FIORI DI PESCO

Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale

Contenuto

  1. Una scampagnata sui colli

  2. Mario compie una bravata

  3. Incontro di Antonio e Carlotta

  4. Un incontro inaspettato

  5. Il padre di Carlotta

  6. La madre di Carlotta

  7. Un'adunanza inconsueta

  8. Una gita al mare

  9. Antonio chiede ai genitori la mano di Carlotta

  10. I rapporti tra Antonio, Carlotta e i genitori di lei

  11. Una cena scioccante

  12. La crisi di Antonio

  13. La morte di Carlotta

  14. Il funerale di Carlotta e conclusione

Personaggi principali

Antonio: programmatore di computer

Carlotta: studentessa liceale

Giovanni e Maria: genitori di Carlotta

Katia e Claudio: testimoni di Geova

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1. Una scampagnata sui colli

Il tempo era eccellente per una gita sui colli. La giornata precedente era stata ventilata e il cielo si era pulito dall'umidità e dallo smog. Non c'era alcuna nuvola in cielo, il quale era di un bell'azzurro da orizzonte ad orizzonte. Era la stagione in cui molti alberi sono in fiore. Di alcuni alberi da frutto era già trascorso il tempo della fioritura e i primi frutti stavano ingrossando sugli steli. Le foglie, appena cresciute, erano di un bel colore verde chiaro. Col trascorrere delle settimane esse avrebbero assunto una colorazione più scura. Era anche il tempo in cui gli uccelli, dopo aver costruito i loro nidi e deposto le uova, le stavano covando in attesa della nascita dei loro piccoli. Da qualche tempo avevano fatto la loro apparizione le rondini, le quali si vedevano volare alte nel cielo.

Sulla strada che da Galzignano porta al passo del Roccolo vi è una piazzetta di sosta per i veicoli. Essa si trova presso il lato esterno di una curva ad un chilometro dal passo. La visuale del lato opposto alla curva è ostruita dalla cima del Monte Rua, un colle dove risiedono alcuni frati. Decenni addietro il monastero ne contava una dozzina, ma successivamente, forse per il calo generale delle vocazioni religiose, il loro numero si ridusse a poche unità. Alberi di robinia e castano ostruivano quasi completamente la vista del panorama verso gli altri lati della piazzetta. Presso un lato c'era una cappellina col tetto a due falde molto inclinate.

Parcheggiate sulla piazzetta c'erano alcuni motorini ed un'auto di piccola cilindrata. Accanto ad essi dei giovani chiacchieravano animatamente.

— Che cosa aspettiamo? Mi hai fatto alzare presto solo per venire a vedere questa chiesetta? — disse Gino.

— Presto? Ma se sono le nove! — gli rispose Luigi.

— Sì, ma oggi che non c'è scuola avrei preferito rimanere a letto più a lungo. Stanotte mi sono trattenuto con il computer.

— Cos'hai guardato? Delle donnine?

— Ma va là, sciocco!

— Egli è appassionato di giochi online. Ci sono giochi che durano ore. C'è da diventare scemi. — commentò Piero.

— E allora, quando si parte?

— Sto aspettando Mario. Aveva detto che sarebbe venuto anche lui.

— Chi è Mario? — chiese Antonio, che seguiva distrattamente ciò che dicevano i suoi amici. Egli era il più anziano del gruppo e sembrava interessato maggiormente ad osservare i dintorni che a partecipare alle loro conversazioni.

— É un mio amico. Fa il meccanico. Mi ha aggiustato il motorino.

— Allora è un genio, — commentò Piero. — Mi stupisce che tu non l'abbia già portato all'isola ecologica.

— Il mio è un signor motorino. É un po' vecchio, è vero, ma non ha niente da invidiare al tuo.

— Sì, finché c'è Mario che te l'aggiusta alla meglio!

In quel momento giunse nella piazzetta una Fiat di media cilindrata.

— Ecco Mario, — disse Luigi.

— Chi è la ragazza che sta con lui?

— É Carlotta, una sua vicina di casa.

— Caspita, che bel tipo!

Parcheggiata l'auto presso i motorini, Mario e Carlotta scesero dall'auto.

— Totta, prendi anche il mio zaino, — disse Mario rivolgendosi a Carlotta.

— É un'ora che ti stiamo aspettando, — disse Luigi avvicinandosi a Mario.

— É per causa sua. Non voleva venire.

— Devo studiare. Sarò interrogata nei prossimi giorni.

— Questa non pensa che a studiare.

Carlotta era una brunetta sedicenne dai lineamenti sottili, magra e di altezza media. Preso il proprio zaino e quello di Mario, scese dall'auto e chiuse lo sportello. Indossava un vestito a colori vivaci.

— É qui che ci fermiamo a fare il picnic? — chiese guardandosi attorno.

— No. Questa è una piazzetta di sosta per i veicoli. Andremo a farlo sulla cima del colle, — disse Luigi, l'organizzatore della scampagnata.

— Non sarebbe stato meglio salire dall'altra parte? C'è una strada che porta sulla cima del colle, — disse Mario.

— É più bello da questo lato. Non avrai timore di fare quattro passi a piedi, spero.

— Suvvia ragazzi! Che cosa stiamo a fare qui! Viene mezzogiorno se non ci incamminiamo. Mi avete fatto alzare presto per stare qui a chiacchierare? — disse Gino, intervenendo.

Colpito dalla bellezza di Carlotta, Antonio le si avvicinò e le chiese:

— Posso aiutarti?

Carlotta le rivolse gli occhi sorridenti.

— No. Ce la faccio. Se solo Mario si prende il suo zaino.

Mario venne ed afferrò il proprio zaino. Egli era un giovane piuttosto tozzo, dai capelli biondi tagliati corti. Il viso largo e lo sguardo deciso denotavano forza di volontà.

I giovani lasciarono la piazzetta e si incamminarono sulla strada in direzione opposta al passo. Percorso un centinaio di metri presero una stradina sulla destra, la quale costeggiava il colle. Ora il panorama cominciò ad aprirsi sulla sinistra. Percorse alcune centinaia di metri, la visuale si aprì interamente, non essendoci più alcun albero ad ostacolare la visuale. Sulla sinistra il colle scendeva dolcemente verso mezzogiorno.

— Oh, che bel panorama! — esclamò ad alta voce Carlotta, visibilmente compiaciuta di ciò che vedeva. Il viso e gli occhi esprimevano gioia.

— Vedrai quando saremo sopra il colle che visuale si aprirà! — disse Luigi.

— Che cosa c'è lassù?

— Ci sono dei ruderi. Una volta vi avevano abitato dei frati.

— Oh, sarà interessante visitare quei ruderi!

— Non c'è molto da vedere. Io ci sono già stato. Sarà perché non mi interessano le cose antiche...

— Questa strada porta sul colle?

— No. Più avanti dovremo lasciarla e salire attraverso il bosco.

— Luigi! Ci hai portati a sfacchinare? — chiese Gino.

— Ti farà bene. Trascorri troppo tempo a giocare con il computer.

— Io? E lui, allora? — disse volgendosi verso Antonio.

— Io lavoro con il computer. Non posso fare altrimenti. É il mio mestiere.

Ora la strada procedeva un po' staccata dal colle. Sia a destra che a sinistra vi erano dei prati verdi. Da un lato, a un centinaio di metri, c'era un bosco di castagni; dall'altro lato, oltre il prato, coperto da alberi di vario genere, il colle scendeva con maggiore pendenza. Non lontano dal prato, presso delle capezzagne si vedevano degli alberi di pesco in fiore.

— Che belli quegli alberi! — esclamò Carlotta. — Quanto mi piace il colore dei loro fiori!

— A me piacciono di più i loro frutti, — aggiunse poco poeticamente Mario.

Lasciata la stradina, i giovani si diressero verso il colle seguendo un sentiero. Al termine del prato il colle saliva bruscamente. Luigi, che stava davanti, lasciò il sentiero e si inoltrò nel bosco di castagni.

— Se sapevo che mi avreste condotta in un posto come questo mi sarei vestita diversamente, — disse Carlotta.

— Te l'avevo detto che saremmo saliti sul colle.

— Oh, guardate che bell'uccello! — esclamò Carlotta, visibilmente compiaciuta.

Un uccello dai colori vivaci che stava appollaiato su un ramo, spaventato dall'arrivo dei giovani aveva preso il volo e si stava allontanando.

Abbandonato il sentiero, Luigi condusse i compagni attraverso il bosco di castagni per un'erta molto ripida. Incontrato un sentiero che costeggiava il colle, essi lo seguirono per un breve tratto, quindi lo lasciarono. Ora gli alberi di castagno erano più radi. Il colle era ricoperto di grossi cespugli. Nell'erba tra i cespugli crescevano dei fiori di vari colori, tipici del luogo, che non crescevano in pianura. Poco dopo apparvero i ruderi del monastero.

2. Mario compie una bravata

Il monastero degli Olivetani, abbandonato da più di due secoli, conserva poco della fisionomia originale, anche se di recente è stato parzialmente restaurato. Esso comprende per lo più solo i muri portanti. Circondato da un prato erboso, è meta di numerose escursioni. Ad esso conducono dei sentieri ben praticabili traenti origine da piazzole di sosta vicine alla vetta.

Giunti al monastero, i giovani ne visitarono i pochi locali. Essi si soffermarono in particolare in un camminatoio, dal quale si vedeva la vallata da cui erano giunti, limitato da un parapetto di muratura rozzo, forse il residuo di un muro. Alto più di un metro, nella parte superiore sporgevano delle pietre. Oltre di esso vi era uno strapiombo di parecchi metri. Salitovi sopra, Mario cominciò a pavoneggiarsi.

— Che bella veduta che si gode da quassù! — gridò camminandovi sopra.

— Stai attento, che potresti cadere, — l'avvertì Carlotta.

Senza darle ascolto, Mario continuò a camminare sopra il muro, guardando ora a destra, ora a sinistra. All'improvviso finse d'inciampare, agitando le braccia come per recuperare l'equilibrio. Carlotta emise un urlo. Raddrizzatosi, Mario scoppiò a ridere.

— L'hai fatto apposta! — disse Carlotta con tono offeso. Poi aggiunse: — Beh, se cadevi l'avresti voluto tu.

— Ti sarebbe dispiaciuto?

— No!

Carlotta tacque per un istante e poi scoppiò a ridere.

— Come puoi pensare che non mi sarebbe dispiaciuto! C'è un dislivello di almeno sei metri.

In quel momento intervenne Luigi, gridando:

— Ehi! Guardate! Un elicottero! Sembra che stia venendo qui!

Tutti si volsero nella direzione indicata. Proveniente da Galzignano, un elicottero si stava dirigendo apparentemente verso di loro. Tuttavia non si avvicinò al luogo dove essi si trovavano ma, girato attorno al colle, scomparve in direzione di Vo'. Scomparso l'elicottero, Mario tornò a camminare sopra il muro. Per non irritarsi, Carlotta andò via. Sembrava che agendo in quella maniera Mario si sentisse superiore agli altri, ciò di cui si compiaceva. Ad un certo momento egli inciampò su una pietra sporgente e perse l'equilibrio. Abbassatosi repentinamente per aggrapparsi al muro, sbatté con un ginocchio contro una pietra sporgente.

— Oh, porca miseria!

Voltatosi verso di lui, Antonio gli chiese:

— Che cos'è successo?

— Ho sbattuto con un ginocchio contro questa pietra della malora.

— Ti sei fatto molto male?

— No. Mi sono fatto molto bene!

— Posso aiutarti?

— Ma va'! Lasciami in pace!

Poi, cambiando tono, aggiunse:

— Quand'è che si mangia! Sono stanco di girare come uno sciocco tra questi vecchi sassi.

— Che cosa pensavi di trovare? Non arrabbiarti. Siamo qui per visitare e per divertirci.

— Proprio un bel divertimento! Io prendo la mia roba e comincio a mangiare.

— Chi ha parlato di mangiare? — disse una voce. — Ho fame anch'io. Suvvia, mangiamo!

Zoppicando, Mario si diresse al luogo dove avevano lasciato gli zaini, il tratto di prato all'ombra del monastero. Subito si unirono anche gli altri. Sedutisi sull'erba, ognuno estrasse ciò che aveva portato con sé.

Finito di mangiare, Piero estrasse un palloncino dal proprio zaino e cominciò a farlo balzellare con i piedi. Subito si unì anche Mario ed i due presero a rubarselo come fanno i giocatori nei campi di calcio. Poco dopo si unì anche Luigi.

— Dai, giochiamo a pallamano, — disse Carlotta alzandosi.

Antonio, che avrebbe preferito rimanere seduto a chiacchierare con lei, si alzò e si unì al gruppo. I giovani si disposero in cerchio e presero a lanciarsi il pallone con le mani. Antonio aveva di fronte a sé Carlotta; quando gli giungeva la palla, la gettava di preferenza verso di lei. Ciò gli dava la sensazione di sentirla più vicino. Quando la riceveva, Piero invece amava trattenerla un po' presso di sé, facendola rimbalzare contro il suolo, o dandole qualche calcetto e quindi gettandola d'improvviso verso qualcuno. Una volta accadde che, avendola gettata verso Antonio, questi fu colto alla sprovvista. La palla gli sfuggì di mano ed andò a colpire la fronte di Mario. Irritato, questi andò a prenderla e, tornato nel cerchio, la gettò con forza contro il viso di Antonio.

