Poesia e Poesia 

Amore di poesia

 

 

 

Arrigo Colombo

l'incantiere - giornale e  sodalizio

di poesia                                        

 

        Poeti salentini:

        Claudia Ruggeri

inferno minore

documenti

)e pagine del travaso

           

 

 

 

        Saggi:

Celebrazione della poesia

Crisi della ragione e poesia

 

 

          l'incantiere

        giornale di poesia

 

Storia e profilo del poeta

Lo stile del poeta

 

Alcuni fondamentali principi:

Il principio di popolarità: la poesia dev'essere chiara, luminosa, comprensibile, sì che la gente possa ascoltarla, leggerla, gustarla

Il principio di oralità: il luogo proprio della poesia non è lo scritto ma la parola, il suono, la musicalità

Il principio di spettacolarità: nel vibrare del suono, della musicalità, del ritmo, la poesia è spettacolare, lo spettacolo è il suo più alto luogo

 

 Il volume "Sull'estrema soglia"        Il volume "Le Canzoni"                      Il volume "Le Variazioni"                    

                                                                                                                                                                           

 LietoColle  editore poesia, 2011       Campanotto editore poesia, 2006         Campanotto editore poesia, 1998          

                                                                                                                                                                         

 Per la poesia di A. Colombo                        In limine                                                              Sul tema del plenilunio

 di Guido Oldani                                           Canzone di primavera                                          Sul tema del tramonto

                                                                                                                                                     Sul tema del silenzio

 Canzoni                                                        Donna amore disamore                                       Sul tema del cielo azzurro

 Il viaggio                                                       Ritratto di donna                                                 Sul tema delle città bianche

 In morte della madre                                    Profilo di ragazza                                                 Sul tema del mattino

 Di Adamo il ricordo.Frammento                  Orfeo ed Euridice                                                Sul tema del meriggio

                                                                        Ballata triste                                                        Sul tema della casa vuota

 Variazioni                                                     Epitalamio

 Sul tema della luna cadente                                                                                                        Sul tema delle dune splendenti

 Sul coro degli uccelli la sera                                                                                                       Sul tema del settembre

 Sul tema del passeggero                              Un'impresa umana                                               Sul tema del viaggiatore

 Sul tema della donna pensosa                      Il viaggio sulla luna                                              Sul tema del profeta

                                                                                                                                                      Sul tema dell'attesa

 Primi "Inni alla notte"                                Lottando soffrendo                                              Sul tema della notte gelida

 1. L'ombra                                                     Elegia per la morte del generale                         Sul tema dell'oboe

 2. Il cielo stellato                                          Ipotesi per un rivoluzionario caduto                    Divertimento sul tema dell'oboe

 3. La luna                                                      Ricordo della guerra                                            Per un'amica di getto un mattino. Poi la sera

                                                                        Il silenzio di Dio                                                   Sul tema della chiesa

    

Nota

Chiamo «canzoni» una prima serie di poemetti, e «variazioni» l’altra forma della mia poesia, di cui ho pubblicato una silloge dal titolo appunto Le Variazioni (Campanotto, 1998; ma anche una silloge Le Canzoni, Ivi, 2006), e che si attengono a un modello formale più rigoroso, di solito in quattro quadri o tempi, in cui la variazione si sviluppa e si consuma; un modello di derivazione musicale. Le canzoni sono invece più libere, anche se talvolta vi ricompare la variazione, in qualche modo. Ma tutta la poesia è canto, e la parola canto ricorre in tutta la sua storia: si pensi anche solo ai Canti di Leopardi. Gli Inni alla notte sono stati concepiti leggendo e rileggendo quelli di Novalis,  e saranno in tutto una ventina. 

