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Ragioni economiche per la conservazione delle aree protette
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Le ragioni economiche per la conservazione della natura non riguardano piu’ solo quelle a cui normalmente siamo abituati a pensare e cioe’ il calcolo dei beni economici che la tutela di un’area protetta puo’ produrre per le comunita’ locali con l’indotto economico che ne deriva, dovuto alla bellezza e salubrita’ dei luoghi e quindi, per fare qualche esempio, al turismo qualificato, all’avvio delle cooperative di giovani che offrono servizi di guida ed escursionismo, alla vendita dei prodotti tipici ecc.
Da vari anni illustri ecologi ed economisti sempre piu’ coinvolti sul fronte ecologico (insieme hanno costituito una societa’ scientifica internazionale di altissimo valore e prestigio, l’International Society for Ecological Economics – ISEE - ) hanno iniziato a mettere a punto metodi di calcolo per quantificare, nell’ambito dell’economia tradizionale, il valore economico dei “servizi” che gli ecosistemi naturali, mantenuti nelle loro dinamiche evolutive naturali (e nelle aree protette e’ presente una significativa concentrazione di queste aree), forniscono alla nostra specie.
Si tratta, ad esempio, della regolazione del clima, della produzione della fotosintesi, della formazione e rigenerazione del suolo, del rinnovamento del ciclo idrico, del mantenimento della composizione chimica dell’atmosfera, della formazione e del mantenimento dei cicli dei nutrienti dei servizi derivanti dall’utilizzo della ricchissima biodiversita’ planetaria (senza la quale non vi sarebbe agricoltura, pesca, utilizzo del legname, nonche’, ad esempio, molte sostanze fondamentali per l’industria, per la farmaceutica ecc.), oltre a quelli, ancora piu’ difficili da valutare, di tipo estetico e culturale.
Lo studio dei servizi degli ecosistemi e’ quindi divenuta una grande priorita’ negli studi dell’Economia Ecologica ed un team di studiosi di fama, capitanati da Robert Costanza, un pioniere di queste ricerche che oggi dirige il Gund Institute for Ecological Economics all’Universita’ del Vermont, ha pubblicato un lavoro molto famoso sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica “Nature” nel 1997, fornendo un primo dato globale sulla stima economica dei servizi degli ecosistemi, calcolati su 17 servizi in 16 biomi con un valore annuale che varia tra i 16.000 ed i 54.000 miliardi di dollari (con una media valutata in 33.000 miliardi di dollari annui) .
Nonostante la vitale importanza dei benefici della natura la pressione umana sull’ambiente diventa sempre più forte ed e’ confermata dai piu’ autorevoli studi delle maggiori ricerche internazionali (quali quelle che afferiscono all’Earth System Science Partnership dell’International Council for Science).
Questo in parte, può essere spiegato perché il loro “valore” non viene considerato nell’economia tradizionale e vi sono difficolta’ nel quantificarlo seguendo le leggi del mercato (anche se gli avanzamenti concettuali ed operativi dell’Economia Ecologica stanno ormai contribuendo notevolmente in questo ambito e quindi non vi dovrebbero essere piu’ “scuse” di ignoranza in merito) .
Per quantificare economicamente il valore della natura sono stai presi come parametri: la stima incrociata del valore marginale dei beni e dei servizi offerti dalla biomassa quando e’ in condizioni di dinamicita’ naturale e quando e’ trasformata dall’intervento dell’uomo.
I casi studiati sono numerosi più di 300.
Un gruppo di autorevoli studiosi ha analizzato alcuni esempi quali:
la foresta tropicale in Malaysia
la foresta tropicale in Cameroon
il sistema di mangrovie in Thailandia
le zone umide in Canada
la barriera corallina nelle Filippine
In termini economici i casi studio che prendiamo in considerazione dimostrano, senza ombra di dubbio, che il pianeta sta perdendo i suoi ecosistemi nonostante il loro enorme valore rispetto alla società umana.
Una delle ragioni di questa continua distruzione è proprio la mancanza di informazioni e la mancanza di valutazione dell’impatto dell’uomo.
Inoltre, gli interventi di privatizzazione dimostrano come il depauperamento dei suoli conseguente è spesso causa di perdite economiche rilevanti.
Non solo, innescano una logica perversa di erogazione di sussidi (non a caso, definiti appunto “perversi”) che invece di favorire le attivita’ compatibili e sostenibili nei confronti dei sistemi naturali, sovvenziona le attivita’ distruttive per l’ambiente (in campo energetico, infrastrutturale, forestale, agricolo, idrico, ittico) che ammonta annualmente ad una cifra che supera i 2.000 miliardi di dollari.
Le aree protette al mondo sono oggi 100.000 e coprono il 10% della superficie terrestre.
Secondo i calcoli presentati da alcuni studiosi al mondo si spendono 6,5 miliardi di dollari ogni anno per salvaguardare il network delle aree protette e si tratta di una cifra molto al di sotto del necessario.
La cifra necessaria viene stimata tra i 20 ed i 28 miliardi di dollari l’anno
La domanda cruciale è se questo sia un prezzo da pagare
Tutti i dati indicano chiaramente che salvaguardare le Aree Protette sia un ottimo affare.
Infatti il valore dei benefici prodotti è tale da rappresentare un valore annuo tra i 4.400 miliardi e 5.200 miliardi di dollari l’anno.
2 Balmford A. et al., 2002 – Economic Reasons for Conserving Wild Nature – Science, 297; 950 –953.
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