— Ma cosa fai!

— Faccio quello che tu hai fatto a me.

— Non l'ho fatto apposta!

— Neanch'io l'ho fatto apposta.

— Su, ragazzi, non litighiamo, — intervenne Carlotta. — Siamo qui per divertirci, non per litigare. Dai, passatela a me.

Il gioco riprese. Antonio presto dimenticò l'accaduto, ma Mario cominciò a provare rancore verso di lui, perché vedeva che Carlotta lo prediligeva.

3. Incontro di Antonio e Carlotta

La domenica successiva Antonio si recò nella chiesa di Galzignano. Carlotta stava in un angolo con la testa china. Egli le si avvicinò.

— Ciao.

— Sss!

Antonio si inginocchiò accanto a lei ed attese la fine della funzione religiosa. Poi uscì di chiesa assieme a lei e l'accompagnò camminando al suo fianco lungo il viale principale del paese.

— Come mai da queste parti? — chiese Carlotta.

— Che bella giornata ch'è oggi. L'ideale per fare una gita.

— Voi uomini pensate sempre a divertirvi.

— Oggi è un giorno di festa. Non dirmi che vuoi trascorrere la giornata studiando.

— No, ma mi sembra che tu corra troppo. Ci conosciamo appena. E poi non sono intenzionata a legarmi sentimentalmente con qualcuno.

— Sei strana.

— Sì. Sono all'antica. Ho delle priorità. Voglio finire bene le superiori ed andare all'università. Questo richiede impegno. Se cominciassi a dedicare troppo tempo o pensieri ad altre cose, in poco tempo sicuramente cambierei i miei obiettivi, come hanno fatto alcune mie amiche più anziane di me.

— I tuoi genitori vogliono che tu studi?

— Certo, sarebbero contenti, ma mi lasciano una certa libertà.

— Che cosa vorresti studiare?

— Non ho ancora preso una decisione definitiva. Mi piace l'arte, la letteratura. Quando verrà il momento deciderò. Tu che cosa fai?

— Lavoro a Padova in una ditta che fa programmi per il computer.

— Ti piace il lavoro?

— Sì e no. Ha degli aspetti positivi e altri poco piacevoli.

— Per esempio?

— Si è sempre sotto pressione. Bisogna sempre far presto perché il tempo è denaro, a volte anche a costo di produrre un lavoro scadente. “Tanto, il cliente non se ne accorge,” dice il padrone.

— Beh, un giorno potresti lavorare in proprio, oppure trasferirti altrove.

— Se anche lavorassi in proprio, probabilmente mi troverei nella stessa situazione. Se gli altri lavorano male, devi lavorare male anche tu.

— Mmm! Mi sembri molto pessimista. Mi sa che le cose non stanno proprio così.

— Sì, sono piuttosto pessimista di carattere.

— A me non piacciono le persone eccessivamente pessimiste.

— Non sono eccessivamente pessimista!

Antonio tacque per un istante. Quindi aggiunse:

— Allora, oggi. Non vuoi uscire con me?

— No. Te l'ho detto. Tra l'altro, sono giunti ieri dei parenti da Milano. Non sarebbe cortese da parte mia non trascorrere del tempo assieme a loro.

— Sono zii?

— Sì. Due zii e Gianna, la loro figlia dodicenne. Erano alcuni anni che non li vedevo.

— Posso chiederti una cosa? Senza volere ho offeso Mario...

— Non prendertela. Egli vuol sempre essere al centro dell'attenzione, e oltre a questo non sopporta soprusi, o pretesi soprusi, da nessuno. É ancora piuttosto immaturo.

— Mi è sembrato offeso più per il fatto che mostravo attenzione nei tuoi riguardi che per il pallone. A mio avviso egli usò l'incidente del pallone per sfogarsi su di me...

— Lo so. É da parecchio tempo che mi sta dietro, ma gli ho parlato chiaro più volte. Per questo motivo non volevo accettare la sua richiesta di andare a fare una scampagnata sui colli. Ecco, quella è la mia casa. Dobbiamo lasciarci.

— Domenica prossima, ti recherai a messa?

— Ci vado ogni domenica. Sono molto religiosa.

— Hai dei genitori molto religiosi, a quanto pare.

— Per niente. Ma ne parleremo un'altra volta. Ciao.

— Ciao.

Antonio rimase ad osservare mentre Carlotta saliva le scale esterne dell'abitazione, una casa a due piani, con negozio al piano terreno. Come lei scomparve, egli si volse e si diresse verso l'auto. Giuntovi, egli proseguì. Aveva molte cose da pensare. Durante il primo incontro con Carlotta egli aveva provato attrazione per lei a motivo della sua bellezza, della gioia che sprizzava dal suo viso e dagli occhi vivaci, e si era proposto di conoscerla meglio.

Fino ad allora egli non era mai stato legato ad alcuna ragazza, a parte delle semplici, brevi amicizie. Ma ultimamente aveva cominciato a porsi delle domande sulla propria vita. Le ragazze che aveva conosciuto fino ad allora erano piuttosto frivole, e forse per tale motivo non aveva stabilito alcun legame con loro. Queste, a loro volta, lo consideravano un tipo troppo solitario. Non lo comprendevano e non erano nemmeno dispiaciute del fatto che non mostrasse loro molta considerazione.

La cosa era diversa nel caso di Carlotta. Fin dal primo momento egli vide in lei una ragazza diversa: non frivola, seria, di buoni princìpi. Per tale motivo aveva deciso di vederla di nuovo. Se poi ne fosse scaturito qualcosa, il tempo avrebbe dato una risposta. Ora però, già al primo incontro da solo con lei, egli cominciò a provare un sentimento di affinità nei suoi confronti, come se l'avesse sempre conosciuta. Eppure, quando aveva deciso di entrare in quella chiesa era stato un poco titubante. “Forse mi manderà via in malo modo,” si era detto tra sé, “oppure riderà di me perché... sono diverso dagli altri giovani della mia età.” Quando aveva preso la decisione di tentare di rivederla, dopo aver lasciato lei e gli amici al termine della gita sul Venda, l'aveva fatto senza riflettere, come se si fosse trattato di un'azione scontata a cui non avrebbe potuto sottrarsi. Ora provava una sensazione come se quell'incontro, quella passeggiata dalla chiesa alla sua casa avessero già deciso il futuro suo e quello di lei.

Antonio ritornò verso la casa di Carlotta, ci passò accanto e guardò verso le finestre, ma senza sperare di vederla. Egli si rese conto che per quella giornata il capitolo era chiuso, ma non ebbe alcun dubbio che se ne sarebbe aperto un altro la settimana dopo, e molti altri in quelle successive. Egli notò l'officina accanto alla casa di Carlotta. Era certamente lì che Mario lavorava assieme al padre. Antonio tornò ad osservare la casa di Carlotta, la casa che, egli sentiva, avrebbe racchiuso la sua vita. Per un istante si chiese se stesse sognando. La situazione gli era del tutto nuova. La casa stessa aveva un qualcosa di diverso dalle altre case e gli suscitava dei sentimenti. “Lì abita Carlotta,” pensò. Bastava quel pensiero per rendere la casa del tutto diversa dalle altre.

Un'auto suonò il clacson. Antonio si volse. L'autista imprecò contro un ciclista che, a quel che sembra, gli aveva tagliato la strada. L'avvenimento lo distolse dai suoi pensieri. Anche se ciò non modificò i suoi sentimenti verso Carlotta, tuttavia operò come un risveglio. Egli si rese conto che era tempo di tornare a casa. Rivolto un ultimo sguardo alla casa di Carlotta, Antonio si diresse con passo deciso verso la propria auto.

4. Un incontro inaspettato

Il giorno dopo, al termine della giornata di lavoro, anziché dirigersi verso casa Antonio si recò nei giardini della città. Egli sentiva il bisogno di riflettere, anche se non sapeva bene cosa, perché si sentiva confuso. Durante la mattinata aveva trovato difficoltoso concentrarsi sul lavoro come di consueto ed aveva commesso alcuni errori. Camminando nei viali dei giardini, egli osservò distrattamente le persone che passavano, i piccioni che accorrevano dove vedevano qualcosa che a parer loro poteva essere del cibo. Osservò dei bambini giocare. Però, ogni cosa che passava davanti alla sua mente era subito dimenticata. Essa vagava incerta, senza una meta. Ora ripensava al lavoro svolto durante la mattinata, ora gli tornavano alla mente alcune frasi scambiate il giorno prima con Carlotta, ora osservava con apparente interesse i piccioni, ora i bambini, ora ammirava apparentemente i prati, ma la mente non si soffermava a lungo su un determinato pensiero. Se gli si fosse chiesto a cosa stesse pensando, probabilmente si sarebbe trovato in imbarazzo.

Stanco di camminare, mentalmente più che fisicamente, si sedette su una panchina e lasciò che gli occhi vagassero.

— Buongiorno!

Antonio alzò gli occhi. Un signore anziano ed una giovane gli stavano accanto e lo osservavano. Erano ben vestiti e portavano entrambi una busta sottobraccio. Alzati gli occhi, Antonio rispose al saluto e li fissò con sguardo interrogativo.

— Vedo che sta riposando. La giornata è ideale per rilassarsi nei giardini, — continuò l'uomo anziano. — Ma la vedo un poco preoccupata. Certo, oggi molte persone sono preoccupate, e per molti motivi. Pur vivendo in un periodo di pace, almeno per quanto riguarda il nostro paese, sembra che la pace sia stata tolta dalla terra. Dappertutto ci sono problemi.

— Che cosa desidera?

— Stiamo contattando le persone che, come lei, soffrono e gemono per i molti problemi che affliggono l'umanità. Si è mai chiesto se ci sarà mai una soluzione, se un giorno l'uomo potrà vivere in pace con se stesso e con i suoi simili?

Antonio fissò stupito le due persone, non comprendendo dove volessero arrivare. Volevano vendergli qualcosa? Volevano semplicemente conversare? Il loro aspetto non dava adito ad alcun timore, ma non riusciva a comprendere lo scopo della loro conversazione. In un altro momento, quando la mente sarebbe stata impegnata in problemi personali, avrebbe detto loro cortesemente di lasciarlo in pace. Ma in quel momento la sua mente era vuota e l'idea di conversare con loro gli parve preferibile al rimanere in quello stato semivegetativo.

— Ditemi. Qual'è la vostra opinione? — egli chiese.

— Il nostro scopo è di mostrare che esiste una soluzione. La situazione odierna era stata predetta molti secoli fa e la fonte che predisse tali cose dà anche una speranza per il futuro.

— Qual'è questa speranza?

— Lei conosce la preghiera del Padre Nostro?

— Certo! Chi non la conosce!

— Ecco. Queste condizioni mostrano che stiamo vivendo negli ultimi giorni e che tra breve il regno di cui si parla in quella preghiera governerà su tutta la terra. Allora non ci sarà più malvagità, malattie, morte.

— Di che religione siete?

— Siamo testimoni di Geova.

— Non so chi siate, anche se vi ho sentito nominare qualche volta, ma io sono ateo.

— Capisco. Sfiduciati dalla religione, molti ritengono che Dio non esista...

— Guardi. Io ho le mie idee!

— Se permette, ho un libriccino che contiene il messaggio che volevo portarle, Esso parlerà per me. Se...

— Va bene, va bene. Me lo lasci, — rispose Antonio, pensando di darlo a Carlotta che è molto religiosa, ma anche per liberarsi dalla presenza dei due testimoni, gentili, ma con i quali ora non intendeva più continuare la conversazione.

