Elegia per la morte del Generale

 

                                                Colombey-les.deux-Eglises

                                                9 novembre 1970

 

1

Il passo lento dei soldati

il passo dei soldati

il passo ignaro lento dei soldati

i centosettanta giovani ignari

il passo lento pesante

la forza d’uccidere ignara il dovere

d’uccidere nel volto serio sperso

distratto il volto ignaro

 

          L’armata di Francia invincibile marcia

          lenta ignara, insegue il nemico l’ombra

          l’onta del passato

   

          I cinquecentomila morti di Francia

          gli eroi della sconfitta ignari sorpresi

          nel sonno nel sogno di gloria gli umili ignari

          figli di Francia

 

          I cinquecento membri dell’Ordine della liberazione

          gli eroi della mitica impresa sopravvissuti scampati

          serbati per la gloria la marcia compunta

          di questo giorno

                                      Gli eroi della Resistenza

          i puri figli di libertà morti nell’agguato

          lo scontro il patibolo il muro

 

          Presenza ignara ambigua

          rivalsa di un popolo

 

          Popoli morti d’Europa

          nel vostro giorno

 

Il carro sobbalza per le strade

del paese minuscolo, il Generale

disteso, il corpo lungo il vanto

del rango della stirpe sobbalza,

rigido il corpo il rigore del rango

della morte il rigore della stirpe

sobbalza per le strade

 

2

Ottanta capi di stato nella cattedrale

ottanta abiti neri impeccabili bianche camicie

impeccabili cravatte dal nodo impeccabile,

volto serio distratto volto compunto

serio solenne importanti pensieri nel capo

il peso del potere grave i problemi

il dolore dei popoli nel volto distratto

compunto, nobili volti compunti che il popolo applaude

la mano s’affanna a stringere umida viscida

di potere d’inganno, gli ottanta capi in piedi

la testa pensosa di noia spersa nel vuoto

spazio delle volte che accolsero il gemito

del popolo la preghiera dei poveri

 

All’altare la turba del clero compunta

dei prelati, le tonache rosse turchine, le cappe

viola e oro seta, il fasto del potere

sprezzante della chiesa s’aggira s’accalca

s’affaccenda sull’altare

 

Ottanta capi di stato ottocento sottocapi ottomila

notabili, persone gravi tutte compunte,

impeccabili abiti neri camicie cravatte

nere impeccabili, volti cupi di potere

sospetto, volti compunti distratti, funerei

pensieri di potere

 

«Vedevo Satana cadere come folgore»

vedevo la folgore cadere la spada in fiamma

l’istante di fiamma imbiancò il cielo, il fragore

di un istante, in fiamma e fumo la cattedrale

esplose, s’afflosciò l’alto edificio

 

Pregava il popolo il piccolo gregge

che crede il piccolo sparuto gregge che ama

e crede piangeva pregava il Dio dei pover

 

3

La Francia in lutto, il mondo, il sole in lutto

spento scomparso nel cielo di brume opaco,

la luna, la notte polare  sulle campagne di Francia

le città grandi gloriose di Francia, la gloria

di Francia rappresa nello strato di neve sporca

in questo giorno di morta gloria

morto sogno di gloria infatuata senile

morta senescenza del vecchio capo il campione

ambiguo, il sogno senile del Generale,

di un popolo senescente

 

Fu grande

                  grande

                               chi come

                                                il popolo il gregge

dei poveri mansueto dolente, il belato e dolente

il grido, la rabbia mansueta dolente, la furia

dei poveri sovverte il mondo, costruisce grande

il mondo il povero, il popolo dei poveri

 

4

Nel cimitero la tomba è chiusa, la pietra liscia

lucida che occulta la putrefazione, la tomba

semplice che i giornali esaltano, scelta di un orgoglio

sottile, la tomba sepolta nello strato di neve sporca

neve soffice scialba, sepolto il cimitero il paese

minuscolo, le città grandi gloriose sepolte

nella neve di un inverno lungo immobile

nel tempo un potere soffice sporco di oblio

potere rigido inflessibile della glaciazione

ultima, giudizio inflessibile giusto

                                                         Nella tomba

sotto, nella cella di pietra lucida e marmo

nella cassa di legno lucido il lavoro del tempo

persiste, della dissoluzione il lavoro preciso

meticoloso di leggi e procedure formule a scomporre

l’opera di vita

                         ciò che chiamiamo il corpo

                         del Generale il vanto alto snello

il corpo si decompone e scompone si liquefa si solidifica

in altre cose molecole d’altre cose presenza casuale

di cose varie insieme in quel luogo altri luoghi,

sulla tomba un nome vacuo qualunque un insieme

di lettere sillabe qualunque

                                              Nella tomba sotto

la terra penetra lenta inflessibile radici d’albero

d’erbe e le ingenue ingegnose formiche, la terra

l’insieme di cose varie casuali cose elementari,

la terra la forza elementare la natura penetra

il corpo disteso, la bocca di terra colma, le orecchie

le nari dove i vermi nascono rinascono lavorano

inesausti anch’essi penetrano scavano gallerie

sinuose profonde a migliaia pullulano

                                                               prodigio di vita

tignole cimici insetti innumeri inesausti tenaci

sopportano il fetore il marcido orrore d’uomo

 

