si
era pensato ai mudflows causati da depositi sprofondati
di ghiaccio permanente, al fluire di acqua sotterranea o allo
scioglimento di ghiaccio appena sotto la superficie. La
comunità scientifica resta tuttavia molto perplessa su queste
ipotesi sia perché il pianeta è notevolmente freddo e sia
perché, da tutte le osservazioni fino ad oggi compiute, il
suolo marziano risulta perfettamente asciutto. Tenuto conto
delle attuali condizioni climatiche di Marte (pressione media
di sei millibar e temperatura compresa tra -123 e +22 °C
secondo le zone e le stagioni), la maggior parte dei
ricercatori concorda nel ritenere plausibile la presenza di
acqua allo stato liquido solo all'interno di profonde gole,
come quelle presenti nella regione dei canyon di Vallis
Marineris.
Come risolvere quindi il dilemma?
E' di questi giorni la pubblicazione, sulla prestigiosa
rivista Nature di una nuova ipotesi sviluppata sulla base di
accurate osservazioni del cratere da impatto Martian; a
proporla è il geologo Philip Christensen dell'università
statale dell'Arizona. Secondo lo studioso i profondi burroni
non sarebbero altro che canali di scolo prodotti dallo
scioglimento di nevi presenti ciclicamente sulla superficie
marziana. L'origine di questa fenomeno potrebbe essere legata
alle oscillazione dell'asse di rotazione del pianeta rosso
rispetto all'eclittica. Studi sul moto di Marte indicano,
infatti, che l'asse di rotazione del pianeta oscillerebbe di
circa venti gradi in un periodo compreso tra centomila e un
milione di anni. Secondo Christensen nella fase in cui l'asse
di rotazione raggiunge la massima inclinazione e i poli sono
investiti direttamente dai raggi solari, la maggior parte dei
ghiacci evaporerebbe. Il vapore acqueo, spinto dai venti,
raggiungerebbe lentamente le latitudini medie dove si
trasformerebbe in neve. Nella fase successiva, nel corso della
quale l'asse di rotazione è meno inclinato e il sole illumina
più direttamente le latitudini medie, gran parte della neve
si scioglierebbe. Goccia dopo goccia, l'acqua avrebbe così
scavato le lunghe e profonde scanalature in cima ai crateri
del pianeta e originato i movimenti di detriti sui relativi
pendii.
Da almeno 500.000 anni il pianeta starebbe attraversando
quest'ultima fase, con la neve ormai completamente sciolta
alle medie latitudini e la superficie perfettamente asciutta.
Di un oceano esistito milioni e milioni di anni fa resta un
gigantesco deposito di ghiacci a pochi centimetri sotto la
superficie delle regioni polari, come ha rilevato la Odissey
esattamente lo scorso anno.
Se questa ipotesi troverà riscontro, le probabilità di
trovare possibili habitat per la vita, aumenterà
considerevolmente.
*Osservatorio
Astronomico - Bologna
deblasi@bo.astro.it
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