Anno 2 Numero 52 Mercoledì 02.04.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati
 

 


Planck

Planck è un satellite ESA dedicato alla Cosmologia e all’Astrofisica che sarà lanciato nel 2007. Gli obiettivi primari della missione sono molto ambiziosi dovendo contribuire a rispondere a domande fondamentali per l’uomo quali: 

o Come si è formato l’Universo e qual è la sua età, 
o Di che tipo di materia ed energia è costituito; cos’è la materia oscura che compone circa il 30% dell’Universo, esiste l’energia oscura? 
o Come evolverà l’Universo nel futuro? Continuerà ad espandersi per sempre oppure l’espansione si invertirà ed avrà inizio una fase di collasso 
o In che modo si sono formate le strutture cosmiche dalle deboli fluttuazioni di densità presenti dopo il Big Bang?

Per raggiungere i sui scopi Planck dovrà esaminare, con un dettaglio mai raggiunto in precedenza, la prima luce che ha potuto diffondersi liberamente e pervadere l’Universo dopo il Big Bang: la radiazione fossile a microonde nota come il Cosmic Microwave Background (CMB). In particolare osserverà e misurerà variazioni di flusso provenienti da parti diverse del cosmo che differiscono dall’intensità media di solo di qualche parte per milione. Sono queste microscopiche fluttuazioni che, opportunamente analizzate ed interpretate, forniscono informazioni importanti sulle condizioni dell’universo nei primissimi stadi della sua evoluzione. 

Planck è alto 3.5 m ed è largo 4.5 metri, ha a bordo un telescopio dotato di uno specchio delle dimensioni di 1.5 m che focalizzerà la radiazione su due gruppi di strumenti molto sensibili. Planck sarà lanciato con un Ariane-5, assieme ad un altro satellite ESA chiamato Herschel e che sarà dedicato all’astrofisica nella banda infra-rossa. Planck sarà posizionato alla distanza di circa 1.5 milioni di chilometri dalla terra dove potrà eludere l’emissione terrestre e potrà misurare la radiazione cosmica a microonde con l’accuratezza necessaria per un periodo previsto di circa 1.5 anni. Per evitare che l’emissione dovuta al calore dei materiali del satellite stesso sia più grande del segnale cosmico che si vuole misurare, gli strumenti di bordo dovranno operare a temperature bassissime, vicine allo zero assoluto, la temperatura più bassa raggiungibile e pari a circa –273 gradi centigradi.

L’Italia contribuisce alla missione Planck tramite l’ESA e partecipando direttamente alla costruzione dei due strumenti di bordo: il Low Frequency Instrument (LFI) e, con un impegno economico inferiore, l’High Frequency Instrument (HFI). 

(http://sci.esa.int/planck/, http://astro.estec.esa.nl/SA-general/Projects/Planck/ )
Principal Investigator LFI Dr. Nazzareno Mandolesi – IASF/CNR sezione di Bologna
Principal Investigator HFI Prof.Paolo de Bernardis – Università la Sapienza, Roma
Team industriali italiani Laben S.p.A., Galileo Avionica


Lo strumento LFI






È lo strumento di bassa frequenza che opera nelle bande centrate alla frequenze di 30, 44 e 70 GHz, pari alle lunghezze d’onda di 10, 7 e 4,3 millimetri. E’ costituito da diversi ricevitori radio posizionati nel piano focale del telescopio. La temperatura di esercizio di questi strumenti è di 20 gradi Kelvin (-253 gradi centigradi) che permette di contenere il rumore sistematico entro valori molto bassi (meno di 3 micro Kelvin) permettendo di raggiungere il livello di sensibilità richiesta dalle misure scientifiche. Questo strumento è progettato e costruito da un consorzio di istituti scientifici europei, in collaborazione con l’industria nazionale, guidato dal Principal Investigator italiano Nazzareno Mandolesi. 


Lo Strumento HFI 





Lo strumento di alta frequenza, HFI, opera a frequenze comprese tra 130 e 1000 GHz (pari a lunghezze d’onda di 2.3 e 0.3 millimetri). Il sistema di rivelazione è basato su degli strumenti chiamati bolometri, anch’essi posizionati nel piano focale del telscopio, e che operano a temperature estremamente basse, solo una frazione di un grado Kelvin. HFI viene costruito da un consorzio internazionale costituito da 25 istituti di 8 nazioni guidato da J.-L. Puget. Il responsabile del team scientifico italiano è Paolo de Bernardis.


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