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INDICE ORIGINALE DELL'ARGOMENTO |
Iniziamo a vedere cosa realmente viene fatto a chi OGGI si
ammala di cancro. Nella stragrande maggioranza dei casi si usano, dove è
possibile, unicamente tre metodi: l'asportazione chirurgica, la chemioterapia e
l'irradiazione. Il primo rimedio è del tutto inutile, perché il tumore non è che
lo stadio finale e più visibile di una situazione patologica che coinvolge tutto
l'organismo. Pertanto, dopo l'asportazione, la recidiva è quasi la regola, in
quanto le difese del paziente saranno ulteriormente indebolite dal trauma delle
ferite, dall'intossicazione dell'anestesia, dagli antibiotici e dagli altri
medicinali. Gli altri due metodi si basano sul fatto che le cellule cancerose
sono più deboli di quelle sane, pertanto, sotto l'azione di veleni o di
radiazioni ionizzanti, sono le prime a morire. Questa constatazione porta però a
una delle pratiche più insensate della storia della medicina: avvelenare
ed irradiare il paziente per guarirlo! Anche la persona meno informata, riesce a
comprendere che guarigione significa miglioramento della salute. Nessuno pensa
che l'inquinamento, gli esperimenti atomici o l'incidente di Chernobyl siano i
provvidenziali vantaggi dei nostri tempi per mantenerci sani. Nei fatti, anche
con la chemioterapia e l'irradiazione, dopo un iniziale, apparente successo, il
malato, con il sistema immunitario massacrato, indebolito nel corpo e nella
mente, svilupperà generalmente in breve tempo un nuovo tumore, questa volta
ancor più difficile da curare. Eppure, specialmente negli ultimi mesi, in
occasione dei vari dibattiti sulla cura Di Bella, avrete sentito fior di
luminari, illustri primari, grandi ricercatori, sostenere che le critiche alle
attuali terapie oncologiche non hanno ragione di esistere, che la medicina ha
fatto enormi passi in avanti, che le percentuali di guarigione sono già oggi
nell'ordine del 50% e che tale percentuale è in fase di crescita. In
conclusione, la medicina sta facendo il proprio dovere ed i soldi assegnati alla
ricerca hanno dato i frutti sperati.
Nella prima edizione di questo dossier,
vi abbiamo presentato decine di articoli, tratti dai principali quotidiani e
settimanali italiani, in cui si presentavano grandi scoperte contro il cancro ed
alte percentuali di guarigione che verrebbero assicurate dall'impiego di nuove
sostanze antitumorali. Vi citiamo semplicemente i titoli, gli articoli questa
volta ve li risparmiamo; d'altronde in due anni ne avremmo potuti raccogliere di
nuovi, così come avremmo potuto presentarvi quelli di cinque o dieci anni fa. Il
tono sarebbe stato sempre lo stesso: la ricerca sta facendo grandi
progressi.
- Il Giorno, 22 aprile 1993. Presentato
all'ospedale di Niguarda un rivoluzionario sistema. Lotta contro il cancro:
tempi ridotti, cure più efficaci e riduzione dei ricoveri.
-
L'Espresso, 25 aprile 1993. Due vaccini antitumore creati in
Inghilterra.
- Notiziario A.I.R.C., ottobre 1995. Radiazioni e
tumori: il futuro è l'adroterapia.
- Medical Tribune n. 2, 20 gennaio
1992. Vaccino anticancro.
- Medical Tribune n. 32, 19 ottobre
1992. Cellule LAK e TIL all'attacco del tumore.
- La Stampa
TuttoScienze, 12 gennaio 1994. Tumore, ti rigetto. Autodifesa con vaccini
sperimentali.
- Come stai, News, ottobre 1996. Contro il
melanoma si sperimenta un vaccino.
- La Stampa TuttoScienze, 11 agosto
1993. Due geni antitumore.
- La Repubblica-Salute, 7 novembre
1996. Cancro un nuovo farmaco.
- Minerva Medica vol. 84,
1993. Antitumorali: il nuovo farmaco vince anche i resistenti.
-
Corriere della Sera Inserto Salute, 17 giugno 1991. Prodotto in
laboratorio l'anticancro del tasso.
- Medical Tribune, n. 37 23
novembre 1992. Dalle foglie di Taxus l'arma antitumorale.
-
L'Unità, 31 marzo 1993. Una sostanza ingabbia le cellule
tumorali.
- La Repubblica-Salute, 26 settembre 1996. Quella
vitamina combatte i tumori.
Vediamo ora quali sono, in realtà, i
grandi progressi che da alcuni anni la scienza sta compiendo nel campo della
lotta ai tumori.
Riunione del settembre 1994 del President's Cancer Panel
"Tutto sommato, i resoconti sui grandi successi contro il cancro, devono essere
messi a confronto con questi dati" aveva detto Bailar, indicando un semplice
grafico che mostrava un netto e continuo aumento della mortalità per cancro
negli Stati Uniti dal 1950 al 1990. "Torno a concludere, come feci sette anni
fa, che i nostri vent'anni di guerra al cancro sono stati un fallimento su
tutta la linea. Grazie."
Chi è questo personaggio che esprime idee
così eretiche, un medico alternativo? Un ciarlatano, come è stato definito Di
Bella? Un guaritore che approfitta dei poveri malati? Uno che non conosce le
percentuali di guarigione?
Niente di tutto questo. Risulta difficile definire
ciarlatano o incompetente, John C. Bailar III, insigne professore di
epidemiologia e biostatistica alla Mc Gill University, uno dei più famosi
esperti di oncologia degli Stati Uniti e dell'intero pianeta. Non parlava del
resto ad una platea di sprovveduti; il President's Cancer Panel è nato in
conseguenza del National Cancer Act, un programma di lotta contro il cancro,
firmato dal presidente americano Richard Nixon il 23 dicembre 1971 e per cui si
sono spesi fino al 1994 ben 25 miliardi di dollari. I dati relativi alla
situazione della lotta al cancro vengono forniti direttamente al Presidente
degli Stati Uniti.