Il testimone anziano consegnò ad Antonio un libriccino giallo, e quindi lui e la sua compagna si allontanarono. Rimasto solo, Antonio si mise a riflettere. Ora la sua mente non era più vaga come prima. Egli prese a riflettere su vari argomenti, su alcuni perché stuzzicato dalla breve conversazione con i testimoni di Geova, su altri perché spinto nel cuore dai sentimenti che cominciava a provare verso Carlotta. Già in altre occasioni aveva riflettuto su ciò che vedeva scorretto nella vita di tutti i giorni e nel suo lavoro. Altre volte si era chiesto quale avrebbe potuto essere la soluzione di alcuni problemi. Riguardo al lavoro era irritato dalla continua spinta a fare di più, al mancato riconoscimento dei suoi sforzi, al sistema stesso di programmazione che, secondo lui, era in una certa misura illogico, mentre avrebbe dovuto riflettere il massimo della razionalità umana. Riguardo alla società, egli vedeva che i governi erano incapaci di prendere le decisioni migliori per il benessere comune. Riguardo a questo problema, si chiese in che misura ciò fosse dovuto all'incapacità umana, quanto alla disonestà, quanto a qualche altro fattore che non riusciva a mettere bene a fuoco. Poi d'improvviso vide l'immagine di Carlotta. Allora i suoi pensieri si volsero verso di lei. Fin dal primo giorno Antonio aveva visto in Carlotta una ragazza seria e di buone qualità morali. Ella era bella, sincera, allegra, la sua compagnia rallegrante. I suoi stessi occhi esprimevano gioia e sincerità. Quando li rivolgeva verso di lui, si sentiva trafiggere il cuore. Prima di allora egli non aveva mai pensato di sposarsi, di crearsi una famiglia; la sua vita era stata concentrata per lo più sul computer e su ciò che vi era connesso, come la programmazione. Egli provava uno speciale piacere nel creare nuovi programmi, nel vedere il computer ubbidire alle routine di programmazione che creava, e il piacere era tanto maggiore quanto maggiore la difficoltà dell'obiettivo da raggiungere. Le donne l'avevano interessato solo quanto bastava per trascorrere del tempo assieme a loro e ad altri amici. Ma per il resto la sua vita era concentrata sulle cose concettuali, verso le quali si sentiva attratto. Ora una cosa nuova era entrata nella sua vita e l'attirava sempre più, di giorno in giorno, di ora in ora. Antonio stava provando amore verso Carlotta, un amore nuovo, un amore verso cui sentiva di non potersi ribellare. Egli si chiedeva se lei l'avrebbe corrisposto, se avrebbe potuto stabilire con lei un legame duraturo che desse uno scopo alla sua vita. Gli capitò di pensare anche a Mario. Egli sapeva che anche Mario era attratto verso Carlotta. Anche se Carlotta gli aveva detto che non provava alcuna attrazione verso di lui, tuttavia il fatto che fossero vicini di casa e che si fossero conosciuti fin dall'infanzia l'intimoriva. Forse col tempo lei avrebbe accettato le profferte e le lusinghe di lui.

Stava imbrunendo quando Antonio si alzò dalla panchina. Dei bambini correvano e gridavano eccitati. Egli li seguì con lo sguardo. Innocente felicità! Anche lui l'aveva vissuta, l'aveva goduta, ma era passata. Ora la visione della vita era radicalmente cambiata. C'era e ci poteva ancora essere felicità, anche se di un altro genere, ma c'erano anche tante cose che recavano afflizione. Egli si chiese, come aveva fatto altre volte, se la cosa migliore non fosse di ignorare tutto ciò che non reca felicità, di non pensarci per nulla e di concentrarsi solo su ciò che reca piacere. Ma non sarebbe ciò un fuggire alle proprie responsabilità? Per esempio, riguardo al malgoverno, sarebbe bene ignorare ogni cosa, magari non andando nemmeno a votare, o non sarebbe sua responsabilità di cittadino seguire gli andamenti politici e votare quando richiesto? Riguardo al lavoro, sarebbe meglio lavorare a testa bassa, ignorando le cose negative, oppure interessarsi vivamente e vedere se si potevano apportare dei cambiamenti? E riguardo a Carlotta... No! Riguardo a Carlotta non c'era alternativa, egli non poteva ignorare i propri sentimenti. Se un giorno si fosse sposato e avesse avuto di figli, per quel che la conosceva, non avrebbe potuto immaginare altra donna. Forse non la conosceva bene. Forse col tempo si sarebbe accorto che la sua era solo un'attrazione temporanea; ma per il momento c'era lei, solo lei, non poteva pensare ad una donna se non a lei. Egli avrebbe dovuto cercare di guadagnarsi la sua simpatia e il suo amore.

5. Il padre di Carlotta

La domenica successiva, prima dell'inizio della messa, Antonio era a Galzignano, non lontano dalla casa di Carlotta. Come la vide uscire di casa e incamminarsi, le si fece incontro.

— Ciao, — disse semplicemente.

— Ciao.

— Stai andando a messa?

— Sì.

— Ho pensato a te in questi giorni. Delle persone mi hanno dato questo libro. Ho pensato che ti avrebbe interessato, vista la tua religiosità.

— Cos'è? Ah, ce l'ho già.

— Oh, non pensavo...

— Sì. C'è una ragazza, Katia, che mi viene spesso a trovare. Mi porta delle riviste. In un'occasione mi ha dato anche questo libro.

— Che sciocco che sono! Invece di pensare ad un regalo adatto ad una donna, magari anche semplicemente a dei fiori...

— Ma no! Hai fatto bene. Vuol dire che apprezzi di più le cose spirituali che quelle materiali. In effetti, non dico di non apprezzare un bel mazzo di fiori, ma apprezzo anche questo tuo pensiero. Allora, sotto sotto, sei religioso!

— Per niente. L'ho preso solo per fare piacere a te. Come hai trascorso la settimana?

— Sono stata interrogata in matematica. É andata così così. Mi ero aspettata di peggio. La matematica mi è ostica.

— Dici “così così,” e magari hai preso un bel sette.

— Lascia perdere il voto. Me la cavo, sì, ma non è la mia materia. A me piace l'arte, la storia, la letteratura. Te l'ho già detto. Finite le superiori, forse mi iscriverò a Lettere.

— Non pensi ad altro che studiare. Non riconosci che ci sono anche altre cose nella vita?

— Certo! Ma prima voglio crearmi una cultura, indipendentemente da quale utilità mi potrà essere in seguito, nella vita o nel lavoro.

— Beh, se fai Lettere potresti diventare insegnante. Ti piacerebbe insegnare?

— Sì. É una possibilità. Ma non ho ancora deciso.

— E a sposarti, non ci pensi?

Carlotta si volse verso Antonio e gli diede uno sguardo in parte sorridente, in parte di rimprovero.

— Ti ho già detto che... No. Lasciamo perdere. La messa sta per cominciare. Entriamo.

— Non mi va di entrare in chiesa. Lo sai che non... Ti aspetto qui fuori. Mi sederò nel bar qui vicino e ti aspetterò.

— Come vuoi. Rispetto le tue idee. Se non credi...

— Non è che non creda. La questione è più complicata. Un giorno ti spiegherò.

— Va bene. Io entro.

— Ciao.

Antonio osservò la porta della chiesa chiudersi dietro a Carlotta. Gli parve come una mano che si frapponesse tra lei e lui. Tirato un sospiro, egli si volse e si diresse verso il bar.

Fuori del bar c'era un terrazzo con dei tavolini. Antonio si sedette presso un tavolino libero ed ordinò un caffè. Quindi estrasse il libriccino che aveva inteso regalare a Carlotta e prese a sfogliarlo. Fu subito colpito da un'immagine paradisiaca. Egli cercò di immaginarsi in quel luogo in compagnia di Carlotta. Un sogno! Poi esaminò l'indice e lo scorse. Esso indicava vari argomenti religiosi, ma anche altri di carattere pratico. Egli stava riflettendo su quali aprire il libro, quando una voce gli chiese:

— Hai un fiammifero?

Sollevati gli occhi, Antonio vide un uomo sulla quarantina, di media statura, i capelli scuri e lisci, di corporatura un poco grassoccia. Estratto un accendino, Antonio si offrì di accendergli la sigaretta. Accesala, l'uomo si sedette presso di lui.

— Tu non sei di Galzignano. Vero? Non ti ho mai visto.

— No. Non sono di Galzignano. Abito a Torreglia.

— Mi pareva. Conosco un po' tutti gli abitanti di Galzignano. Vedo che stavi leggendo. Ti disturbo?

— No. Non è niente di interessante. O meglio, ad essere sincero, non l'ho ancora letto e... Intendevo dire che tratta un argomento di cui sono totalmente a digiuno: la religione. Io sono ateo, o perlomeno posso dire di non avere mai visto Dio, e quindi...

— Anch'io non credo in Dio, anche se non mi oppongo a chi crede. Per esempio, lascio a mia figlia la libertà di fare come crede, in quanto alla religione. Mia moglie è religiosa quel tanto che basta per andare in chiesa un paio di volte l'anno. Anche questo è affare suo. A me interessano di più le cose pratiche, quelle che ci toccano tutti i giorni. Leggevo poco fa nel giornale riguardo ad una ditta che acquistava animali malati a basso prezzo, li macellava, li inscatolava e li vendeva. Queste sono cose che mi toccano! Vorrei che ci fosse più giustizia in questo mondo.

— Questo lo vorrei anch'io, ma finché certi delinquenti non vengono scoperti, come si fa a perseguirli?

— E poi, vengono perseguiti? C'è da dire che in molti casi basta una bustarella per mettere tutto a tacere.

— Oggi certi crimini sono ancora più difficili da scoprire. Io lavoro nell'ambiente dei computer. I virus, per esempio: Perché non si fa niente, o quasi, per eliminare questo flagello?

— Io non me ne intendo. Probabilmente non c'è soluzione.

— Penso che la soluzione esista. Io non sono al top, ma ho alcune idee su come risolvere, o perlomeno ridurre notevolmente il rischio, ma sembra che chi ha la possibilità di operare in tal senso non lo faccia di proposito. Questo mi indigna moltissimo.

— Più una cosa è nascosta e più è piena di cose malvagie. Mi hai citato il computer: Chi sa che cosa fanno effettivamente i programmi! Se compiono qualcosa che non piace all'utente, magari di nascosto, chi glielo può impedire?

— Ha toccato il tasto giusto. In effetti, se si va un poco a fondo, ci si rende conto che il mondo del computer, sia per quanto riguarda i produttori di hardware, cioè degli aggeggi materiali, che di software, è paragonabile ad un inferno dantesco. Vorrei non saperle certe cose.

— Il problema è che non c'è vigilanza. Non conosco il problema, ma mi chiedo: Come si può vigilare ciò che è nascondibile “per diritto”? E dove non c'è vigilanza, c'è trasgressione.

— Il computer, con tutto ciò che vi è connesso, è recentissimo. Viviamo in tempi pionieristici. L'unica speranza è che col tempo le cose si sistemino.

Mentre parlava, Antonio teneva d'occhio la chiesa per poter reincontrare Carlotta quando sarebbe uscita. Egli provava piacere a conversare con quella persona, ma non voleva perdere l'opportunità di incontrare nuovamente la ragazza. Finalmente la messa finì e cominciarono ad uscire alcune persone dalla chiesa. Antonio concluse la sua conversazione dicendo:

— Ora devo andare. Mi ha fatto piacere conversare con lei.

L'uomo gli stese la mano e rispose:

— Anche a me ha fatto piacere. Io mi chiamo Giovanni. E tu?

— Antonio.

— Arrivederci, Antonio.

— Arrivederci.

Antonio si allontanò senza fretta e si diresse verso la chiesa. Giovanni entrò nel bar. Poco dopo Carlotta uscì dalla chiesa. Antonio le si fece incontro e si pose al suo fianco con l'intenzione di accompagnarla.

— Hai dato un'occhiata al libriccino che volevi regalarmi?

— Avevo cominciato a farlo, ma un signore mi si è avvicinato e mi ha trattenuto in conversazione fino ad ora.

— Beh, se non altro non ti sei annoiato, ha, ha!

— In effetti, non mi attira molto conoscere quelle cose, anche se vi ho trovato qualcosa di interessante.

— E cioè?

— Mi piace un'immagine che vi ho trovato.

— Ah, il paradiso. Queste pubblicazioni contengono spesso qualche immagine rappresentante il paradiso. Sarà bello esserci...

— A me sembra solo un'utopia. Passano i decenni, passano i secoli, gli uomini scoprono tante cose nuove, ma i problemi di fondo rimangono e non scompariranno mai. La causa? É l'egoismo dell'uomo, quando anche non interviene la stupidità.

— Tu non tieni conto che un giorno sarà il regno di Dio a governare. Allora o ci si adatterà, oppure...

— Regno di Dio? Non verrà mai. É solo una favola inventata dagli uomini per sopportare le cose brutte di questa vita.

— Non lo credo, ma non è questo il momento di parlarne. Sono arrivata. Dobbiamo lasciarci.

— Non puoi trattenerti un pochettino?

— Che cosa vuoi? É quasi l'ora di pranzo. Devo rientrare. Oh, guarda, sta arrivando mio papà!

Antonio si volse. Camminando con passo tranquillo stava arrivando Giovanni, la persona che si era trattenuta a conversare con Antonio al bar.

— Tuo papà? Quello?

— Sì. É mio papà. Ciao, pappi.

— Ciao Totta. Anche questa mattina hai fatto il tuo dovere. Hai fatto la comunione?

— Pappi, non prendermi in giro. Lo sai che io credo...

— Ma no, cara. Non ti sto prendendo in giro. In quanto a questo giovane, ho trascorro una bella mezz'ora assieme a lui nel terrazzo del bar. Ha delle idee chiare. Ma ora vi lascio.

Antonio notò un'impercettibile manifestazione di compiacimento sul viso di Carlotta nell'udire quelle parole di suo padre.

— Ciao, pappi. Salgo subito anch'io.

Giovanni dette una pacca bonaria su un braccio ad Antonio e si diresse verso casa.

— Perché ti chiama Totta, tuo papà?

— É un nomignolo che mi attribuì suo fratello, lo zio Sergio. Egli non aveva figli, ma avrebbe voluto averne. Mi amava moltissimo e anch'io l'amavo. É stato come un secondo padre per me.

— Non ti ama più?

— É morto.

— Oh!

— Beh, adesso ti lascio.