Notizia

Arrigo Colombo, lombardo, attivo in Puglia come filosofo nell’Università del Salento-Lecce. Nel 1985 ha aperto con alcuni amici nella stessa università un Laboratorio di Poesia, luogo spirituale d’incontro confronto scambio dei maggiori poeti salentini; e fondato con loro un giornale di poesia, «l’incantiere»; e sviluppato quindi un’intensa attività di letture e spettacoli, in particolare Salentopoesia, festival annuale di poesia con musica e danza. Ha scritto di solito su «l’incantiere»; ma anche su «L’Albero», «l’Immaginazione», «Il Bardo», «Confini», «Italian Poetry Review» (dove sono usciti Il viaggio e la variazione Sul coro degli uccelli la sera).

 

Nuove Variazioni:                                        Nuovi poemetti:

Sul tema di un pomeriggio estivo

Sul tema montaliano «portami il girasole»

 

                           

                                                                                                

FRAMMENTI             dagli anni giovanili

 

 

 Amici

 O voi lontani

anime assenti

pupille dei miei occhi

amici amici

all’aria gelida affido

il mio saluto stasera per voi

 

Coraggio vorrei

dirvi, vorrei,

dirvi con l’anima spaurita

nel gelo del mondo

poveri esseri soli

aride solitudini

steli esili percossi dal vento

 

Oh dormite sereni

stanotte oh stanotte

almeno, dormite

                            Per me

voglio vegliare e piangere

Con l’Amico mio dolce divino

il Cristo piangerò la vostra pena,

accanto al muro sconsolato

piangerò, sopra la pietra

fredda dura della mia camera

mi getterò piangendo

Passeranno le ore

s’annuncerà il crepuscolo

all’alba io piangerò ancora

il dolore degli uomini

 

 

Mare

Passai le dune il mare era là alto

uno sgomento provai nell’animo

s’arrestò per un istante la vita

chi sa? l’azzurro cupo splendente

(chi non ha visto non potrà capire)

lì ogni azzurro ogni colore

lì raccolta sta la bellezza

 

Quando il cielo era profondo

e il mare un cupo splendore

la luce fasciava ogni cosa

ed era dolce vivere

                                allora

ho portato con me il mio dolore

camminando solo sulla riva

 

Troppo grande un peso

mi gravava l’anima

mi estasiava a tratti

mi gravava e mi estasiava

mi gravava soltanto

nel mare cupo splendente

della bellezza il Signore

 

 

Autunno

Di là dov’è il boschetto

il filare dei tigli

ogni giorno le foglie ingialliscono

e cadono e i rami soli

restano nell’aria.

                            Io provo

un vuoto dentro uno strazio

solo per caso m’accorsi, uno strazio

provo uno strazio

Di là sotto i tigli la desolazione

attende non c’è speranza

cadranno tutti, il mondo

i miei fratelli gli uomini

le povere foglie secche

che vagano per l’aria

 

 

Pomeriggio d’autunno

                                 È sera e ormai

non è più nulla, per un istante

s’illuminò il mondo

lì, dietro la casa

 

Passeggiavo pregando, sul libro

le parole difficili catene

per l’anima

                    E alzai

lo sguardo, l’ora era

più dolce de l’autunno il pomeriggio

del sole, intrise le cose

di luce l’ultime foglie

lungo il muro in fondo trasparenti

come vetro gli alberi perduti

nello splendore terso dell’aria

 

– Di disperazione no

non parlatemi, via

sappiate dunque

sappiate ch’io spero, e volgo

gli occhi spersi nella luce, gli occhi

sperduti in tanta dolcezza delle cose

nel mondo intriso di grazia

gli occhi volgo a stento il grido

trattengo qua è Dio, qua Dio è –

 

(È bella la vita oh il mondo

è bello, è dolce

vivere). Per le vie

                                 andiamo la nostra tristezza

portando (è dolce vivere)

barcollando andiamo

ebbri di desolazione (è bello

il mondo), portando la paura

il terrore di essere nulla

domani (è dolce vivere)

 

Domani, quando

le cose saranno sole

spunterà l’erba per le vie

si libreranno i corvi nel cielo

domani ancora il meriggio

brillerà tremeranno le stelle

arderà la notte lunare

stupita nel cielo.

