Anno 2 Numero 56 Mercoledì 30.04.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati
 

RICERCA: TRAGUARDO 3% PIL
PROIBITIVO PER ITALIA

www.cnr.it

Secondo uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) la percentuale del pil destinata a Ricerca e Sviluppo è scesa dall’1,07% del 2000 all’1,04% del 2002: uno scenario che allontana il traguardo del 3% nel 2010 fissato dai Capi di Stato e di Governo a Barcellona. 
In base alle previsioni dello studio l’Italia potrebbe raggiungere alla fine del decennio l’1,6%.

L’obiettivo del 3% del prodotto interno lordo (pil) destinato a Ricerca e Sviluppo (R&S) potrebbe essere una chimera per l’Italia. A stemperare l’entusiamo provocato dall’idea che il nostro Paese possa fornire il contributo necessario per realizzare una Maastricht della ricerca è uno studio condotto da Giorgio Sirilli, dell’Istituto di Studi Socio-Economici sulla Innovazione e le Politiche della Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma (ISPRI-CNR).
Secondo l’impegno assunto dai Capi di Stato e di Governo a Barcellona nel 2002, l’Europa dovrebbe destinare entro il 2010 il 3% del pil a questo settore, con il vincolo di 2/3 finanziati dalle imprese. Ma allo stato attuale gli ostacoli per l’Italia sembrano insormontabili: “Secondo i nostri calcoli – spiega Sirilli – per raggiungere quell’obiettivo il settore pubblico dovrebbe crescere ad un ritmo del 9% annuo, mentre quello privato del 18%. Uno scenario davvero proibitivo, se consideriamo che dalla percentuale ufficiale dell’1,07 del pil, misurata sui dati Istat 2000, secondo le nostre proiezioni nel 2002 siamo scesi all’1,04%”.
Un calo sul quale ha inciso tanto il settore pubblico quanto quello privato, e che dimostra come il Paese, già oggi fanalino di coda in Europa, abbia già perso due anni utili sulla tabellina di marcia di Barcellona: “Ad ostacolare il nostro cammino – sottolinea il ricercatore del CNR – sono soprattutto fattori di debolezza strutturale del sistema dell’innovazione tecnologica: dalla scarsità di ricercatori e di dottori di ricerca ai vincoli del bilancio pubblico, fino alla ridotta propensione ad investire in ricerca del settore delle imprese”. 
Ma se il 3% costituisce molto probabilmente un’utopia, il nostro Paese potrebbe arrivare nel 2010 all’1,6% del pil: “Pubblico e privato – conclude Sirilli - dovrebbero incrementare il finanziamento alla ricerca del 6% annuo, e dovrebbero soprattutto aumentare del 50% la spesa per i ricercatori, restituendo alla carriera scientifica prestigio e capacità di attrarre i migliori talenti”. 

 

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