— Quand'è che ci vediamo?

— Se vieni domenica prossima...

— Ma dai! Se vengo nel pomeriggio?

Carlotta rifletté per un istante.

— Senti. Tu sai come la penso...

— Una passeggiata nel paese non è molto impegnativa. No?

— E va bene. Ti aspetto verso le tre. Papà lo conosci già. Forse avrai l'opportunità di conoscere anche mia madre.

— Benissimo, — rispose Antonio sforzandosi di nascondere la gioia che gli faceva infiammare la testa.

— Alle tre, allora. Ciao.

— Ciao.

Carlotta si allontanò a passi veloci, salì di corsa la scaletta esterna ed entrò in casa. Antonio era fuori di sé dalla gioia. Aveva la testa in fiamme, ma era dolce quella fiamma, e sentiva un gran calore nel petto, ma era dolce quel calore. Voltatosi per dirigersi verso la propria auto, fu colto all'improvviso da una forte emozione che gli tolse il respiro. Delle lacrime gli scesero lungo le gote.

6. La madre di Carlotta

Mancava poco alle tre quando Antonio suonò alla porta di casa di Carlotta. Venne lei ad aprire. Era sorridente.

— Entra, — disse.

Antonio entrò. Egli si sentiva un poco imbarazzato. A differenza della porta della chiesa che l'aveva separato da Carlotta, l'apertura della porta e l'invito ad entrare gli parve come una mano disposta ad accoglierlo. Entrato nel soggiorno trovò il signor Giovanni seduto davanti al televisore.

— Oh, sei ancora da queste parti? — disse in tono gioviale.

— Papà, ti ho detto che mi ha chiesto di fare quattro passi in paese.

— Sì, sì. Lo so.

In quel momento entrò una donna di mezza età. Ella lo fissò con sguardo inquisitivo.

— É mia mamma. Si chiama Maria, — disse Carlotta. — Mamma, questo è Antonio.

— Piacere.

— Lieto di conoscerla.

— Dove intendete andare?

Il viso della signora Maria era un poco sorridente, ma dietro il sorriso si notava un atteggiamento severo e un poco sospettoso.

— Come disse Carlotta, facciamo quattro passi in paese.

— Beh, non fate tardi.

— Certamente.

Carlotta si diresse verso la porta.

— Andiamo, — disse.

Il signor Giovanni sorrise e fece un cenno di saluto con una mano. La signora Maria fece un mezzo sorriso e tornò in cucina.

Usciti in strada, Carlotta e Antonio si diressero lungo la via principale.

— É una donna che sa il fatto suo, tua madre, — disse Antonio, non volendo dire che l'aveva trovata piuttosto severa.

— Sì. Dei due, mamma è molto più severa di papà. Papà mi concede tutto; lei invece... Il fatto è che ha avuto un'adolescenza difficile. Perse la madre che era ancora bambina. Il nonno si risposò, ma la mamma acquisita non fu molto tenera verso di lei, mentre suo papà mancò nel darle affetto ed istruzione. Lei si chiuse in se stessa e divenne, per così dire, autosufficiente fin dalla prima giovinezza. Ha imparato a non fidarsi troppo di nessuno. Per questo è così severa.

— Tuo padre è una persona molto socievole.

— Sì. A ciò contribuisce anche il lavoro che fa. Abbiamo un negozio di macelleria al pianterreno. Egli deve essere affabile e gentile con tutti. Ma oltre a questo, fa parte della sua natura. É come lo zio Sergio, di cui ti parlai stamattina. Anch'egli era molto affabile con tutti, nonostante svolgesse un lavoro diverso.

— Che cosa faceva?

— Era guardiano notturno in un albergo di Abano. Per questo aveva molto tempo libero nel pomeriggio e ci vedevamo spesso. Abitava nella casa accanto. Mi amava molto. Posso dire che mi coccolava. La sua morte fu un grosso colpo per me.

— Di cosa è morto?

— Un tumore fulminante. Morì in brevissimo tempo. Ho un'immagine di lui negli ultimi momenti di vita cosciente. Ero andato a trovarlo. Come mi vide, i suoi occhi si illuminarono. Ricorderò sempre quell'istante.

— Purtroppo la vita è così. Non sai mai cosa sarà il domani.

— É vero. A volte provo un senso di angoscia pensando a ciò che potrebbe riservarmi il destino.

— Credi al destino?

— Beh, Katia, la testimone di Geova che conosco, dice che non c'è, che siamo noi i padroni del nostro destino, perché dotati di libero arbitrio. Però io penso: Zio Sergio non ha scelto lui di morire, e nemmeno la nonna che morì, lasciando mamma orfana in giovane età. In questo, il libero arbitrio non c'entra per niente.

— Pensi che ciò che ci accade sia già scritto?

— Non lo so. Ma la perdita delle persone care, che non hanno fatto niente per meritare la morte, mi lasciano perplessa. Sembra che un destino crudele si voglia accanire proprio contro chi ti è più caro. Per questo, l'idea di sposarmi e di perdere un giorno il marito o un figlio mi spaventa.

— Cara, se si è così pessimisti si perde la gioia di vivere.

Quando Antonio pronunciò la parola “cara,” Carlotta si volse verso di lui. D'istinto avrebbe voluto rimproverarlo di quella parola che avrebbe potuto avvicinarli troppo, mentre lei voleva mantenere le distanze per timore di innamorarsi, ma un sentimento dolce la trattenne. Come avrebbe potuto dire di no all'espressione affettuosa di una persona così... cara?

— No. Non sono pessimista. Non lo penso, almeno.

— Sei sempre gioiosa. Non è questa una reazione, come di lotta, contro il tuo pessimismo?

— Forse hai ragione. Non ci avevo mai pensato.

I giovani tacquero: Antonio, per il fatto che si rendeva conto che la conversazione stava toccando argomenti tristi, Carlotta invece perché si sentì presa da sentimenti contrastanti: il ricordo dello zio verso cui aveva portato un grande affetto e che ricordava con piacere, anche se ciò le procurava una certa tristezza; il senso di attrazione che provava verso Antonio, a cui voleva opporsi.

Giunti all'estremo della via, essi volsero a destra, senza una meta. In quel momento si cominciò a udire la voce di un megafono che invitava a votare per un partito politico alle prossime elezioni. Poco dopo videro l'auto con gli altoparlanti. Giunta all'incrocio, l'auto voltò lungo la via principale e la voce andò affievolendosi.

— Ci saranno le elezioni. Per chi voterai?

— Le elezioni? Non so nemmeno se andrò a votare. Sono disgustato di ogni cosa. Si fanno tante promesse, ma poi... A volte mi chiedo se ci sarà mai un governo capace di dare il meglio ai cittadini.

— É vero. C'è tanta ipocrisia.

— Non è solo questo. Noi viviamo in una democrazia, in cui i cittadini scelgono chi vogliono che governi. Questo è, se vogliamo, una protezione contro certe forme di governo autoritarie che, spesso, seguendo delle ideologie, opprimono la gente e sono lungi dall'offrire una buona forma di governo. D'altra parte io penso che un buon governo dovrebbe avere l'autorità e la capacità di prendere decisioni a volte dure, antipopolari, anche se il popolo potrebbe non essere in grado di comprenderle. Ma questo difficilmente avviene, perché i governanti, se anche giungessero a comprendere la necessità di una certa azione, forse non la compierebbero per non perdere il favore dell'elettorato. E se un tale governante la compisse, non essendo compreso chi o che cosa garantirebbe che una tale linea di azione sarebbe buona, che chi la compierebbe non sarebbe semplicemente un pazzo? Il fatto è che il buon governo è una mansione molto difficile e l'uomo non mai sviluppato una disciplina che indichi ciò che è bene in senso governativo e ciò che è male. Mi spiego meglio. Considera la scienza. Essa non è il frutto della genialità di una singola persona. Una pluralità di persone dotate di straordinario ingegno hanno costruito e continuano a costruire su ciò che altri hanno costruito. Nessuna persona singola avrebbe potuto scoprire ciò che lo studio di molte persone ha prodotto nel corso di secoli. Nell'ambito della politica invece si parte sempre da zero. Ogni singolo politico usa il proprio acume, magari basato sulla conoscenza storica e sui propri princìpi, tutte cose che però non hanno validità, per così dire, indiscussa. Oggi c'è un'ideologia; andrà in auge per alcuni decenni, poi se ne inventerà un'altra in completo contrasto con la prima. In altre parole, il fatto che esistano tante diverse ideologie mostra che nessuna rappresenta la corretta forma di governo; al contrario, ciò mostra che ognuna di esse non è altro che un tentativo, un partire da zero. Questo perché non c'è un sommarsi di fatti certi, come avviene invece nella scienza. A motivo di ciò qualsiasi governante può essere paragonato in quanto a capacità di governare ad un bambino, e su questi bambini, spesso litigiosi, purtroppo poggia la responsabilità di tutta la razza umana. É sconcertante.

— Sai qual'è la soluzione?

— No. Dimmelo.

— Il regno di Dio.

— Mmm! Ben venga, se verrà.

— Senti... Katia, la testimone di Geova, ogni tanto mi invita alle riunioni che fanno nella loro sala. Li si parla anche del regno di Dio. Perché non ci andiamo una volta? Si riuniscono alla domenica mattina.

— Vuoi convincermi a diventare religioso? Va bene. Se vuoi andarci, ti accompagnerò e poi andrò in un bar.

— Oh no! Se vuoi accompagnarmi devi venire anche tu. Altrimenti lascio che mi venga a prendere Katia. Si è offerta tante volte...

Antonio si volse verso Carlotta e la fissò con sguardo di chi si sente truffato. Lei invece attendeva la sua risposta osservandolo con sguardo angelico e un poco furbesco.

— Cara. Non immagini quanto desideri rimanere in tua compagnia. Verrò.

Questa volta l'appellativo “cara” non fu di alcun disturbo per Carlotta.

— Entrerai con me?

— Non ti lascerò un solo istante.

— Caro! — esclamò Carlotta, presa dall'emozione. E si gettò su Antonio e l'abbracciò, ma poi subito si distaccò, pentita del gesto compiuto senza premeditazione. Antonio la fissò a bocca aperta, tremante, incapace di proferire una sola parola. Il momento magico era passato. Carlotta riprese il proprio atteggiamento di relativo distacco, mentre Antonio sentì sfuggire l'attimo prezioso. Carlotta si volse e riprese il cammino.

7. Un'adunanza inconsueta

La domenica successiva Antonio era alle nove alla porta di casa di Carlotta. Lei era già pronta. Salutati i genitori, ella scese e salì nell'auto di Antonio. Questi l'avviò e la diresse lungo il viale. Giunto al termine, voltò verso Torreglia.

— Sai dove si trova la sala dei testimoni di Geova?

— Mi sono informato. Ho visto dov'è. Ci sei mai stata?

— No. Comunque Katia dice che in quel luogo non si deve fare alcuna genuflessione né segno di croce.

— Meglio.

— Non si deve nemmeno fumare. Se vuoi farlo, devi uscire.

— Beh, neanche in chiesa si fuma.

— Katia mi ha detto anche altre cose, ma è inutile che te le dica ora, perché le vedrai tu stesso. Ecco, non c'è niente di formale; non c'è un tabernacolo, non ci sono crocifissi e immagini di santi alle pareti. É semplicemente una sala di riunioni. Si va lì per essere istruiti e per “incoraggiarsi,” per usare le parole di S. Paolo che mi ha citato Katia.

— Frequentava anche Paolo i testimoni di Geova?

— Sciocco! Tutti i servitori di Dio sono definiti testimoni di Geova.

— Oh! Questo non lo sapevo. Allora anche il prete...

— Lasciamo perdere. Col tempo imparerai.

Oltrepassato il colle che separa Galzignano da Torreglia, la strada scendeva a tornanti verso la pianura. La giornata era splendida. Non c'era una nuvola in cielo. Si andava verso l'estate. Antonio rimpianse di non poter trascorrere quella giornata all'aperto in compagnia di lei, ma nessuna attrattiva l'avrebbe distolto dal rimanere al suo fianco, anche se all'interno di un ambiente chiuso. Pochi minuti dopo egli parcheggiava l'auto davanti alla sala. Dall'auto davanti a loro scese una coppia con un bambino. Chiusa l'auto, essi si diressero alla sala. A loro volta Antonio e Carlotta li seguirono. A differenza delle chiese, vi era una cancellata tra la proprietà della sala e la strada. Giunti all'ingresso dell'edificio furono accolti da una persona gentile che li invitò ad entrare.

— C'è Katia? — chiese Carlotta.

— Non è ancora giunta, ma non tarderà ad arrivare. L'adunanza inizia tra quindici-venti minuti.

— Lo so. Sono... siamo venuti presto per avere il tempo di vedere la sala e scambiare qualche parola con qualcuno.

— Oh, ecco Katia! — disse l'usciere.

Carlotta di volse. Katia, una giovane donna dai capelli castani, si stava dirigendo verso l'ingresso.

— Ciao Carlotta!

— Ciao Katia.

— E il signore? — chiese volgendosi interrogativamente verso Antonio.

— É un mio amico, — rispose Carlotta.