Dal regno dei morti s’alzerà un canto

nei giorni pieni di silenzio

si udrà, nelle notti silenziose

oh è bella la vita è dolce vivere

 

 

Sera d’ottobre

La sera d’ottobre in velluto nero

scendeva e oro pallido

oro antico, nel cielo nell’alto

del cielo sospesa la sera

scendeva lenta solenne quasi

signora del cielo del mondo

 

La sera col suo incanto mite

scendeva, l’aria mite fredda un poco

il suo fascino, ai margini del cielo

una fascia di luce persisteva immobile

quasi, fascia d’oro antico e nero velluto,

persisteva alto il suo incanto

mentre si consumava il tempo il mondo

 

 

Notte

Dalla finestra spio cerco

se il giorno infine s’illumini…

ebbene no, grigio e freddo

Gli anni passano

ancora ancora io spero…

ebbene no, grigio e freddo

 

Ma l’anima mia canta

canto danzo salto nella mia camera

e fino a che la voce non si fa rauca

e fino a che il petto non mi si estenua

con la finestra spalancata

io canto al buio e al freddo

la mia nascosta gioia

 

 

Canto del vento

Ascoltavo il vento il canto del vento

nel giardino, nell’erba

disteso, ove l’albero di noce

s’alzava solitario splendido

solo nel mezzo, s’alzava

senza posa il canto

nel giardino solitario nell’erba

umida di rugiada splendente

arsa di luce

                    ardeva

il canto del tempo, il dolore,

ardeva il giardino nel sole

il canto ardeva, il dolore del mondo

 

 

Ricordo di Assisi

La camera è nuda

dopo le scale e la straducola buia

oltre l’arco e il selciato sconnesso

dopo le cento scale

Dove la pioggia non ha tregua

la trattiene il tetto scorre sgocciola

su la strada, ma dentro

dura il suo canto annoiato

l’aria risuona di pioggia

sa di pioggia

 

È la camera dello sconforto

che l’anima tormenta

prima di notte nell’attimo

ch’erra lo sguardo indietro

quando le fu rubato il giorno ed un momento no

non ebbe per salvarsi dalle cose

ritrovarsi sapere

d’essere (dispersa frammentata)

                                                    quando

il pensiero si forma chiaro

nella coscienza e si attinge e va oltre

cerca l’ultimo e l’unico, l’Essere

che supporta e partecipa

ogni esistenza

                        e lo raggiunge lo trattiene

trepida, la serena certezza – oh

un momento solo – implorava, prima

di scomparire nel sonno

                                       E non le fu dato

oppressa com’era di stanchezza intossicata

di stanchezza

 

Lì Assisi non è Assisi

ma un angolo qualunque

d’incoscienza poi che

tutto il mondo è mondo

                                       Lì si giunge

la sera ch’è buio e piove

e si riparte un mattino piovoso

avanti il crepuscolo

 

 

La fine l’inizio

Ne la terra di desolazione

dove già s’infranse il mio sogno

io giunsi stamane silenzioso

gli occhi spauriti e la voce

soffocata di pianto

 

Là giù dov’era il fiume

dove cantavano l’acque

sono ora cordoni di sabbia

che cinerei s’attorcono

tra le ghiaie bianche

 

Là s’infranse il mio sogno

svanì la mia giovinezza

gl’ideali s’infransero

per rinascere poi più forti più ardenti

nell’animo indomito

 

 

L’apparizione

Era un mattino di prima estate

quando mi apparve

Volgendomi d’un tratto per la scala

la vidi ritta nel vano dell’uscio

i capelli d’oro chiaro e gli occhi limpidi

e il sorriso che suona come un canto

franco il sorriso gli occhi di luce soffusi

come una nube lucida i capelli

candido il vestito, fatto di freschezza

uscita dal mattino di prima estate

 

Mi tendeva la mano e un saluto

mi mandava nell’aria

Un passo feci e restai fermo a mezzo

 

 

La fine

Accenna appena la sera nel cielo

è ancora alto il sole, per l’aria

giunge una musica e voci di bambini

che giocano, e l’aria è immersa

in un pulviscolo grigio e le cose

stanno immote

                          Soltanto due ore

restano, nel buio tutto scomparirà

cesseranno le voci dei bimbi

la musica cesserà in un accordo strano un singhiozzo

sarà per noi la fine

 

