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Il pescatore

Bocca di Rosa

Le passanti

Canzone dell'amore perduto

La cattiva strada

Un giudice

Il testamento

Verranno a chiederti del nostro amore


 

IL PESCATORE

All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso

Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura

E chiese al vecchio: "Dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame"
e chiese al vecchio: "Dammi il vino
ho sete e sono un assassino"

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame

E fu il calore d'un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore

Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto di un aprile
giocato all'ombra di un cortile

Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino

Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso

Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1970



BOCCA DI ROSA

La chiamavano Bocca di Rosa
metteva l'amore metteva l'amore
la chiamavano Bocca di Rosa
metteva l'amore sopra ogni cosa

Appena scesa alla stazione
del paesino di Sant'Ilario
tutti s'accorsero con uno sguardo
che non si trattava d'un missionario

C'è chi l'amore lo fa per noia
chi se lo scegliere per professione
Bocca di Rosa né l'uno né l'altro
lei lo faceva per passione

Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie

E fu così che da un giorno all'altro
Bocca di Rosa si tirò addosso
l'ira funesta delle cagnette
a cui aveva sottratto l'osso

Ma le comari d'un paesino
non brillano certo in iniziativa
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all'invettiva

Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio

Così una vecchia mai stata moglie
senza mai figli senza più voglie
si prese la briga e di certo il gusto
di dare a tutte il consiglio giusto

E rivolgendosi alle contenute
le apostrofò con parole argute:
"Il furto d'amore sarà punito"
disse "dall'ordine costituito"

E quelle andarono dal commissario
e dissero senza parafrasare:
"Quella schifosa ha già troppi clienti
più di un consorzio alimentare"

Ed arrivarono quattro gendarmi
con i pennacchi con i pennacchi
ed arrivarono quatto gendarmi
con i pennacchi e con le armi

Spesso gli sbirri e i carabinieri
al proprio dovere vengono meno
ma non quando sono in alta riforme
e l'accompagnano al primo treno

Alla stazione c'erano tutti
dal commissario al sacrestano
altra stazione c'erano tutti
con gli occhi rossi e il cappello in mano

A salutare chi per un poco
senza pretese senza pretese
a salutare chi per un poco
portò l'amore nel paese

C'era un cartello giallo
con una scritta nera
diceva: "Addio Bocca di Rosa
con te se ne parte la primavera"

Ma una notizia un po' originale
non ha bisogno di alcun giornale
come una freccia dall'arco scocca
vola veloce di bocca in bocca

E alla stazione successiva
molta più gente di quando partiva
chi manda un bacio chi getta un fiore
chi si prenota per due ore

Persino il parroco che non disprezza
fra un miserere e un'estrema unzione
il bene effimero della bellezza
la vuole accanto in processione

E con la Vergine in prima fila
e Bocca di Rosa poco lontano
si porta a spasso per il paese
l'amore sacro e l'amor profano

Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1967



LE PASSANTI

Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più

A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità

Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano

A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato

Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino

Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità interviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti

Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere

Testo: F.De Andrè
(traduzione di “Les Passantes” di G.Brassens,
tratta da una poesia di Antoine Paul)
Anno di pubblicazione: 1974



CANZONE DELL'AMORE PERDUTO

Ricordi sbocciavan le viole

con le nostre parole:

"Non ci lasceremo mai

mai e poi mai"

Vorrei dirti ora le stesse cose

ma come fan presto amore

ad appassir le rose

così per noi

L'amore che strappa i capelli

è perduto ormai

non resta che qualche svogliata carezza

e un po' di tenerezza

 

E quando ti troverai in mano

dei fiori appassiti

al sole d'un aprile

ormai lontano li rimpiangerai

ma sarà la prima

che incontri per strada

che tu coprirai d'oro

per un bacio mai dato

per un amore nuovo

 

E sarà la prima

che incontri per strada

che tu coprirai d'oro

per un bacio mai dato

per un amore nuovo

 

Testo: F.De Andrè

Anno di pubblicazione: 1965


 


LA CATTIVA STRADA

Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché"
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada

Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come"
lui le risposte "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada"
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada

E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada"
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada

A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada

Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada"
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada
sulla sua cattiva strada

E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene"
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada"
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada

Testo: F.De Andrè – F.De Gregori
Anno di pubblicazione: 1974



UN GIUDICE

Cosa vuol dire avere

un metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi

e le battute della gente,

o la curiosità

d'una ragazza irriverente

che vi avvicina solo

per un suo dubbio impertinente:

vuole scoprir se è vero

quanto si dice intorno ai nani,

che siano i più forniti

della virtù meno apparente,

fra tutte le virtù

la più indecente

 

Passano gli anni, i mesi,

e se li conti anche i minuti,

è triste trovarsi adulti

senza essere cresciuti;

la maldicenza insiste,

batte la lingua sul tamburo

fino a dire che un nano

è una carogna di sicuro

perché ha il cuore troppo

troppo vicino al buco del culo

 