La conclusione principale di Bailar, con cui l'NCI
(National Cancer Institute) concorda, è che la mortalità per cancro negli Stati
Uniti è aumentata del 7% dal 1975 al 1990. Come tutte quelle citate da Bailar,
questa cifra è stata corretta per compensare il cambiamento nelle dimensioni e
nella composizione della popolazione rispetto all'età, cosicché l'aumento non
può essere attribuito al fatto che si muore meno frequentemente per altre
malattie.
La mortalità è diminuita per tumori quali quelli del colon e del
retto, dello stomaco, dell'utero, della vescica, delle ossa, della cistifellea e
dei testicoli. La mortalità per cancro nei bambini si è quasi dimezzata fra il
1973 e il 1989, in gran parte grazie alle migliori terapie. Tuttavia, dato che i
tumori infantili erano comunque rari, questo miglioramento - e quello più lieve
registrato nei giovani adulti - ha avuto solo un effetto assai ridotto sul
quadro generale. In totale, gli incrementi della mortalità per cancro sono
circa il doppio delle riduzioni.
Edward J. Sondik, esperto di statistica
dell'NCI, sostiene che vi sarebbe un aumento di oltre il 100 per cento dei casi
di cancro del polmone nelle donne fra il 1973 e il 1990. Anche il melanoma e il
cancro della prostata hanno avuto incrementi considerevoli, di oltre l'80 per
cento, in quel periodo. L'elenco delle patologie la cui incidenza sembra in
aumento comprende anche il linfoma non-Hodgkin, il mieloma multiplo e i
carcinomi della mammella, del rene, del fegato e del cervello. Sondik ha
concluso che l'incidenza totale del cancro è aumentata del 18 per cento fra il
1973 e il 1990. Secondo l'NCI alcuni tumori infantili, fra cui la leucemia
linfocitaria acuta e i tumori del cervello e del sistema nervoso, stanno
diventando più comuni.
"Nessun esperto del settore può continuare a credere
che dietro l'angolo vi sia necessariamente tutta una serie di magnifiche terapie
contro il cancro in attesa di essere scoperte" asserisce Bailar ribadendo di
averne abbastanza della continua sfilata di notizie sensazionali che fanno
credere che una cura risolutiva stia per essere messa a punto.
Le
chemioterapie esistenti, nonostante i progressi, sono ancora armi a doppio
taglio. Alcuni dei trattamenti per il linfoma e la leucemia inducono altri
tumori, dopo il completamento della terapia per la malattia originaria. Nel 1984
l'NCI proclamò con grande risonanza che si proponeva l'obiettivo "raggiungibile"
di dimezzare le morti per cancro (rispetto al 1980) entro il 2000. Da allora
l'istituto non ha fatto commenti sul fatto che l'obiettivo si è andato sempre
più allontanando di anno in anno.
Bailar: "E se non fossero possibili
ulteriori progressi significativi con la chemioterapia? E' da anni che ci diamo
da fare, ma non è così che si risolverà il problema del cancro ... Gli
oppositori stanno attaccando uno studio sulla prevenzione del cancro della
mammella con tamoxifen, perché si sa che questa sostanza induce tumori epatici e
dell'endometrio." (La speranza è che il tamoxifen prevenga più tumori di
quanti ne causi. n.d.a.)
Tratto da "Evaluating the National Cancer
Program: An Ongoing Process. President's Cancer Panel Meeting, September 22,
1993. National Cancer Institute, Bethesda, Md, 1994".
Pubblicato su LE
SCIENZE, n° 307, marzo 1994.
Non notate una "leggera" disparità tra i
dati che avete letto ora e le statistiche trionfalistiche che avete sentito dai
famosi clinici italiani? Forse può dipendere dal lasso di tempo intercorso, in
fondo questi dati risalgono al 1993, magari la situazione è notevolmente
migliorata.
Vediamo allora cosa afferma Bailar nel 1997 su New England
Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste mediche a livello
mondiale. "La guerra contro il cancro è lontana dall'essere vinta.
L'efficacia dei nuovi trattamenti contro il cancro sulla mortalità è molto
deludente." Il Giornale - Inchiesta sul cancro n° 1.
Se non siete
ancora convinti, o semplicemente desiderate ulteriori dati, eccone altri
due.
Il primo è la vasta indagine condotta per 23 anni dal Prof. Hardin B.
Jones, fisiologo presso l'Università della California, e presentata nel 1975 al
Congresso di Cancerologia, presso l'Università di Barkeley. Oltre a denunciare
l'uso di statistiche falsificate, egli prova che i cancerosi che non si
sottopongono alle tre terapie canoniche sopravvivono più a lungo o almeno quanto
chi riceve queste terapie. Come dimostra Jones, le malate di cancro al seno che
hanno rifiutato le terapie tradizionali, mostrano una sopravvivenza media di 12
anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da coloro che
si sono invece sottoposte alle cure complete.
Il secondo caso riguarda
uno studio condotto da quattro ricercatori inglesi, pubblicato su una delle più
importanti riviste mediche al mondo: The Lancet del 13-12-1975 e che
riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi. La vita
media di quelli trattati con chemioterapia completa fu di 75 giorni, mentre
quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di
220 giorni.
Anche se sono passati vent'anni e le sostanze usate in
chemioterapia sono molto diverse, è ragionevole pensare che oggi delle ricerche
simili darebbero gli stessi risultati, se non peggiori; infatti, da allora, le
morti per cancro sono ulteriormente aumentate.