— Benvenuto, — disse Katia, stendendogli la mano. Poi, voltasi verso Carlotta, aggiunse: — Vuoi vedere la sala?

— Sì, dato che c'è tempo.

Katia condusse Antonio e Carlotta all'interno dell'edificio, mostrò loro i vari locali, spiegandone le funzioni. Spiegò in breve come si svolgevano le adunanze. Nel frattempo erano giunte altre persone. Alcune rimanevano in piedi, altre si erano sedute, alcuni erano intenti a conversare, altri stavano semplicemente in attesa dell'inizio dell'adunanza. Tra i nuovi arrivati c'erano delle donne che Carlotta aveva conosciuto durante le visite di Katia. C'erano anche dei giovani, maschi e femmine. Katia ne presentò alcuni ai nuovi venuti. Giunta l'ora di inizio dell'adunanza, dal podio venne rivolto l'invito a sedersi. Carlotta si sedette tra Antonio e Katia. Iniziò l'adunanza. Ci fu un cantico con accompagnamento musicale ed una preghiera effettuata dal podio. Quindi fu annunciato un discorso. L'argomento trattato quel giorno avrebbe riguardato la famiglia e il matrimonio. Antonio, che si era aspettato di sentir parlare di Dio, di santi e di madonne, rimase piacevolmente sorpreso.

Terminato il discorso, fu annunciato un altro cantico, a cui sarebbe seguita la considerazione di un articolo della rivista Torre di Guardia. Antonio si rivolse a Carlotta e le disse:

— Andiamo?

— Io rimango fino alla fine. Tu vai pure. Mi farò accompagnare a casa da...

— Oh, no! Ho promesso che non ti avrei lasciata un solo istante.

— Allora rimani?

— Lo puoi dubitare?

Terminato il cantico venne considerato un articolo che trattava degli aspetti dottrinali. Antonio mostrò meno interesse per quell'argomento, ma seguì tutto lo svolgimento con attenzione. Dopo l'adunanza, Carlotta si trattenne a conversare con Katia ed altre ragazze. A quel punto Antonio avrebbe preferito andarsene, ma aveva promesso a Carlotta che non l'avrebbe lasciata “per un solo istante,” ed era troppo felice di sentirsela vicina per pensare di uscire. Carlotta appariva a suo completo agio con quelle ragazze. Scherzava, rideva, appariva veramente felice. Dopo qualche minuto si avvicinarono un paio di giovani. Uno disse:

— Claudio ed io abbiamo pensato di andare al mare nel pomeriggio. Venite anche voi?

— Katia si rivolse a Carlotta. Vieni anche tu? Ma sì, dai che ci divertiamo!

Carlotta parve impacciata. Inconsapevolmente si volse verso Antonio. Questi, ritenendo che volesse chiedere il suo parere, disse:

— Sì. Perché no? I tuoi genitori non avranno niente da obiettare, immagino.

— Suvvia, dai! — insisté Katia. — Noi sette ci divertiremo. Magari prima di tornare ci fermeremo a mangiare una pizza.

D'improvviso il viso di Carlotta si rallegrò.

— Va bene, — disse, — ma dovrò chiedere il permesso ai genitori.

A queste parole Antonio si sentì aprire il cuore. Egli avrebbe trascorso anche il resto della giornata in compagnia di Carlotta! Le cose stavano mettendosi per il meglio. Col tempo forse Carlotta avrebbe abbandonato la propria posizione intransigente riguardo ad unirsi sentimentalmente a lui e al matrimonio.

8. Una gita al mare

Nel primo pomeriggio Antonio passò a prendere Carlotta, e assieme lei si recò da Katia. Lì erano già giunti Claudio, Giulio, Sonia e Nadia. Katia avrebbe viaggiato con Antonio e Carlotta, gli altri quattro in una seconda auto. Presi gli ultimi accordi, i giovani partirono.

Circa un'ora dopo erano sulla spiaggia. Affittati ombrelloni e sdrai, si disposero non lontano dal mare. La giornata era calda, ma non eccessivamente. Si era agli inizi della stagione balneare. Non vi erano molti presenti, né sulla spiaggia, né in mare. Non molto lontano dalla spiaggia un uomo praticava il surf facendosi trascinare da una vela. Sulla spiaggia, non lontano da loro, alcuni bambini giocavano.

Claudio aveva portato con sé un pallone. Sistemate le proprie cose, egli e Giulio si misero a giocare sulla rena, gettandoselo l'un l'altro. Poco dopo si unirono anche gli altri, ad eccezione di Nadia, che preferì osservarli rimanendo sdraiata su uno sdraio. Dopo un po' Giulio propose di andare a fare il bagno. Furono tutti d'accordo, ad eccezione di Carlotta ed Antonio, i quali si sdraiarono sotto gli ombrelloni.

— Che impressione ti ha fatto l'adunanza? — chiese Carlotta dopo che gli altri si furono allontanati.

— Sono state dette delle cose interessanti. É la prima volta che sento parlare del matrimonio in questa maniera. Si è trattato di un discorso pratico, utile. Devo dire che sono d'accordo su quasi tutto quello che è stato detto.

— Anch'io. Se mi sposerò vorrei trovare un marito amorevole come è stato descritto nel discorso. Anche la parte sui figli è stata interessante. Riguardo a questo mi ha colpito il fatto che i genitori dovrebbero usare disciplina nei loro confronti, senza ira, con giustizia, ma nello stesso tempo senza esagerare, così da non farli esasperare. “Non irritate i vostri figli,” dice la scrittura.

— É vero. Ci vuole equilibrio in ogni cosa, e questo è stato messo bene in risalto, sia per quanto riguarda i figli che nel rapporto marito-moglie.

— É bella anche la scrittura che è stata citata: “Mariti, continuate ad amare le vostre mogli, come anche il Cristo amò la congregazione.” Che bello! E d'altra parte, poi viene detto delle mogli di mostrare profondo rispetto per il marito. Che sia possibile questo?

— Certamente. La chiave per il successo è il colloquio. Marito e moglie devono continuare a comunicare. Spesso i disaccordi hanno origine dal fatto che col tempo marito e moglie si creano due mondi separati, i quali a loro volta poco a poco si allontanano inesorabilmente.

— Un altro aspetto importante è il perdono. Tutti possiamo sbagliare. Quando sorgono problemi è sbagliato chiudersi in un mutismo. Ricordi la scrittura citata? “Il sole non tramonti sul vostro stato d'irritazione.” I problemi vanno risolti al più presto, prima che irrancidiscano. L'oratore usò proprio questa parola.

— Quando l'oratore parlava del rapporto marito-moglie pensavo sempre a te e a me.

Carlotta si volse verso Antonio e lo fissò con un mezzo sorriso sulle labbra.

— Intendi proprio sposarmi?

— Cara. É quanto desidero ardentemente.

Carlotta si volse e tacque. Antonio fece per dire qualcosa, ma a sua volta tacque per rispetto verso di lei, pensando che se in quel momento avesse parlato, l'avrebbe distolta da un ragionamento che forse lei stava facendo, e sarebbe stato come se le avesse rubato qualcosa. Si ripromise di concederle una breve pausa e poi di ritornare a colloquiare, considerando che il colloquio è il cemento delle unioni tra individui, mentre il mutismo li allontana. In quel frattempo egli rivolse lo sguardo verso gli amici. Essi sguazzavano, ridevano e si facevano scherzi con l'acqua.

Antonio stava già per riprendere il colloquio, quando si avvicinò un giovane. Egli aveva un'attrezzatura portatile da pittore. Era uno studente universitario e per guadagnare qualcosa ritraeva le persone sulla spiaggia.

— Totta, ti va di farti riprendere?

— Oh, no!

Carlotta aveva risposto di no, ritenendo che Antonio volesse possedere un ritratto di lei, cosa che, per il suo atteggiamento ancora ristretto nei suoi confronti, non voleva concedergli.

— Perché no? Sarei felice di farti questo dono. Non ti piacerebbe avere in casa un tuo ritratto?

Carlotta rifletté per un istante e quindi accettò.

— Voglio farmi riprendere con il mare alle spalle, — disse voltando lo sdraio e ponendolo leggermente obliquo, in modo che non fosse perfettamente perpendicolare alla linea del mare. Ella si stese sullo sdraio, ma i piedi vennero a poggiare sulla sabbia infuocata. Allora prese le ciabatte da spiaggia e le pose sotto i piedi. C'era una leggera brezza che le faceva svolazzare i capelli.

— Un momento che li fisso, — disse.

— No. Lasciali così, — disse lo studente. — Il quadro acquisterà una certa dinamicità.

— D'accordo. Ah! Le ciabatte. Dipingile gialle.

— Perché gialle? — chiese Antonio.

— Non so. In questo momento le desidero gialle.

Disposta ogni cosa, il pittore si mise all'opera. Con mano svelta tracciò gli elementi principali del dipinto. Poi procedette a migliorarlo nei dettagli. Egli era particolarmente abile e il dipinto risultò essere notevolmente somigliante all'originale. Il viso, in particolare, esprimeva il carattere gioioso di Carlotta. Mentre stava per finire, giunsero i compagni dal mare.

— Oh, che bel quadro! — esclamò Katia.

— É venuto proprio bene. Complimenti all'artista, — aggiunse Claudio.

— Vi ringrazio... Ecco! Ancora un piccolo ritocco ed è finito.

Ricevuto il compenso, lo studente proseguì oltre lungo la spiaggia in cerca di altri clienti. Sonia, Nadia e Katia si misero sugli sdrai. Claudio e Giulio presero il pallone e tornarono a giocare.

— Vi è piaciuta l'adunanza? — chiese Sonia.

— Io ho particolarmente apprezzato il discorso. Si è trattato un argomento che mi sta a cuore. — rispose Antonio.

— Io ho apprezzato tutto, — disse Carlotta, — ma come Antonio, ho trovato il discorso dell'oratore di maggiore utilità pratica nella vita.

— Beh, non si vive di solo pane, — aggiunse Sonia. — C'è bisogno dell'una e dell'altra istruzione. Ritengo che se aveste maggiore conoscenza degli insegnamenti biblici avreste potuto apprezzare anche l'argomento trattato nella Torre di Guardia. Lo sapete che ci offriamo di insegnare a conoscere la Bibbia, perlomeno gli aspetti principali? Poi ognuno potrà continuare per proprio conto, con l'aiuto anche delle adunanze.

— Me l'hai proposto più volte, Katia. Devo rifletterci. Attualmente ho poco tempo; sono molto impegnata negli studi.

— Io per il momento non ci penso. Anche se verrò qualche volta alle vostre adunanze, però...

Un urlo e delle risate interruppero ciò che Antonio stava per dire. Voltatisi, videro Claudio sdraiato sulla sabbia e Giulio in piedi accanto a lui. Entrambi ridevano a crepapelle. Era accaduto che nel tentare di impedire a Giulio di scalciare la palla in quella che avevano stabilito come porta, Claudio aveva fatto una mossa maldestra ed era caduto come un sacco di patate. Influenzate dalle loro risate, anche le ragazze si misero a ridere.

— Dovresti andare a scuola di calcio, — disse Katia, rivolgendosi a Claudio.

— Avrei dovuto farlo quand'ero più giovane.

— Eh, ma sei ancora un ragazzo!

— Ma sono sposato. Sonia non sarebbe certo contenta se dedicassi troppo tempo a questo sport.

— Ah, per me puoi fare quello che vuoi.

— E poi ci sono delle cose più importanti. In fondo in fondo, il calcio mi piace, ma non più di tanto.

— Io ho voglia di fare una passeggiata. Vieni con me? — chiese Carlotta ad Antonio.

— Volentieri.

— Noi restiamo qui a prendere il sole, — disse Nadia.

Carlotta e Antonio presero a costeggiare il mare rimanendo a pochi metri dall'acqua. Essi percorsero un centinaio di metri in silenzio. Antonio avrebbe voluto dire tante cose a Carlotta, ma non sapeva come cominciare. Fu Carlotta ad iniziare per prima. Ella gli chiese schiettamente:

— Mi ami?

Antonio si volse stupito.

— Ma cara, tantissimo! Te l'ho già detto, mi pare.

— Mi amerai sempre?

Ancora più stupito, Antonio si fermò e la guardò fissa negli occhi.

— Mi stai prendendo in giro?

— Assolutamente no. É che...

— Che cosa?

— É che... ti amo anch'io! Ha, ha!

— Oh! Totta!...

I due giovani si fissarono reciprocamente negli occhi. Carlotta era sorridente, ma il sorriso andò lentamente svanendo. Antonio invece appariva sbigottito.

— Dimmelo ancora!

— Antonio... Ti... ti amo, — disse Carlotta, con voce un poco incerta, le labbra tremanti e lo sguardo smarrito.

— Oh, amore!

Antonio fece per gettarsi su di lei ed abbracciarla, ma Carlotta lo fermò e disse con voce ferma:

— Però ti dico una cosa: Fino al matrimonio, niente effusioni amorose, e niente... Voglio arrivare casta al matrimonio.

— Ma sì, dolcissima! Farò come vuoi tu! Oh, come sono felice!

— Non ti dispiace che ti ponga certe restrizioni, vero?

