La GSX 1200 è
una naked retrò; in particolare il codino, i due ammortizzatori laterali e
le cromature riportano alle quadricilindriche jap degli anni '70; il
debito maggiore è nei confronti delle Kawasaki serie Z, che in quegli anni
furoreggiarono in diverse cilindrate, e della loro riedizione in chiave
moderna: le Zephyr 750 e 1100, poste in vendita nei primi anni '90.
Le parti tecniche a vista contrastano con quanto appena notato: la loro
modernità emana grinta a volontà; da notare le belle pinze Brembo color
oro a quattro pistoncini differenziati, e il muscoloso propulsore molto
ben rifinito e con una fitta alettatura, dovuta al raffreddamento ad aria
ed olio (il voluminoso radiatore serve appunto a raffreddare il
lubrificante).
Le poche sovrastrutture della mia GSX sono verniciate in un bellissimo
nero micalizzato con riflessi blu; lo spessore della vernice utilizzata è
però ovunque esiguo (compresi i cerchi, il telaio e il motore) e di
conseguenza è piuttosto delicata.
Altre note: la corretta conformazione del cavalletto centrale permette di
issare facilmente la moto; il cavalletto laterale, invece, è troppo
verticale e non dà grande fiducia; gli specchietti garantiscono una buona
visuale ma vibrano a certi regimi; l'impianto di scarico è completamente
in acciaio inox, e il terminale reca sul bordo più basso il caratteristico
taglio degli scarichi Suzuki, adottato per evitare che tocchi l'asfalto
nelle pieghe più accentuate; il grosso faro circolare funziona in maniera
egregia; i due ammortizzatori laterali lasciano sotto la sella spazio in
abbondanza: io ci faccio entrare la tuta antiacqua, gli attrezzi forniti
di serie (ottimi per abbondanza, discreti per qualità), un grosso
bloccadisco Abus, un pesante lucchettone a U Abus, qualche pezza e i
documenti (anche se sarebbe meglio portarli sempre con sé...); la potenza
del clacson è discreta in città, appena sufficiente fuori; sono lasciati a
vista molti cablaggi, soprattutto nella zona del manubrio e sotto il
serbatoio.
COMANDI E CRUSCOTTO
Il tachimetro ha
il fondo scala a 260 Km./h, mentre il contagiri a 13.000 giri; quest'ultimo
segnala "zona rossa" a partire dai 10.500 giri. La leva del freno è
regolabile nella distanza in ben 6 posizioni; le manopole non macchiano
(cosa veramente rara); i blocchetti elettrici e i comandi a pedale non
sono niente di speciale; da notare la strana posizione sia delle pedane
del pilota che quelle del passeggero: non sono perfettamente parallele al
terreno.
POSIZIONE DI GUIDA
Il piano di
seduta è posto a soli 780 mm dal suolo, e ciò facilita enormemente nelle
manovre da fermo. La conformazione della sella permette agevoli
spostamenti longitudinali: si può stare a ridosso del serbatoio, per
caricare l'avantreno, oppure si può spostare il sedere indietro sino al
punto in cui la sella si rialza per costituire il piano di seduta del
passeggero, in modo da sfruttare la confortevole larghezza di questa
parte. La porzione di sella del passeggero è abbondante, ma le pedane sono
un po' alte. Vista la potenza in gioco, il maniglione risulta sufficiente
solo se si guida con molta calma.
COMFORT
Il comfort è
sempre ottimo, se non si pretende di fare molta strada a velocità
oltre-codice. Il merito va soprattutto alle sospensioni ed alla larga
sella, che però alla lunga risulta un po' cedevole. Le vibrazioni sono
avvertibili solo sulle manopole, ma solo dopo molti chilometri e se non si
indossano dei guanti inducono qualche formicolio; la trasmissione di
calore è sopportabile anche d'estate.