 

Tremore

Se ho sperato non merito il rimprovero

degli uomini osservanti, della coscienza la voce dura

la voce cavernosa del giudice

 

Nessuno oserà negare che mi rapì il fascino

una musica di parole cadenti come perle

il modulare di un flauto il gesto il pianto

poi che la vidi ritta singhiozzare contro il muro

e il singhiozzo le scuoteva le spalle

 

Se ho tremato allora (e sempre)

tremai di fronte al mistero della vita

e piansi chiedendomi perché, io pure,

quel giorno la sera e molti giorni di seguito

mi adirai con me stesso e col Dio che amo

sbattendo i pugni nell’aria

 

Se ho tremato se ho sperato

 

 

Sacrificio

Stanotte accadrà, ora che la luna

sta immobile al vertice del cielo

e splende e stanno pensose

le cose e gli uomini e una luce pura

si spande libera nell’aria

 

O fiore bianchissimo fanciulla

che hai nome Viola, si consuma

stanotte la tua verginità e ancora

sulle soglie hai esitato

La notte più dolce di un autunno hai scelto

per il tuo sacrificio

 

 

Il viaggio dell’anima

In un mattino di primavera

presi la strada e mi avviai

era immobile l’aria e il cielo

alto bianco di luce irradiava speranza

 

Su per la strada conobbi l’estate

mi arse di ardori il sole e vidi

la colomba di fuoco prendere posto

nella fenditura dell’anima

 

Se la sera scende e il fumo

s’alza a pena nell’aria gelida

cammino e cammino

perché nelle case ovunque è nascosta e geme

la miseria dell’uomo

 

Oh no, non spero no di raggiungere

la sfera del fuoco

la regione di delizia ove l’anima

s’è appartata e fu rapita lassù

per un tempo

                      Pure una volta

tese l’ali l’aquila

e al suo volo si aperse il cielo

 

Mi fu dato un pane

per il mio viaggio

 

 

Bimbi

Nei miei occhi stasera

il rosa di quegli abiti leggeri

di bimbi il fruscio lieve

danzante di  quei piccoli

passi, oh sì

innocenza e bellezza

 

 

Il suicida

Sulle soglie della morte

ristette senza paura

si domandò solo se ne valesse la pena

guardò con distacco indietro

 

il pallore diffuso all’orizzonte

le betulle immobili, tenere

foglie spuntate appena

nell’ultima luce morbide splendevano

 

Vide soltanto i giorni

le notti, la gioia di vivere

non ebbe un sussulto, solo

si domandò se ne valesse la pena

 

Morire per volontà propria

fu il pensiero che lo sedusse

s’affacciò freddo ovvio

 

prima che l’altra morte lo colga

che l’altra morte colga tutti

che il grande oblio si distenda

come un velo grigio e si diventi

numeri senza senso un atto ancora

di volontà un atto un ultimo atto

prima di notte

 

Così vibrò in quell’istante

l’anima e un grido s’alzò

smorzato subito dal vento

era pronto tranquillo

solo un senso provò di noia

si domandò se ne valesse la pena

o se questa sottile tentazione

non s’insinuasse in un istante di assenza

un anomalo distacco dalle cose

contro l’amore degli uomini la gioia

di vivere la volontà di esistere

sulle soglie del nulla

 

 

Attesa della fine

Conto i giorni. Non so più se due

o tre sono passati. Mi smarrisco

nel tempo. Solo l’istante indivisibile

ci è lasciato e corre, come freccia impazzita

solca l’aria. So che forse domani

non giungerà il giorno a sera.