— Per niente. Anzi ti torna ad onore. Ciò non fa che accrescere la stima che ho di te.

— Sapevo che avresti risposto così.

— Oh, Totta. Sei la più cara ragazza che esista al mondo.

— Eh, non esageriamo adesso.

— Sono fuori di me dalla gioia!

Ripreso il cammino, Carlotta mosse timidamente una mano verso di lui. In un primo momento Antonio non comprese. Poi la prese e la strinse dolcemente. Che mano morbida, delicata! A quel contatto, un'ondata di calore salì al viso e al petto di Antonio. Egli chiuse per un istante gli occhi per assaporare quel sentimento. Il contatto con quella mano gli aveva prodotto grande gioia, tanto che si chiese se sarebbe stato sempre così felice. All'improvviso, Carlotta si fermò. Antonio si volse verso di lei interrogativamente. I due giovani si fissarono negli occhi, senza parlare. Carlotta non sorrideva più. Essi non dissero niente, ma apparivano seri. Si fissarono come se si vedessero per la prima volta. Il muro invisibile che li aveva separati fino a quel momento era crollato. Entrambi si rendevano conto che era avvenuto un cambiamento radicale tra loro, le cui conseguenze si sarebbero ripercosse su tutta la loro vita: che stato compiuto il primo passo di un iter che li avrebbe condotti a diventare marito e moglie.

Mano nella mano essi ripresero a costeggiare il bagnasciuga. C'erano altre persone che passeggiavano in entrambe le direzioni. Nonostante si andasse verso il tardo pomeriggio, c'erano ancora parecchi bagnanti in acqua. Alcuni giovani si facevano scherzi con l'acqua. Più lontano, trainato da un aquilone, un giovane stava praticando lo sci d'acqua. In lontananza, dove il cielo si fonde con la superficie del mare, una nave si andava allontanando. Presso la riva, dei bambini giocavano con la sabbia. Sulla spiaggia, alcuni chiudevano gli ombrelloni, prendevano tutte le loro cose e si apprestavano ad andare via. Antonio e Carlotta si volsero per tornare indietro.

— Il quadro è mio, vero? — chiese Carlotta.

— Ma certo! L'ho fatto fare apposta per te, per farti un regalo.

— Mio mio, vero?

Antonio si fermò e guardò fissamente Carlotta negli occhi.

— Cara, quest'oggi mi stupisci. Che cosa intendi dire? Ho detto che è tuo. Non mi credi?

— Quindi posso farne quello che voglio.

— Totta! Dove vuoi arrivare? Mi stai mettendo in ansia.

— Perché? Ti dispiacerebbe se...

— Che cosa intendi dire?

— Se lo dessi via, se lo regalassi?

— Regalarlo? Ma a chi vuoi regalarlo. Non sei contenta del dono?

— Ma certo che sono contenta!

— E allora?

Nel viso di Carlotta c'era un sorriso sornione. Antonio l'osservava stupito.

— E allora, posso regalarlo?

— Amore, se a te fa piacere regalarlo, regalalo pure. É tuo. Anche se non avrò la possibilità di vederlo, avrò l'originale, che è... senza paragoni.

— Caro... Lo voglio regalare a te, — disse Carlotta. I suoi occhi splendevano.

— Oh, amore. Sei un tesoro di ragazza.

— Sono innamorata di te. Ecco tutto.

— Non mi sento degno di una ragazza così.

Essi ripresero a camminare in silenzio. Poco dopo giunsero nelle vicinanze del luogo dove avevano sistemato gli ombrelloni. I cinque giovani compagni erano radunati e stavano discutendo.

— Oh, ecco Antonio e Carlotta. Che cosa dite se facciamo una passeggiata lungo il viale e dopo andiamo a mangiare una pizza? Abbiamo trascorso abbastanza tempo sulla spiaggia e il sole sta tramontando.

— Certamente! Ho promesso ai genitori che non sarei tornata tardi. Quindi è meglio non indugiare.

— Ora è presto per mangiare. Ci resta giusto il tempo di fare una bella passeggiata. Poi entreremo in qualche locale, possibilmente non lontano dalle auto.

— Allora andiamo.

9. Antonio chiede ai genitori la mano di Carlotta

Quando Antonio giunse alla casa di Carlotta imperversava un violento temporale. Salita di corsa la scaletta, Antonio suonò. Venne ad aprirlo Giovanni.

— Entra, — gli disse.

Dopo che Antonio ebbe salutato Carlotta e la madre, Giovanni lo condusse nel soggiorno e l'invitò a sedersi su una poltrona. Egli si sedette in quella accanto. I due rimasero soli.

— Carlotta mi ha parlato... — iniziò Giovanni guardando Antonio fisso negli occhi. — Le vuoi bene?

— L'amo.

— Sai cosa significa il matrimonio? Le responsabilità?

— Signor Giovanni, non intraprenderei questo passo se non ci avessi riflettuto a lungo. Amo profondamente Carlotta e anche lei mi ama. Ho passato la ventina e non credo di essere uno sprovveduto. Ho un buon lavoro.

— Sì, sì. Lo so. Ho anche una buona stima di te. Per quel che ti conosco sei un ragazzo serio. Sono convinto che sarai un buon partito per mia figlia. Per quanto possibile ho sempre assecondato i suoi desideri. Mi fido di lei. So che è una ragazza abbastanza matura per la sua età e confido che abbia fatto la scelta giusta. Solo, come dovere di padre voglio ricordarti che avrai delle responsabilità. Il matrimonio non è una cosa da prendere alla leggera. E poi non sarete soli. Col tempo probabilmente avrete dei figli. La vita coniugale non è semplice godimento. A volte può significare patimento, rinunce. Non ti so dire quanto soffersi quando Carlotta, a soli tre anni, si ammalò gravemente. Per sposarti devi essere consapevole delle avversità che potrai incontrare nella vita. Nutro stima di te. Volevo solo dirti questo.

— La ringrazio, signor Giovanni. Le prometto che le mie intenzioni saranno sempre rivolte al benessere di Carlotta e dei figli, quando ne avremo. Considererò il loro bene prima del mio.

— Di ciò non nutro il minimo dubbio. Per questo ti affido mia figlia e da questo momento vi auguro ogni bene.

— Grazie, signor Giovanni.

Giovanni si alzò ed andò a chiamare la moglie e la figlia. Come la moglie entrò, disse:

— Ecco il futuro sposo di nostra figlia!

Maria abbracciò Antonio. Poi anche Giovanni l'abbracciò.

— Ora sei come un figlio per noi.

— La ringrazio signor Giovanni.

— E smettila di chiamarmi “signor Giovanni”! Chiama sia me che mia moglie semplicemente per nome. Dacci del tu, figlio mio.

— D'accordo... Giovanni.

— Ecco nostra figlia. Un breve abbraccio e... che Dio vi benedica.

Carlotta si avvicinò ad Antonio titubante e seria. Anch'egli la guardò perplesso, ricordando il precedente rifiuto ad un abbraccio.

— E allora? Che cosa aspettate? — disse Giovanni.

All'improvviso Carlotta scoppiò in una risata e si gettò tra le braccia di Antonio. Delle lacrime scesero dagli occhi di Antonio.

— Bene. É tempo di cenare. Hai preparato la cena, moglie?

— Certamente. Ho preparato una cena speciale per questa sera. Andiamo nella stanza da pranzo.

Tutti si trasferirono nella stanza da pranzo. La tavola era già imbandita. Giovanni e Antonio si sedettero l'uno di fronte all'altro, Maria e Carlotta sui lati lunghi della tavola, ognuna vicina al proprio marito e futuro marito.

10. I rapporti tra Antonio, Carlotta e i genitori di lei

Venne l'estate. Antonio e Carlotta continuarono a frequentarsi. Alla domenica mattina Carlotta andava regolarmente in chiesa. Ogni volta egli l'accompagnava fin davanti alla porta. Poi si univa al padre di lei, al bar oppure in casa, e conversava con lui e, se in casa, conversava anche con Maria, fino al termine della messa. Quando questa finiva e Carlotta usciva, egli era già fuori ad aspettarla. Negli altri giorni della settimana, a volte trascorreva del tempo con lei a casa sua, altre volte andava assieme a lei a visitare degli amici comuni. Di tanto in tanto l'accompagnava alle adunanze dei testimoni di Geova. In quel caso egli entrava nella sala e si tratteneva per tutta la durata dell'adunanza. Mentre provava una profonda antipatia per i riti che si compivano in chiesa, a volte provava dilettevole il programma che veniva svolto in quelle adunanze.

Trascorsi alcuni mesi, all'inizio dell'autunno Carlotta accettò di studiare la Bibbia con Katia. Le visite di lei, accompagnata da altri membri della congregazione, divennero più frequenti. Non molto tempo dopo che ebbe iniziato a studiare la Bibbia con Katia, ella smise di andare in chiesa e prese a frequentare regolarmente le adunanze domenicali in compagnia di Antonio. Poi prese a frequentare anche quelle infrasettimanali. A parte le domeniche, in cui a volte venivano svolti dei discorsi di particolare interesse per lui, negli altri casi Antonio avrebbe preferito trascorrere il tempo diversamente, ma per far piacere a Carlotta e per “non lasciarla un solo istante” non perse una sola adunanza a cui partecipò la sua fidanzata. Non che le trovasse noiose, ma non le considerava necessarie. Per di più temeva che se avesse continuato a frequentarle l'avrebbero “convinto” a partecipare all'opera di predicazione, cosa verso cui provava una forte avversione, per non dire terrore.

A volte era presente anche Antonio alle visite di Katia a Carlotta. Allora egli ascoltava con pazienza la loro conversazione, non intervenendo se non quando veniva toccato un aspetto che l'interessava. In tal caso egli esprimeva la propria opinione, a volte in contrasto, altre volte in armonia con ciò che dicevano loro. Tuttavia i suoi commenti denotavano spesso mancanza di conoscenza biblica, essendo che avveniva sporadicamente che egli fosse presente alle visite di Katia. Un'occasione di conflitto accadde quando venne trattato il sacrificio di riscatto di Gesù.

— Non posso credere che Dio voglia che muoia una persona giusta per la salvezza dell'umanità.

— Tu sai che cosa significa la parola riscatto, vero? — gli disse Katia. — Immagina una persona che sia stata rapita, per denaro o per motivi politici, e che un'altra persona si offra di prendere il suo posto, come un padre per un figlio.

— Ma non ha senso!

— In questo caso una sola persona si offrì per riscattarne molte, perché Gesù era il perfetto corrispondente di Adamo. Solo egli avrebbe potuto offrire un tale sacrificio, perché, quale era stato Adamo prima del peccato, egli era una persona perfetta.

— Non vedo cosa c'entri il peccato di Adamo con la salvezza delle persone. E comunque non ha senso che un giusto debba morire.

— Le persone si trovano a perdere la vita a causa di un solo uomo. Come scrisse Paolo, “a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, e la morte per mezzo del peccato.” L'umanità ha ereditato il peccato e la morte a causa di quel primo uomo, Adamo, un essere perfetto perché creato direttamente da Dio. Gesù, che nacque per opera dello spirito santo, era l'equivalente di Adamo, l'unico in grado di offrire un riscatto corrispondente, ed egli lo fece di propria spontanea volontà.

— No. Non accetterò mai questa dottrina.

Mentre parlava, Carlotta l'osservava con aria afflitta. Rivolgendosi verso di lei, Antonio disse:

— Cara, non posso dire di credere quello in cui non credo. Lo farei volentieri, se non altro solo per te, ma non sarebbe corretto.

— Comprendo che tu parli con onestà di cuore e che ora trovi difficile accettare questo insegnamento. Spero che col tempo tu ti convinca. Pregherò Geova perché ti illumini.

Venne l'anno nuovo e, col tempo, Carlotta fu invitata a fare sul podio dei brevi discorsi in forma di colloquio e poi ad uscire nell'opera di predicazione. Antonio era affranto. Mentre accettava senza obiezioni che si frequentassero le adunanze, tuttavia il fatto che Carlotta andasse a predicare gli causava afflizione. Egli avrebbe preferito che Carlotta rimanesse semplicemente simpatizzante, senza diventare testimone di Geova. D'altra parte Carlotta, anche se rispettava le convinzioni religiose del fidanzato, tuttavia avrebbe desiderato che anch'egli studiasse la Bibbia e che compisse i passi necessari per battezzarsi. Per timore che questa diversità di opinione potesse incrinare la loro relazione, essi evitavano di parlarne. Antonio si mostrava sempre disponibile ad accompagnare Carlotta alle adunanze e a sua volta Carlotta non rimproverava Antonio per la riluttanza ad avvicinarsi di più ai testimoni di Geova. Nel frattempo Antonio aveva sviluppato una buona relazione con diversi di loro, ma solo in termini di semplice amicizia.