MOTORE
Le doti del
propulsore rappresentano la peculiarità di questa moto, il principale
oggetto di discussione, la primaria fonte di godimento. La coppia a
disposizione è sempre esuberante: non si può mai fare un ragionamento del
tipo "metto la quinta e mi rilasso", ché ci si ritroverebbe a riprendere
da regimi inferiori al minimo con una spinta imbarazzante...
Il punto cruciale dell'estesissimo arco utile di erogazione è situato
attorno ai 4.000 giri di strumento (dove ci sono circa 50 cavalli e 9 Kgm
alla ruota). E' una strana sensazione quella che si avverte quando si
spalanca il gas a 4 mila giri: è come se un enorme ventilatore venisse
acceso all'improvviso dietro le spalle: la ripresa è violenta ma anche "very
smooth" (gli americani dicono così, vero?), insomma puro godimento che non
si esaurisce prima dei 9.000 giri!!! Quando invece capita di varcare
questa soglia col gas aperto ed in progressione dai regimi inferiori
allora, beh!, conviene aggrapparsi forte al manubrio e sperare che la
gomma non perda aderenza :-) La zona rossa comincia a 10.500 giri, ma non
serve a niente arrivare a questi regimi: figuratevi che non mi è mai
capitato di sollecitare il limitatore. Un altro sintomo della "bastardaggine"
di questo motore si avverte quando, ben oltre i 200 di tachimetro,
continua a fornire una spinta degna di un maniaco assetato di benzina e
moscerini!
L'avviamento a caldo è sempre prontissimo, mentre a freddo c'è da
registrare la scarsa efficacia del comando dell'aria, utile solo nei primi
secondi di avviamento, oltre i quali occorre scaldare il motore tenendolo
su di giri col gas.
PRESTAZIONI
Le capacità di
accelerazione da fermo di una moto esprimono la sua potenza, e in questa
prova la GSX fa la sua bella figura, producendosi inoltre in sgommate e
impennate. Questo impressiona chi la guida, ma è in ripresa che si scopre
il vero carattere di questa grossa quadricilindrica: morbida come il
velluto e feroce come un coccodrillo, aggredisce la strada dinnanzi a sé e
spinge l'indicatore della velocità verso l'alto in modo a dir poco
eccitante.
Ho raggiunto più volte e con estrema facilità i 240 Km./h di tachimetro,
senza avere l'impressione di essere al limite.
CONSUMO
La GSX purtroppo
adora fare indigestione di benzina: se si guida con molto giudizio si può
arrivare a percorrere 16 Km. con un litro di verde; in città, in
autostrada o guidando sportivamente è difficile fare meglio degli 11/l
(con una preoccupante tendenza ai 10...); fuori città si fanno 13-14
Km./l.
Il serbatoio del carburante, a dispetto delle apparenza, contiene solo 18
litri.
TRASMISSIONE
Durante i primi
chilometri, non ho fatto che chiedermi a cosa servisse avere cinque marce
su una moto ricca di coppia come la GSX 1200: ne potrebbero bastare
quattro!
Il cambio preferisce essere utilizzato sportivamente, quindi con tocchi
decisi e tempestivi. Quando si indovina il momento giusto per effettuare
la cambiata, l'operazione risulta veloce e silenziosa; diversamente, il
cambio diventa ruvido rallentando l'operazione. Particolarmente rumorosi i
passaggi folle-prima e terza-seconda.
La prima è piuttosto lunga ed in città capita di percorrere molta strada
in questa marcia; comunque, con le altre marce si riprende sempre
benissimo, anche da meno di 1.000 giri in quinta! La trasmissione finale è
totalmente scevra da strappi; la tensione richiede di essere regolata ogni
3.000 Km., quindi abbastanza frequentemente. La frizione (con comando
idraulico) è pressoché perfetta: modulabile, resistente, affaticante solo
nel traffico più congestionato.