Piangeranno le genti

 

 

Inconsistenza

Questa è la notte in cui

puoi sentire lo scorrere del tempo

sottrarti all’illusione idiota

alla inconsistenza

del tuo paradiso terreno

sentire la fugacità

lo svuotarsi del mondo

 

 

Silenzio e parola

Lo stupore l’accolse, gli occhi pietosi

delle creature mute i cui occhi

parlano, in sospiro di parola, il silenzio

accettano in umiltà

                                Gli occhi umili

grandi del bove, la pace degli occhi

dell’animo, la modestia, virtù di natura

Del cane il lamento gioioso, l’affetto

ch’esplode nei gridi

                                

                                   Silenzio e parola

e della creazione il sospiro l’accolse

l’amore senza parola

 

 

Uomini perduti

Siamo uomini perduti

nella solitudine grigia

della camera. È freddo

 

Un mondo vorremmo in cui si possa

piangere qualche volta soltanto

si possa dire ti amerò sempre

senza paura di essere smentiti

 

 

Aspettando la fine

La mia anima è oppressa

come un corvo nero volo sulle carogne

passo il deserto e volo basso e canto

sazio di tristezza

 

È il crepuscolo e il cielo trema

di un’azzurra caligine, nel cielo le stelle

ardono inquiete e la luna sta ferma

e attende

 

                Se con le dieci dita

conto i secondi che passano e forse

non giungerò alla fine, conto

e mentre i numeri salgono tremo

e rabbrividisco di orrore

 

Ricordo i pomeriggi piovosi

quando il battito monotono non finisce

non finisce non finisce mai

il tempo che non ha senso

e nella mia stanza da un muro all’altro cammino

e mi dispero pensando che un senso

non v’è insomma, non v’è

o fu smarrito o non ci fu svelato

Così tutto grigio va il pomeriggio

                                 la sera scende e viene la notte

 

Ora se dico che conobbi quell’anima

un giorno di luglio e fremetti di paura

non mento ché nel deserto dei miei incubi

un’anima di fanciulla era apparsa

e da essa ero attratto ma più forte

mi risucchiava il vortice in cui la storia

si consuma, la solitudine desolata

e l’infinita stanchezza di una stirpe

che fu grande e si spegne

 

Che dire? Forse

una scintilla può ancora guizzare

dall’arida cenere e un fuoco di secoli

ancora avvampare

                              Disteso allora

sul letto mi contorcevo d’impotenza

aspettando la fine

 

 

Ricordo del giardino di Eden

Nel giardino che nessuno ha visto più mai

fiorire la nostra speranza cammina

pei viali scomparsi. Lì i corpi ignudi

ignoravano il fremito e la pena che ci umilia

e tormenta

                    Lì una pace immobile

Di che vivevano? lungo i dolci viali

non s’incontrava la noia? No, rapita l’anima

al di là delle cose, dove un altro cielo

e altre stelle e la calda tenerezza

di un altro sole risplende

dove felicità e timore

vibrano insieme nel nome

che sta sopra ogni nome

 

Lì due paradisi ebbero in sorte queste

creature misere e nessuno sa dire come

lungo la vie del cielo esse fecero il triste incontro

e come una triste follia poté illuderle

 

 

Incontro

Nella sera d’autunno

nell’aria morbida di nebbia e luce

la primavera mi è passata accanto

la luce di un volto armonioso conservo negli occhi

e un colore di pallido oro

di oro pallido splendente, occhi oscuri

piccole sfere oscure che brillano

ridono cantano, capelli oscuri

caldi di colori e riflessi

e la gioia di vivere

 

L’occhio ha visto, bastò un istante solo

il cuore una piccola fiamma ha avuto, subito spenta

Volavo nell’aria fresca, correvo portando

l’immagine e il moto di dolcezza

che mi percosse.