5

Nei campi del ricordo vivi

uomo grande Charles dei nobili de Grulle

negli spazi astrali negl’interspazi in cui

scivolano gli ectoplasmi gli spiriti evocati

dai medium, nelle quarte dimensioni in cui

si raccoglie il tempo il ricordo il residuo

del passato tenue scialbo, di ciò che non è

più perché non era non fu mai né poté essere

 

Nei campi del ricordo il cavaliere dalla figura

triste dall’occhio assente, solitario l’occhio brilla, avanza

il cavaliere dal corpo lungo allampanato corpo macro

di esausta sete di grandezza e sogno, fame

di esausta grandezza e gloria, avanza dalle pianure

aride di Spagna aridi altipiani deserti battaglie

perdute sugli altipiani, le vaste pianure d’Europa,

carogne di cavalli sugli altipiani scheletri bianchi

di cavalli di monarchi vagano sugli altipiani

 

Un cavaliere solo un ronzino una volontà indomita

triste, un residuo di malinconia

 

          Monarca senza potere

          generale senza esercito

          capo senza popolo

          egemone senza impero

 

          Presidente senza governo

          leader senza partito

          senza parlamento tu solo

 

          Sullo schermo della televisione

          il tuo fascino s’irradia

          per te fremono le massaie di Francia

          sulle tue memorie le casalinghe piangono

          t’incensano i tuoi critici

          Mauriac Malraux numi potenti

          de l’Académie Française

 

          I vescovi ti venerano

          i cardinali di Francia

          i predicatori dai pulpiti

          «Benedetto colui che viene

          nel nome del Signore»

 

Sulle pianure di Francia il ronzino bruca l’erba

grassa, il cavaliere s’aderge alto allampanato

al centro delle pianure di Francia la spada in mano

nell’altra la bandiera di Francia, agita la bandiera

i sacri colori

                          nella solitudine desolata

delle pianure d’Europa il cavaliere s’aderge alto

allampanato, alto il volto triste sulla canaglia pavida

d’Europa, il volto è una sfida il gesto il ronzino

forte sotto il peso 

 

          E luminosa una nube lo avvolse

          e accanto a lui apparvero

          Giovanna la Pulzella e Luigi

          il Re Sole e Bonaparte

          e con lui parlavano e dalla nube

          uscì una voce alta grave

          «Questo è il mio figlio diletto»

 

Sulla pianura del ricordo il cavaliere immobile attende,

l’occhio triste, l’occhiaia vuota cupa altera di vuoto

misterioso orgoglio, la bocca vuota di denti lingua

labbra s’apre altera, la mascella scarna altera,

non un fremito nel petto vuoto di cuore polmoni

visceri, l’opera dei corvi, l’armatura rigida

vuota s’erge altera sulle pianure di Francia attende

l’ora di gloria, paziente il ronzino attende bruca l’erba

grassa sopporta paziente il peso

 

6

Lontano sull’orizzonte la striscia rossa di fuoco

là dove sull’orizzonte il cielo notturno

s’illuminava della città in luce «città-luce»

ogni notte, Parigi, il fasto di piazze enormi

e fastose caverne di ciclopi, caverne di puttane

le migliori d’Europa, sui colli ove la città arde

in fuoco e rabbia di fuoco, di popolo, da notti

e notti cammina il fuoco pei quartieri nobili

quartieri poveri vecchie strade malfamate

palazzi enormi vuoti chiese ove nessuno pregava

 

          Il furore del popolo il popolo infine

 

          Distruggere parola sacra

 

          la città dei potenti

          le case dei potenti

          le case dei poveri l’infamia

          la villa il cane la barca

          la macchina potente dei potenti

          l’utilitaria dei poveri

          la casa dono dei potenti

          lo stato la macchina

          del potere dei potenti

 

          Distruggere parola sdegnata

          dai pavidi

 

Sull’orizzonte macchie di fuoco rosse lungo

l’arco intero, il cerchio del cielo notturno,

in fuoco e rabbia la Francia arde infine

il popolo di Francia il cuore ribelle dopo

i decenni torpidi scialbi il genio del popolo

umiliato, lungo l’arco del cielo l’Europa

arde, i popoli che oppressero il mondo nolenti

oppressi, dolore rabbia dei popoli

 

Sulla pianura del ricordo scomparsa l’ombra

del cavaliere triste, il ronzino il ricordo di un passato

torpido, passato scialbo, l’ombra, un passato

di secoli un peso di storia e infamia,

col cavaliere triste l’ombra che oscurò le pianure

d’Europa, la speranza

 

Sulla pianura il grigio dell’alba indugia, tarda

l’alba, mesi d’inverno lunghi ancora, notti

lunghe prima del giorno