.: Interviste - I sogni :.

Il mio attuale sogno è quello di poter realizzare un cartone animato

Mi ispiro alla realtà per le storie che scrivo. Per esempio, tempo fa ho scritto un racconto nel quale un criminale viene catturato perché era rimasto intrappolato da un air-bag della macchina. Prima di usufruire delle situazioni che vedo nella realtà, cerco di immagazzinarne diverse per avere maggiore scelta quando poi dovrò usarle. L’ideale sarebbe quello di poter usare automaticamente le tante cose viste e immagazzinate perché è meno difficile che farsi venire delle idee originali(ride).Quando disegnavo City Hunter, una volta all’ anno mi veniva voglia di interromperne la pubblicazione; potrei definire questa situazione come una specie di influenza che mi colpisce ogni anno (ride).Ecco perché dopo tante puntate pubblicate in questi lunghi anni, scrivo anche racconti abbastanza seri, e quindi mi viene voglia di smettere di disegnare. E’ successo anche quando ho parlato di Ryo, e anche quando ho raccontato del duello tra Ryo e Unibozu: è proprio per quella storia che pensavo di essere arrivato a fare l’ultimo episodio (ride). Però da tante parti mi giungono segnali contrari. Per esempio i lettori e lo staff che produce il cartone animato mi chiedono di continuare, e così senza accorgermene la mia influenza annuale se ne va (ride). Mentre scrivo una storia cerco il più possibile di non uccidere i personaggi. Questo perché non voglio dare l’idea che quello sia il mio concetto di fare giustizia, anche se effettivamente la cosa sembrerebbe un po’ ipocrita. Posso dire  che non voglio definire in modo troppo netto ogni cosa che descrivo nei fumetti; cerco di dare a ogni situazione o a ogni personaggio diverse sfaccettature. Quando Cat’s Eye e City Hunter sono diventati cartoni animati mi sono sentito molto felice, perché l’animazione mi è sempre piaciuta, e all’università ne realizzavo qualcuna da solo. A dire la verità, un giorno vorrei fare un cartone animato vero e proprio. Per quell’occasione vorrei scrivere un racconto che abbia un lieto fine, ma che lasciasse un senso di tristezza interiore: insomma un cartone animato con un finale un po’ diversi dagli altri. Se avessi la possibilità di fare un cartone animato mi piacerebbe lavorare in uno studio. E’ impossibile che io riesca a fare un lavoro di questo genere tutto da solo perché non conosco tutte le problematiche. Vorrei comunque fare qualcosa che io possa gestire personalmente, tipo fare i disegni base.

 

L'intervista è tratta dall'edizione italiana dell'Illustration Book di Tsukasa Hojo, edito in Giappone nel 1991 ed edito in Italia dalla Star Comics

 

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