FRENI
Anche su questo fronte la GSX è
soddisfacente. La coppia di dischi da 310 mm è perfetta per l'impiego
stradale, grazie anche alla splendida forcella; anche il disco posteriore
da 240 mm non è da meno: personalmente lo utilizzo parecchio per le
correzioni di traiettoria e per "aiutare" il freno motore, che nonostante
la cubatura è un po' scarso. Le pastiglie frenanti sono durate oltre 7.000
Km. e le ho sostituite con quelle Brembo "verdi", che però producono forti
stridii e non frenano altrettanto bene delle originali; in cambio, costano
esattamente la metà!
ANALISI DINAMICA
Salto subito alle
conclusioni: la GSX 1200 è la moto che fa per me! Facile quando serve,
impegnativa e divertente quando si vuole, versatile. Insomma, con questa
moto mi sento bene, come ai tempi della Ducati, e nei lunghi viaggi
autostradali ho ripreso a cantare dentro il casco... Proprio non mi veniva
con la Transalp, che camminava da sola, completamente per i fatti suoi, e
che esigeva concentrazione solo sui curvoni.
Nell'utilizzo cittadino la GSX se la cava benissimo, grazie alla
maneggevolezza, alle dimensioni non esagerate ed alla dolcezza
dell'insieme motore-trasmissione-freni-sospensioni. Sulle asperità
ravvicinate la classica coppia di ammortizzatori risulta troppo rigida e
poco progressiva, quindi conviene portare al minimo il freno in
compressione; anche affrontando tratti sconnessi ad una certa velocità o
in forte accelerazione gli ammortizzatori vanno in crisi; quest'ultimo
problema sarebbe forse mitigabile aumentando il freno in estensione.
Fuori città, non è stato facile comprenderla appieno. All'inizio,
"sentivo" poco la gomma posteriore e così giravo con la precarica al
minimo; col tempo, ho preso confidenza con la potenza generata dal
propulsore, e nella guida sportiva ho cominciato a desiderare più
sensibilità sull'anteriore, ottenibile semplicemente aumentando la
precarica (e, contemporaneamente, il freno in compressione). Una simile
taratura è conveniente anche quando si trasporta un passeggero. La
taratura più equilibrata resta però quella scelta dal costruttore, ovvero:
compressione 2 su 4, precarica una tacca oltre il minimo (seconda di 5).
La forcella non è regolabile, ma va benissimo così.
Qui in Sicilia ci sono tante meravigliose strade "curvose" e capita
abbastanza spesso di guidare sportivamente. Le mie strade preferite sono
sempre state quelle di montagna (solo in salita, però!) ed in questi
frangenti la moto, per me, è perfetta: il mio stile di guida privilegia le
fasi dell'inserimento e dell'uscita di curva, sacrificando in parte la
velocità e la piega pura al centro della curva, e questa moto mi permette
di fare delle gran staccatone per poi riprendere con forza. Certo, così è
stancante, perché il peso si sente (220 Kg senza benzina), ma il
divertimento è assicurato!!! Per mantenere il motore nell'arco di giri
ideale, quasi sempre è sufficiente lasciare innestata la seconda marcia.
Anche in autostrada si va benissimo: la stabilità è ottima, i sorpassi
sono sicuri, la sensibilità al vento laterale è molto ridotta; l'assenza
di protezione aerodinamica, se da un canto impedisce di viaggiare a lungo
oltre i 140 di strumento, elimina del tutto le turbolenze spesso innescate
dalle carenature.
Le gomme di primo equipaggiamento sono le Bridgestone Battlax; le ho
trovate piuttosto sincere, ma in curva presentano un certo effetto
autoraddrizzante quando si toccano i freni e non digeriscono le giunzioni
longitudinali dell'asfalto. La durata, di oltre 9.000 Km. (così
distribuiti: 50% strade extraurbane, 25% autostrada, 25% città), è da
considerarsi discreta. Le ho sostituite con le Pirelli Dragon GTS,
versione sport-touring delle Dragon Evo; le prime impressioni sono
positive: in particolare, aumentano la stabilità, annullano l'effetto
auto-raddrizzante in frenata e rispondono più rigidamente delle
Bridgestone alle irregolarità dell'asfalto.