve, ballò, rise, ma era tremendamente infelice. "Io, bestia, sarò costretto a spiegarmi! Ci hanno unito in matrimonio, ma non è ancora troppo tardi! Possiamo ancora separarci!"

E si spiegò...

Quando venne l'ora bramata e i giovani vennero accompagnati nella camera da letto, la coscienza e l'onore ebbero la loro parte... Maxim Kuzmic, pallido, tremante, superato il timore, respirando a malapena si avvicinò a lei timidamente e, presala per mano, disse:

— Prima che ci apparteniamo... l'un l'altra, devo... devo spiegarmi...

— Che cos'hai, Max? Sei... pallido! Tutti questi giorni sei stato pallido, silenzioso... Sei ammalato?

— Io...ti devo raccontare tutto, Lelia... Sediamoci... Ti devo ferire, togliere la felicità... Ma che fare? Il dovere prima di tutto... Ti voglio raccontare il mio passato...

Lelia spalancò gli occhi e fece un sorrisetto...

— Su, racconta... Solo, sii svelto, per favore. E non tremare così.

— Io na... nacqui in un... in un... I miei genitori non erano illustri, ma terribilmente poveri... Ti voglio raccontare che razza di persona sono. Proverai orrore. Aspetta... Vedrai... Fui un mendicante... Da ragazzo andavo a vendere mele... pere...

Tu?!

— Ti spaventerai! Ma, cara, questo non è così terribile. Oh, come sono infelice! Voi mi maledireste, se sapeste!

— Ma che cosa?

— A vent'anni... io feci... feci... perdonatemi! Non scacciatemi! Io feci.. il clown in un circo!

— Tu?! Clown?

In aspettativa di uno schiaffo, Saliutov si coprì il viso pallido con le mani... Era prossimo allo svenimento...

— Tu... clown?!

Lelia cadde dal sofà... Balzata in piedi, si mise a correre...

Che cosa le stava succedendo? Si afferrò il ventre... Nella camera rintronò una risata che aveva dell'isterico...

— Ha, ha, ha! Tu fosti un clown? Tu? Maximino... Piccioncino! Mostrami qualcosa! Mostrami che lo fosti veramente! Ha, ha, ha! Piccioncino caro!

E balzò su Saliutov e l'abbracciò...

— Mostrami qualcosa! Caro! Piccioncino!

— Tu ridi, infelice! Mi disprezzi?

— Fai qualcosa! Sei capace di andare sulla fune? Certo che sì!

Ella coprì di baci il viso del marito, si strinse a lui, cominciò ad adularlo... Non mostrava di essere minimamente arrabbiata... Egli, non comprendendo niente, ma felice, cedette alla richiesta della moglie.

Accostatosi al letto, contò fino a tre e si mise capovolto, appoggiandosi con la fronte sul bordo del letto...

— Bravo, Max! Bis! Ha, ha! Piccioncino! Ancora!

Max barcollò leggermente, saltò, così com'era, sul pavimento e si mise a camminare sulle mani...

Al mattino i genitori di Lelia rimasero terribilmente stupiti.

— Chi è che batte di sopra? — si chiesero l'un l'altra. — I giovani dormono ancora... Dev'essere la servitù che combina delle sciocchezze... Comportarsi così! Che mascalzoni!

Il papà si recò di sopra, ma non trovò alcun servitore.

Con suo grande stupore, il rumore proveniva dalla camera dei giovani... Stette presso la porta, scrollò le spalle e, apertala leggermente... Gettato uno sguardo nella stanza, per poco non morì dalla meraviglia: Maxim Kuzmic stava in mezzo alla stanza ed eseguiva nell'aria un audacissimo salto mortale; accanto a lui, Lelia applaudiva. I visi di entrambi erano raggianti di felicità.