Fu nelle notti insonni

vegliate al lume del rancore

che preparai gli esami

diventai procuratore

per imboccar la strada

che dalle panche d'una cattedrale

porta alla sacrestia

quindi alla cattedra d'un tribunale

giudice finalmente,

arbitro in terra del bene e del male

 

E allora la mia statura

non dispensò più buonumore

a chi alla sbarra in piedi

mi diceva "Vostro Onore",

e di affidarli al boia

fu un piacere del tutto mio,

prima di genuflettermi

nell'ora dell'addio

non conoscendo affatto

la statura di Dio

 

Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
Anno di pubblicazione: 1971

 

 

IL TESTAMENTO

Quando la morte mi chiamerà

forse qualcuno prosterà

dopo aver letto nel testamento

quel che gli lascio in eredità

non maleditemi non serve a niente

tanto all'inferno ci sarò già

 

Ai protettori delle battone

lascio un impiego da ragioniere

perché provetti nel loro mestiere

rendano edotta la popolazione

ad ogni fine di settimana

sopra la rendita di una puttana

ad ogni fine di settimana

sopra la rendita di una puttana

 

Voglio lasciare a Biancamaria

che se ne sfrega della decenza,

un attestato di benemerenza

che al matrimonio le spiani la via

con tanti auguri per chi c'è caduto

di conservarsi felice e cornuto

con tanti auguri per chi c'è caduto

di conservarsi felice cornuto

 

Sorella Morte lasciami il tempo

di terminare il mio testamento

lasciami il tempo di salutare

di riverire di ringraziare

tutti gli artefici del girotondo

intorno al letto di un moribondo

 

Signor Becchino mi ascolti un poco

il suo lavoro a tutti non piace

non lo considerano tanto un bel gioco

coprir di terra chi riposa in pace

ed è per questo che io mi onoro

nel consegnare le la vanga d'oro

ed è per questo che io mi onoro

nel consegnare la vanga d'oro

 

Per quella candida vecchia Contessa

che non si muove più dal mio letto

per estirparmi l'insana promessa

di riservarle i miei numeri al lotto

non vedo l'ora di andar fra i dannati

per riferirglieli tutti sbagliati

non vedo l'ora di andar fra i dannati

per riferirglieli tutti sbagliati

 

Quando la morte mi chiederà

di restituirle la libertà

forse una lacrima forse una sola

sulla mia tomba si spenderà

forse un sorriso forse uno solo

dal mio ricordo germoglierà

 

Se dalla carne mia già corrosa

dove il mio cuore ha battuto il tempo

dovesse nascere un giorno una rosa

la do alla donna che mi offrì il suo pianto

per ogni palpito del suo cuore

le rendo un petalo rosso d'amore

per ogni palpito del suo cuore

le rendo un petalo rosso d'amore

 

A te che fosti la più contesa

la cortigiana che non si dà a tutti

ed ora all'angolo di quella chiesa

offri le immagini ai belli ed ai brutti

lascio le note di questa canzone

canto il dolore della tua illusione

a te che sei per tirare avanti

costretta a vendere Cristo e i santi

 

Quando la morte mi chiamerà

nessuno al mondo si accorgerà

che un uomo è morto senza parlare

senza sapere la verità

che un uomo è morto senza pregare

fuggendo il peso della pietà

 

Cari fratelli dell'altra sponda

cantammo in coro giù sulla terra

amammo in cento l'identica donna

partimmo in mille per la stessa guerra

questo ricordo non vi consoli

quando si muore, si muore soli

questo ricordo non vi consoli

quando si muore si muore soli

 

Testo: F.De Andrè

Anno di pubblicazione: 1963



VERRANNO A CHIEDERTI DEL NOSTRO AMORE

Quando in anticipo sul tuo stupore
verranno a crederti del nostro amore
a quella gente consumata nel farsi dar retta
un amore così lungo
tu non darglielo in fretta
non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole
le tue labbra così frenate nelle fantasie dell'amore
dopo l'amore così sicure a rifugiarsi nei "sempre"
nell'ipocrisia dei "mai"
non sono riuscito a cambiarti
non mi hai cambiato lo sai.

E dietro ai microfoni porteranno uno specchio
per farti più bella e pesarmi già vecchio
tu regalagli un trucco che con me non portavi
e loro si stupiranno
che tu non mi bastavi,
digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni
per ritornare dopo l'amore
alle carenze dell'amore
era facile ormai
non sei riuscita a cambiarmi
non ti ho cambiata lo sai.

Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre
come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre
i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro
i tuoi occhi assunti da tre anni
i tuoi occhi per loro,
ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo
o per buttarsi in un cinema con una pietra al collo
e troppo stanchi per non vergognarsi
di confessarlo nei miei
proprio identici ai tuoi
sono riusciti a cambiarci
ci son riusciti lo sai.

Ma senza che gli altri non ne sappiano niente
dirmi senza un programma dimmi come ci si sente
continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito
farai l'amore per amore
o per avercelo garantito,
andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori
o con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitori
o resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro
senza chiederti come mai,
continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai.

Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
Anno di pubblicazione: 1973