Col nuovo anno ci fu un cambiamento negli orari delle adunanze domenicali, si cominciò a tenerle di pomeriggio, perché la sala era condivisa da più congregazioni. La domenica mattina divenne giorno di predicazione per Carlotta. Allora Antonio smise di recarsi a Galzignano di mattina, se non di tanto in tanto. In quei casi egli trascorreva la mattinata in compagnia di Giovanni, verso il quale aveva una relazione che andava oltre quella generata dal rapporto con sua figlia. Quando giungeva a casa loro, Giovanni e Maria lo ricevevano come un figlio ed egli trovava gradevole trascorrere del tempo assieme a loro, nonostante la differenza di età. Egli amava di più la loro compagnia che quella dei suoi coetanei. Per questo si definiva un “giovane all'antica.” In realtà egli riteneva che non avrebbero dovuto esistere i cosiddette “divari generazionali,” un termine che allontana genitori da figli e che crea conflitti nelle case, e considerava non solo un piacere la compagnia dei futuri suoceri, ma anche un dovere che intendeva rispettare assiduamente. A motivo di ciò vi era grande armonia in famiglia. Se avevano problemi, ne parlavano schiettamente. Se avevano gioie, le condividevano. Questo rallegrava molto i genitori di Carlotta, che vedevano l'unione di Antonio con la loro figlia sotto i migliori auspici.

11. Una cena scioccante

Si giunse a primavera. Era trascorso circa un anno da quando Antonio aveva conosciuto Carlotta. Già si cominciava a fare i piani per il matrimonio. Un giorno Antonio fu invitato da un compagno di lavoro ad una cena “tra amici.” Antonio sapeva che questi “amici” usavano spesso un linguaggio scurrile, cosa che trovava sconveniente. Tuttavia, poiché negli ultimi mesi aveva rifiutato più volte i loro inviti, considerò che per mantenere i buoni rapporti sarebbe stato bene non opporre un altro rifiuto. Ma sapeva anche che una tale compagnia non avrebbe fatto piacere a Carlotta. Nonostante questo, un giorno, al termine del lavoro, quando andò a trovarla decise di chiederle se sarebbe stata disposta ad accompagnarlo. Giunto alla casa di lei, quando fu un momento solo le disse:

— Cara, sono stato invitato sabato sera a cena da Marco, assieme all'altro mio compagno di lavoro. Vuoi che ci andiamo?

— Da quel che mi hai raccontato di loro, non mi sembrano persone corrette, se non altro per il linguaggio che usano. Che cosa ci vengo a fare io? Perché non ci vai da solo?

— Lo sai che adoro la tua compagnia e che fra poco sarai mia moglie. Che cosa penserebbero se ci andassi da solo? Di loro, Marco è sposato e Silvano ci va con la propria fidanzata.

— Se vuoi, ci vengo, ma preferirei di no.

— Cara. Prometto che se cominciano a usare un linguaggio volgare dirò loro di smettere.

— Va bene. Ti accompagnerò.

Il sabato sera, all'ora stabilita, Antonio e Carlotta erano a casa di Marco. Silvano e la sua fidanzata erano già presenti. Vennero fatte le presentazioni, poi si sedettero sul divano in attesa che la cena fosse pronta. Carlotta notò con una certa apprensione che le altre due donne indossavano vestiti molto scollati, ma non disse nulla. Nella breve conversazione in cui si accennò a dei fatti di lavoro non vennero usati termini indecenti. Poco dopo essi furono invitati a sedersi a tavola. Carlotta si sedette a fianco di Antonio. Durante il pasto si accennò a vari argomenti di politica. Carlotta ascoltò senza intervenire. Anche Antonio prestò per lo più attenzione ai loro ragionamenti, senza intervenire, ma di tanto in tanto egli pure fece qualche breve commento. Sulla tavola c'era del vino. Antonio, che era astemio, non ne bevve. Carlotta disse che preferiva bere semplicemente acqua. Gli altri commensali invece non lesinarono, in particolare gli uomini. Durante il pasto Marco prese a fissare con sempre maggiore interesse Carlotta, mentre l'interesse di Silvano sembrò rivolgersi prevalentemente verso la moglie di Marco. Verso la fine del pasto Marco accennò a come si sarebbero poi divertiti.

— Complimenti, Antonio, hai davvero una bella ragazza.

— É la migliore del mondo, — rispose senza modestia Antonio.

— Senza togliere niente alle qualità di Carlotta, anche tua moglie, Marco, è eccezionale, — disse Silvano.

Antonio lo fissò senza comprendere.

— Beh, abbiamo tutta la serata davanti, — aggiunse Marco. — Avremo la possibilità di verificare. I preservativi non mancano.

D'improvviso, come per comune accordo, Antonio e Carlotta furono in piedi e si gettarono verso la porta. Apertala, si gettarono fuori e fuggirono via. Gli ultimi suoni che udirono furono una bestemmia di Marco e la risata stridula di sua moglie. Giunti davanti all'auto si fermarono ansanti, più per l'emozione che per la corsa. Erano entrambi pallidi. Antonio aveva un tic nervoso. Carlotta aveva il viso devastato e piangeva.

— Amore, scusami, — disse Antonio. — Non sapevo...

Carlotta si gettò su di lui e l'abbracciò singhiozzando.

— Neanch'io l'avrei immaginato.

— Sono desolato. Non avrei dovuto accettare.

— Non è colpa tua. Tu non sapevi che sarebbero giunti a tanto. E poi avevi promesso che li avresti redarguiti se avessero usato un linguaggio scurrile.

— É stato improvviso, inaspettato.

— Ormai è andata. Buon per noi che siamo fuggiti.

— E ora, dove andiamo? Non me la sento di portarti a casa in queste condizioni.

— Andiamo a trovare dei fratelli.

— D'accordo. Adesso chiamo Claudio e sento se ci ospita per una mezz'oretta.

Antonio prese il cellulare e chiamò Claudio.

— Ciao Claudio. Cosa stai facendo? Ti dispiace se Carlotta ed io ti facciamo una breve visita?

“Venite. Mia moglie ed io abbiamo appena finito di mangiare. E voi, avete cenato?”

— Sì. Abbiamo cenato.

“Venite, allora. Vi aspettiamo.”

Antonio e Carlotta salirono in auto e si diressero alla casa di Claudio. Come furono entrati, egli si accorse subito del loro stato emotivamente scosso.

— Venite avanti. Sediamoci in salotto. Mia moglie sta sistemando la cucina. Verrà tra poco. Ma cos'è successo? — chiese.

Entrati in salotto, si sedettero sul divano. Carlotta si sedette accanto ad Antonio, il quale le prese la mano e la tenne stretta a sé, come se lei avesse ancora bisogno di protezione e lui volesse manifestargli il suo calore.

— Siamo stati a cena da un mio compagno di lavoro...

Antonio narrò i fatti.

— Mmm, non c'è da stupirsi, — commentò Claudio. — Oggi l'immoralità è un fatto comune. Fare certe cose è diventato normale per molta gente.

— Che si arrivasse a tanto non l'avrei mai immaginato.

— Noi in questo siamo protetti. É strano che egli abbia parlato in tal modo, sapendo che Carlotta sta per diventare testimone di Geova. Ne era a conoscenza?

— No. Non gliel'ho mai detto. Al di là del lavoro non si parla molto in ufficio.

— Se l'avesse saputo, forse si sarebbe comportato in maniera diversa.

— Ed io, se l'avessi sospettato non avrei accettato il suo invito a cena. In futuro saprò regolarmi.

In quel momento entrò Sonia. In poche parole Antonio la mise al corrente dei fatti.

— Una sfacciataggine incredibile, — commentò Sonia.

— Mi addolora moltissimo ciò che ha provato Carlotta, — disse Antonio. — Mai più permetterò che succeda una cosa simile.

— Amore, ormai è passata.

— Vedi Antonio, se tu fossi un testimone di Geova difficilmente ti sarebbe successa una cosa simile, sia perché i tuoi compagni non si sarebbero mai permessi di agire in tal modo, sia perché eventualmente tu stesso saresti stato ben più deciso a non accettare il loro invito. Questa è l'occasione per chiederti se vuoi intraprendere il cammino che sta facendo Carlotta, se vuoi iniziare a studiare la Bibbia.

Carlotta rivolse uno sguardo sorridente verso Antonio, sperando di ricevere un buon proponimento. A sua volta Antonio si volse verso di lei. Lasciata la mano che stringeva, passò il braccio sopra le sue spalle e la strinse a sé. Poi disse:

— Claudio... Sono imbarazzato. Comprendo quello che vuoi dire, ma... non mi sento pronto. L'idea di diventare testimone di Geova mi intimorisce... Devo pensarci...

— Allora pensaci. Io sarò sempre disposto ad aiutarti.

— D'accordo. Ti ringrazio.

Poi, rivoltosi verso Carlotta, aggiunse:

— Cara. Stai meglio adesso? Te la senti di tornare a casa?

— Sì. Sto meglio. Andiamo.

12. La crisi di Antonio

Ritornato a casa, Antonio si mise subito a letto, perché sentiva il bisogno di dormire, di dimenticare. Era angosciato per quello che era successo a casa di Marco. Quel che lo faceva soffrire di più era il fatto che Carlotta avesse sofferto per causa sua. Anche se ciò era avvenuto senza che l'avesse minimamente sospettato, si sentiva in colpa perché aveva insistito a che ci partecipasse anche lei. Il ricordo del suo viso piangente gli era intollerabile. Egli, che si era ripromesso di non farla soffrire mai, sentiva di esserne stato la causa. Oltre a questo gli tornavano nella mente e lo facevano soffrire anche le parole di Claudio, quando gli aveva detto: “Se tu fossi un testimone di Geova difficilmente sarebbe successa una cosa simile.” Fino a quel momento egli aveva considerato l'appartenenza alla congregazione dei testimoni di Geova come un optional. Si sentiva soddisfatto del fatto che accompagnava sempre Carlotta alle adunanze e che si mostrava simpatizzante. Ma ora gli si prospettava la possibilità che in futuro avrebbero potuto crearsi altre situazioni in cui a motivo della sua semplice “simpatia” verso i testimoni ne sarebbero potute derivare altre sofferenze per Carlotta. Egli trovava inammissibile una simile eventualità. D'altra parte, anche se il suo atteggiamento ateo di quasi un anno prima era radicalmente mutato, egli non aveva la fede di Carlotta. Antonio era anche impedito dall'imbarazzo di andare a predicare di casa in casa. “Io non potrò mai fare una cosa simile,” si diceva spesso, e concludeva pensando: “E poi, se anche non lo divento, conduco una buona vita, non facendo nulla di male.” Con questi pensieri egli continuava a vivere come sempre e a sentirsi tranquillo. Mentre continuava a rimuginare nella mente queste cose, improvvisamente si addormentò.

Il mattino seguente si svegliò con la mente intorpidita. Tuttavia gli avvenimenti della sera precedente erano ancora vivi nella sua mente, come pure i conflitti interni. Alzatosi dal letto, si fece un caffè e poi tornò a giacere. I pensieri ripresero ad affliggerlo. Nonostante si giustificasse, dicendo tra sé che non ne aveva alcuna colpa, che era animato dalle migliori intenzioni, che non faceva nulla di male, che questo, che quell'altro, l'immagine di Carlotta piangente non lo lasciava un solo momento. Non poteva accettare di vederla ancora piangere per qualcosa che egli, anche se non direttamente responsabile, avrebbe potuto evitare. Poco per volta le barriere che gli impedivano di giungere alla decisione che inconsapevolmente si rendeva che avrebbe dovuto prendere andarono cadendo, ma erano cadute sofferte. Ad ogni propria obiezione gli veniva in mente qualche frase o versetto della Bibbia che aveva udito ad un'adunanza. Era come se si fosse trovato a tu per tu con qualcuno, e che questi ad ogni sua obiezione gli mostrasse che si sbagliava. Il letto divenne un campo di battaglia. Quando una posizione gli diventava insopportabile, egli si girava dalla parte opposta, come se con quel gesto avesse potuto trovare la pace mentale. Ma anche dall'altra parte rivedeva Carlotta piangente. “Cara Carlotta, scusami,” disse una volta, quasi senza rendersi conto.

Il tempo passava ed egli non aveva la minima voglia di alzarsi dal letto. “Ora Carlotta starà predicando da qualche parte,” pensò. “Chissà dove si trova, con chi sta parlando. Forse la persona la sta offendendo. Se ci fossi io, la proteggerei.” Quest'ultimo pensiero lo sorprese. “E se Carlotta fosse in pericolo? Mentre io, per timore di affrontare la gente sono qua che mi giro e rigiro nel letto senza concludere niente... No! Quando mai si sente parlare di testimoni aggrediti? É vero che queste cose succedono, ma non qui in Italia. Ma se fossi con lei... Oh, quanto desidererei averla al mio fianco in questo momento!”