 

 

Contrasto

Non vi conosco. Il giardino dei gigli,

il cristallo puro, la gioia di essere un angelo

mi delizia, il giardino delle rose bianche

il mio povero cuore intatto

un cuore d’angelo

in un povero corpo di peccato

 

Qui l’unico amore arde

e ogni altro arde in esso

e al confronto è scialbo

 

So i giovani libertini, l’occhio so

che avido guarda, torbido l’occhio del maschio

sulla fanciulla pura seduta nell’angolo

di un treno che va veloce corre,

e il suo tremito silenzioso

 

Avanti voi occhi avidi

volti tumidi rimescolio del sangue

avide mani cui tutto è lecito

questi corpi ancora ancora devastate

questi corpi fragili

 

Poi che a voi tutto è lecito

in questa ora del vostro smarrimento

senza principio e senza fine

 

 

Canto d’uccelli

Fu ieri o ier l’altro

Stava il mattino immobile  e l’aria

fredda gelida e il cielo di un lucido

freddo splendore

                            Sentivo

l’uccello di cui non conosco il nome

che scricchiola, macina note

di solitudine, l’invernale

compagno che il canto trae

dal freddo pungente

s’attarda in questo mattino

d’incerta disperazione

                                     Là in fondo

il coro dei passeri s’è destato  

dal canneto il coro dei passeri

disperato gelido saluta il giorno

 

 

Volto

Su per la scala mi voltai, là in fondo

era un volto incorniciato di splendente luce

e mi stupì perché i capelli ardevano

come oro che gonfia nel crogiolo

e il volto aveva di un rosa pallido, era

un pallido rubino incastonato dentro

                                 Di quel volto conosco il sorriso

che s’accende d’un tratto, come un lampo

 

                                 Mi abbaglia ancora

l’oro chiaro dei capelli e il riso

che s’accende d’un tratto e la parola

franca, per questo

penso non svanirà il ritratto

che porto così vivido

Lì i capelli sono

come oro che d’incandescenza gonfia

                                 nel crogiolo e il riso

come un lampo

 

 

Spasimo

Appena varcato l’uscio del giardino

provai lo spasimo fu cosa improvvisa

all’arco del petto mi prese il dolore

mi afferrò una rovente mano durissima

                                                                Ancora

resto sopra pensiero e mi chiedo

come fu che tanto spasimo s’accolse

in un momento solo

                                 Fu il distacco la fine

di una vita sognata tentata

 

 

Risveglio

Ora ricorda

                    La notte s’era svegliato

nel cielo la luna splendeva grande

come un cristallo puro splendeva il cielo

immobili le cose

Con l’occhio triste sconvolto dal sogno

dall’incubo stanco assente

guardava quel cielo lontano

 

 

A proposito d’intellettuali

Se poi taluno crede colpirmi deridermi

l’amico, il compagno, la donna cui con amore penso

non temo, so bene chi sono, un uomo che vive cerca

sperando disperando il senso del mondo, soffrendo,

la verità santa l’oggetto che nessuno cura

nessuno cerca nessuno pensa ormai che valga il tempo

anche di un giorno solo un’ora, tra tante

che si vivono sprecano si gettano dietro le spalle,

ridendo piangendo singhiozzando lungo il cammino

pietroso arido che il sole brucia, il gelo

 

Ma credere ancora, credere sperare ancora

contro la disperazione che invade il mondo, credere

la verità santa, la grande la piccola la quotidiana

verità santa e portare sopportare il riso

lo scherno degl’intellettuali il sarcasmo dei potenti

 

 

A proposito di cazzo

Se credi che l’amore sia questione di cazzo ti sbagli

né ti permetterò la parola abusata carica

di collera disprezzo un odio di secoli un disprezzo

di secoli per l’organo prodigioso il fiore di carne

che turgido si drizza di vita voluttà, turgida

volontà voluttuosa di vita che gli antichi adorarono

come un dio il mistero di un dio pietà antica stupore

che in noi rinasce in noi che ancora crediamo, pochi,

crediamo senza più la paura il timore di prima

senza temere il corpo i sensi il piacere dei sensi

il dono di Dio che pochi godiamo con l’animo colmo

di pietà gratitudine immenso stupore antico

nuovo per il mistero del fiore di carne mistero

antico nuovo

                       Se però tu credi che basti questo

mistero e quell’altro che chiamiamo amore ti sbagli

non vedi com’è profondo il cielo, come su di un cielo

un altro se n’apre su di un sole un altro splende

nell’universo si sperde l’animo spaurito gioioso