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INAF-Osservatorio
Astronomico di Padova in Asiago
La prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature dedica
ampio spazio e la copertina del numero del 27 Marzo alla
spettacolare esplosione, studiata con il Telescopio Spaziale Hubble, di una delle stelle piu'
misteriose della nostra galassia.
Alla importante scoperta ha partecipato anche un astronomo
dell'Osservatorio di Padova in Asiago.
Quando nella notte dell'Epifania del 2002 è
stata notata l'esplosione di una debole stellina con l'anonimo
nome GSC-04822-00039 nessuno avrebbe presagito che questo sarebbe
divenuto uno degli eventi più spettacolari nella nostra galassia
nel corso degli ultimi decenni. Successivamente vari telescopi di
tutto il mondo hanno iniziato a seguirne intensivamente
l'evoluzione per interpretare la natura del fenomeno: uno dei
primi è stato il telescopio Copernico di 1.82 metri in Asiago
utilizzato dal gruppo di ricerca guidato dal prof. Ulisse Munari
dell'Istituto Nazionale di Astrofisica-Osservatorio Astronomico di
Padova. Ribattezzata V838 Mon dopo l'esplosione, la stella che si
trova a 20 mila anni luce da noi, è stata studiata in modo
particolare con il Telescopio Spaziale Hubble da un gruppo
internazionale di ricercatori del quale fa parte anche il prof.
Munari. Ai risultati spettacolari ottenuti con l'Hubble, Nature
dedica un importante articolo e la copertina del numero del 27
Marzo.
Posta nella costellazione invernale dell'Unicorno (Monoceros) la
stella, a seguito dell'esplosione, è divenuta almeno 600 mila
volte più luminosa, diventando per alcuni mesi la stella
intrinsecamente più brillante di tutta la Galassia.
Ma perché questo fenomeno è così straordinario?
"Ciò che ha reso il presente un evento unico è stata la
concomitanza di più fatti eccezionali: più la stella cresceva in
luminosità più diventava fredda, proprio il contrario di ciò
che succede ad esempio nelle esplosioni delle stelle novae,
inoltre ha manifestato temperature e spettri che si osservano solo
nelle nane brune (stelle mancate poco più grandi di un pianeta,
mentre qui parliamo di una stella che ha raggiunto un diametro
2000 volte quello del Sole) e infine la scoperta nel Febbraio 2002
che ho fatto assieme ad Arne Henden, dell'Osservatorio Astronomico
della Marina degli Stati Uniti, della formazione ed espansione di
uno spettacolare eco di luce" racconta il prof. Munari.
Questo è il primo eco di luce che viene scoperto nella nostra
Galassia in quasi un secolo. "Esattamente come una
montagna riflette verso l'ascoltatore suoni intensi che si
sviluppino in valle, allo stesso modo le polveri attorno a V838
Mon riflettono verso di noi la luce dell'esplosione della stella
che è al centro. Analogamente al lampo di un flash, la luce
dell'esplosione viaggia attraverso le polveri circumstellari e
illumina via via strati sempre più esterni. L'immagine
tridimensionale che se ne ottiene nel tempo è analoga a quella di
una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) di un organo del corpo
umano" continua il prof. Munari.
L'eco di luce ha raggiunto ora una dimensione pari a 10 mila
miliardi di chilometri che, alla enorme distanza di V838 Mon da
noi (20 mila anni luce), sottintendono in cielo un diametro
angolare pari a due volte quello del pianeta Giove, rendendosi
quindi ora facilmente visibile anche ai telescopi amatoriali
equipaggiati con camere CCD.
Da notare che il materiale circumstellare illuminato dall'eco di
luce non è materiale espulso durante l'esplosione ma quanto
probabilmente rilasciato nei 10 mila anni precedenti della stella
ora esplosa. Questa fase non è generalmente osservabile nelle
stelle normali poiché il materiale disperso nelle ultime fasi
della loro vita si allontana molto dalla stella centrale prima che
questa diventi calda a sufficienza da eccitarlo e renderlo
autonomamente luminoso per un effetto non dissimile da quanto
avviene in un tubo al neon nelle nostre case.
"Un'esperienza pazzesca! Ogni nuova osservazione che
riuscivamo ad ottenere nell'ultravioletto, ottico od infrarosso,
non portava a capire meglio cosa stava succendo ma ad
ingarbugliare sempre di più il quadro della situazione con fatti
in evidente contrasto tra loro. Dovremo lavorarci per anni ancora
per riuscire a capire bene cosa possa essere successo il quel
remoto angolo della nostra Galassia! Ci aiuterà in questo il
proseguire delle osservazioni (con Hubble e da terra) anche nei
prossimi anni finché l'eco di luce della esplosione centrale non
avrà raggiunto il limite delle polveri circumstellari e,
oltrepassandole, le farà ripiombare nell'oscurità cosmica
sottraendole alla nostra osservazione" conclude il prof.
Munari.
L'esplosione catastrofica della stella ha riversato nello spazio
interstellare molti elementi chimici pesanti ed altri inattesi,
come enormi quantità di ossido di alluminio, che andranno ad
arricchire il mezzo interstellare medesimo dal quale in futuro
nasceranno nuove stelle, in un ciclo che dura ininterottamente
dalla nascita dell'Universo.
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Nell'immagine sopra sono raccolte quattro osservazioni dell'eco
di luce di V838 Mon effettuate con il telescopio spaziale Hubble in
date diverse (30 Aprile, 20 Maggio, 2 Settembre e 28 Ottobre 2002).
Le immagini sono disponibili anche singolarmente (vedi sotto). Si
noti l'espansione dell'eco di luce in relazione alle stelle del
campo. Cortesia NASA, ESA e H.E. Bond (STScI) [51 kB].
30 Aprile 2002
[156 kB]
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20 Maggio 2002
[169 kB]
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2 Settembre 2002
[203 kB]
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28 Ottobre 2002
[277 kB]
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V838 Mon prima e durante l'esplosione.
Cortesia NASA, USNO, AAO e Z. Levay (STScI) [38kB]
Animazioni dell'espansione dell'eco di luce, dell'eplosione della
stella centrale (con la compagna binaria che le ruota attorno) e del
meccanismo di propagazione dell'eco di luce. Cortesia NASA, G. Bacon
e L. Barranger.
Oltre a U.Munari,
i componenti del team HST sono:
H.E. Bond, Z. Levay, N.Panagia, W.Sparks (STScI, USA), A. Henden (USRA/USNO, USA),
S. Starrfield (Arizona State Univ., USA), R.M. Wagner (LBTO, Arizona, USA) e
R.L.M. Corradi (ING, Canarie)
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