Ora l'ultimo ostacolo all'accettare di diventare testimone di Geova era quello della predicazione. Però non era più così stringente come in precedenza. L'idea di uscire assieme a Carlotta cominciava ad esaltarlo. “Usciremmo assieme,” pensò. “Lei sarebbe al mio fianco. Di che cosa dovrei aver timore?” Già egli si vedeva come protettore della sua amata. “Se qualcuno ci parlerà male, ci sarò io al suo fianco. Non risponderemmo alle male parole, ci volteremmo e continueremmo il nostro cammino. E poi, che cosa potrebbero farmi delle cattive parole da parte di chi è irrispettoso, se ho l'amore e il rispetto di chi mi ama?” Questi nuovi pensieri cominciarono a prendere piede nella sua mente, e più ci pensava e più provava diletto all'idea di andare a predicare con a fianco la sua Totta. La mancanza di rispetto da parte della gente stava diventando quasi desiderabile da parte sua. Anziché l'immagine di Carlotta piangente ora cominciavano a venirgli alla mente gli episodi più felici trascorsi assieme a lei. Ora egli la vedeva sorridente. Pensando alla felicità di lei, egli sentì il cuore allargarsi. Il peso che gli aveva oppresso la testa sin dalla sera precedente scomparve. Ora sentiva la mente leggera, libera, felice. La ritrosia ad alzarsi dal letto divenne un bramoso desiderio di saltare giù e di correre da lei. Ma ora lei non sarebbe stata a casa. Non l'avrebbe vista prima del pomeriggio, quando sarebbe andato a prenderla per accompagnarla all'adunanza. Allora egli le avrebbe detto che intendeva accettare l'invito di Claudio di iniziare a studiare la Bibbia. Come sarebbe stata felice! Già egli vedeva il suo volto gioioso.

Con questo in mente, Antonio fece un balzo dal letto e si recò in bagno. Nel fare la doccia egli si sorprese a fischiettare, cosa che non era sua abitudine fare; si sentiva felice. Nel pensare al passato, egli si vide come un bambino che non sa accettare le proprie responsabilità. Ora invece si sentiva più uomo. Che sciocco era stato a trattenersi per dei timori irrisori! É vero che non poteva dire di possedere grande fede, ma confidava, come gli era stato detto, che col tempo e lo studio della Bibbia egli avrebbe acquistato quella fede che gli avrebbe permesso di prendere delle decisioni, non solo per far piacere a Carlotta, ma essendone personalmente convinto. Riguardo a ciò, egli aveva ancora delle riserve, ma confidò che ogni cosa si sarebbe chiarita.

Uscito dalla doccia guardò l'orologio. Era quasi mezzogiorno. Ancora poche ore e avrebbe rivisto Carlotta. Mentre si vestiva la sua mente era costantemente su di lei. Desiderava ardentemente vederla, vedere il suo sorriso, i suoi occhi limpidi che l'avevano fatto innamorare fin dal primo momento. Pensò che, ora che aveva preso quella decisione, quando l'avrebbe vista sarebbe stato come se fosse la prima volta che la vedeva. La relazione con lei sarebbe diventata più intima, perché sarebbero stati accomunati anche da quei pensieri e intenzioni che prima li avevano divisi. Più ci pensava e più la sua gioia cresceva.

In quel momento squillò il cellulare. Era Katia.

— Sono Katia,— disse. — Vieni. É successo qualcosa di terribile a Carlotta.

13. La morte di Carlotta

— Cosa c'è? Cos'è successo? Dove siete?

— Siamo a casa. Vieni, presto!

Fuori di sé, Antonio uscì di casa, salì in auto e si diresse come un pazzo verso Galzignano. Un paio di chilometri fuori dal centro la strada saliva a tornanti verso il passo del colle che separa i due paesi. Dopo quello, essa scendeva a tornanti meno decisi verso il piano. Un'altra breve salita, un tornante e poi una discesa dolce verso il centro di Galzignano. Voltata l'auto lungo la via principale, Antonio vide ad alcune centinaia di metri un ingorgo di auto. Parcheggiata la propria auto quanto più vicino possibile all'abitazione di Carlotta, egli corse verso la sua casa. Saliti i gradini a tre per volta, egli giunse all'ingresso e suonò. Venne ad aprire Giovanni. Appariva affranto.

— Entra, — disse.

Senza comprendere, Antonio entrò. Avendo udito qualcuno entrare, giunse Maria dal reparto notte. Ella piangeva.

— Che cos'è successo?

Senza rispondere, Maria si gettò tra le braccia di Antonio, singhiozzando.

— Cos'è successo! Dimmi! — esclamò Antonio a voce alta.

— Carlotta è... è..., — ma non poté continuare.

Si affacciò alla porta Katia. Con voce appena udibile, ella disse:

— É morta.

Una spada trafisse il cervello di Antonio. Per qualche istante gli parve di non comprendere. Poi, quando si rese conto dell'orrore di ciò che aveva udito, proruppe in urlo: — NOOOO! — e si gettò verso la stanza di Carlotta.

Carlotta giaceva vestita sopra il letto. Il suo viso appariva pallido, ma sereno. Le braccia stavano distese sopra la copertura. Anche le mani erano bianche come mai le Antonio le aveva viste. Antonio rimase per un istante ad osservare il viso angelico di Carlotta. Poi cadde in ginocchio ai piedi del letto e, afferratale una mano, si mise a baciarla freneticamente, piangendo.

— Cara Carlotta, oh, cara! Come può essere successo una cosa simile a te? Oh, mio Dio! Oh, Carlotta, Totta, non può essere vero, non l'accetto!

Antonio continuò in questo modo per alcuni minuti. Poi improvvisamente tacque e rimase immobile, tenendo la mano di lei contro la propria guancia. In una specie di delirio egli rivide i momenti felici trascorsi assieme a lei, in una carrellata che andava ripetendosi senza fine, finché non perse la conoscenza. Quando si risvegliò, udì qualcuno bisbigliare alle sue spalle. Voltatosi, egli vide Claudio e sua moglie. Alzatosi in piedi, ricevette le loro condoglianze. Antonio si sentiva vuoto, con un grave peso sopra la testa, le braccia e le gambe pesanti, incapaci di sorreggerlo. Egli tornò a guardare Carlotta. Quindi si inginocchiò di nuovo davanti al letto, prese tra le mani la mano di lei e tornò a premerla contro il proprio viso. Ogni tanto qualcuno bisbigliò qualcosa alle sue spalle, ma nessuno lo chiamò. Rimase in quella posizione per alcune ore. Egli non avrebbe più voluto distaccarsi, perché sapeva che quelli sarebbero stati gli ultimi contatti che avrebbe avuto con lei, o con ciò che rimaneva di lei, perché ormai Carlotta non esisteva più. Egli non l'avrebbe più vista sorridere, né avrebbe più udito le sue dolci parole, né ascoltato i suoi pensieri pieni di dolcezza. Quello che possedeva di lei era solo il ricordo di un tempo troppo breve trascorso in sua compagnia. Mentre rimase in quella posizione, egli si addormentò più volte per brevi istanti. Poi, quando si risvegliava, egli tornava a tastare la cara mano di lei che andava raffreddandosi. Quando infine decise di alzarsi, si recò in salotto. Stava imbrunendo. Giovanni e Maria stavano seduti sul divano con la luce spenta.

— Com'è successo? — chiese.

Con poche parole Giovanni spiegò come non lontano da lì un incidente stradale aveva fatto sbandare un'auto, la quale aveva investito Carlotta mentre camminava sul marciapiedi in compagnia di Katia. Per l'urto ricevuto, ella andò a sbattere la testa contro un muretto.

— Udito il rumore, andai fuori. Subito giunse anche mia moglie. Ella giaceva per terra. Non aveva perso conoscenza. Mentre si attendeva l'arrivo di un'autoambulanza, ella, che si rendeva conto che stava per morire, con un filo di voce ci parlò di te.

— Che cosa vi disse?

— Ci chiese di dirti che ti aveva amato fin dal primo giorno. Disse anche che questa mattina, mentre andava di casa in casa, ella aveva pregato a lungo Geova perché ti aprisse il cuore. Disse che spera di rivederci tutti nel paradiso di Dio. E poco dopo si spegneva. Allora la presi in braccio, come facevo quand'era bambina, e la portai a letto.

Antonio trattene a stento un singhiozzo. Poi disse:

— Sono esausto. Ora vado a casa.

— Aspetta. Ti preparo qualcosa da mangiare, — disse Maria.

— No. Sono molto stanco. Ho bisogno di dormire. Vado subito a casa.

Essi si alzarono e l'abbracciarono.

— Per noi rimani sempre un figlio, — disse Giovanni.

Antonio uscì e si diresse verso Torreglia. Tornato a casa si mise subito a letto. Per qualche istante egli rivide Carlotta sul letto di morte, rivide qualche altro momento felice della loro vita e poi si addormentò. Nel sonno egli ebbe degli incubi: Vedeva Marco che gli strappava Carlotta per trascinarla verso un letto. Egli tentava di opporsi, ma una forza invisibile gli impediva di muoversi e non era in grado di fare nulla. Carlotta gridava e piangeva, ma non riusciva a liberarsi. Poi vedeva la moglie di Marco con il viso trasformato in strega orribile che sghignazzava con voce ancora più stridula di quella della sera maledetta. Poi si rappacificava e piombava in un sonno profondo, solo per tornare dopo qualche tempo ad avere altri incubi. Verso mattina egli si addormentò di un sonno riposante e guaritore.

14. Il funerale di Carlotta e conclusione

Il martedì mattina ci fu il funerale. Antonio si recò di primo mattino dai genitori di Carlotta. Per l'ultima volta egli fissò l'immagine di lei prima che venisse messa nella cassa. Ora non piangeva più. Anche se serio e pallido, Antonio appariva piuttosto sereno. Gli uomini del servizio funebre si occuparono di trasportare al piano terreno, dove era in attesa l'auto del servizio funerario, la bara che conteneva Carlotta. Poco dopo l'auto partì, diretta alla sala di Torreglia, dove si sarebbe svolto il servizio funebre. Giovanni, Maria e Antonio la seguirono con la propria auto.

Giunti alla sala, gli uomini addetti trasportarono il feretro dentro la sala. Questa era stata addobbata con molti fiori, in specie vicino al podio, presso cui sarebbe stata posta la bara durante l'adunanza funebre. La sala era stata disposta per accogliere un gran numero di persone. Erano state tolte delle sedie, e quelle rimaste erano state disposte in modo da lasciare il massimo spazio alle persone in piedi. Quando giunse il feretro, la sala era già piena. Oltre ai parenti di lei e di Antonio erano presenti testimoni della congregazione a cui Carlotta aveva appartenuto e altri delle congregazioni vicine, che ella aveva conosciuto. Antonio e i genitori di lei si sedettero nelle sedie più vicine alla bara. Poco dopo l'oratore pronunciò il discorso funebre.

In esso furono ricordate le buone caratteristiche di Carlotta, le sue aspirazioni, il suo attaccamento ai princìpi divini. Furono ricordate le persone a lei care, in primo luogo i genitori e Antonio. Poi l'oratore passò a considerare alcuni aspetti biblici su cui Carlotta aveva basato la sua fede e quelli che infondevano la speranza nella resurrezione.

Nel citare un motivo che spingeva Carlotta ad ubbidire a Dio, l'oratore citò le parole di Gesù, quando disse: “L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni espressione che esce dalla bocca di Geova.” Quindi l'oratore commentò:

— Carlotta aveva a cuore tutte le espressioni di Geova, e le ascoltava, e le applicava.

Antonio in cuor suo pensò con rimpianto: “Perché non le ho ascoltate e applicate prima di adesso? Avrei potuto rendere Carlotta più felice.”

Poi l'oratore citò le parole di Giobbe, che pronunciò in riferimento alla risurrezione: “Tu chiamerai e io stesso risponderò; bramerai l'opera delle tue mani.” Quindi l'oratore continuò dicendo:

— Carlotta aveva a cuore tutto ciò che piace a Dio. Sicuramente Egli bramerà l'opera delle sue mani. Geova Dio bramerà di ridare la vita a questa donna morta prematuramente.

“Dio, ti ringrazio che ridarai la vita a questa cara fanciulla che ho amato più di me stesso,” pensò Antonio. “Fa che possa riunirmi a lei quando ciò avverrà. Prometto che in futuro farò tutto quello che chiedi.”

— Ora Carlotta dorme, — continuò l'oratore. — Lei non soffre. Lei non è in alcun luogo. É solo nella memoria di Dio, che le ridarà la vita quando suo figlio Gesù Cristo regnerà sulla terra. Allora non ci saranno più sofferenze, né malattie. Per chi servirà fedelmente Dio non ci sarà più neppure la morte, la nemica che ci ha strappato questa cara sorella. Carlotta anelava a questo regno. Al suo risveglio ella si troverà risorta qui in questa terra, una terra trasformata, rinnovata, dove il male non esisterà più. “Le cose precedenti saranno passate,” — aggiunse l'oratore citando una scrittura biblica.

Al termine del discorso fu pronunciata una preghiera. Quindi, dopo una pausa, in cui molti dei presenti espressero le condoglianze ai genitori di Carlotta e ad Antonio, il feretro fu portato fuori e caricato sull'auto. Quando Claudio si avvicinò ad Antonio fuori della sala per dirgli una parola di conforto, questi gli disse:

— Claudio, ho intenzione di cominciare a studiare la Bibbia. Quand'è che possiamo incontrarci?

Claudio lo guardò con un'espressione di soddisfazione in volto, anche se triste. Quindi gli rispose:

— Più tardi ci metteremo d'accordo.

In quel momento l'auto con il feretro partì.

FINE