Anno 2 Numero 66 Mercoledì 09.07.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

SICCITA’: L’ITALIA ALLA “GUERRA DELL’ACQUA”,
COLPA DELLA MANCANZA DI POLITICHE COERENTI


PAROLA D’ORDINE: 
GESTIONE INTEGRATA DEI BACINI FLUVIALI

In Italia si stimano prelievi per l’agricoltura di 21-28 miliardi
di metri cubi d’acqua l’anno

www.wwf.it

Roma, 14 luglio 2003 - La crisi dei fiumi italiani è la cartina di tornasole della mancanza di politiche di gestione complessive, del mancato incontro tra le esigenze economiche, ambientali e di fruibilita’. Il WWF chiede da tempo un approccio integrato ai bacini fluviali, l’unico metodo sostenibile di gestire le risorse d’acqua dolce, traendone i benefici e lasciando intatti i processi naturali che ne garantiscono la sopravvivenza. Gestione integrata vuol dire valutare e gestire nel complesso tutti gli usi dell’acqua, a cominciare dal piu’ dispendioso, quello agricolo: per l’Italia si stimano prelievi per l’agricoltura di 21-28 miliardi di metri cubi, e 20-30 per gli altri usi di prelievo. Non si tratta di criminalizzare l’agricoltura, ma di “gestire” la risorsa acqua ben prima delle emergenze che si ripetono con puntualita’, e di impostare un agricoltura sostenibile e meno “idroesigente” ed anche migliorare gli impianti di irrigazione utilizzando le migliori tecnologie disponibili sul mercato. Si spera che, data l’evidenza della crisi, i finanziamenti in campo agricolo siano destinati soprattutto a questo. 

Secondo uno studio del Dipartimento di Ingegneria e Fisica dell’ambiente dell’Universita’ della Basilicata, l’Italia, pur con una distribuzione non uniforme, e’ un paese ricco d’acqua, ma i nostri consumi pro-capite sono tra i piu’ alti al mondo: 50 miliardi di metri cubi l’anno, il 60% dei quali per usi agricoli, il 25% industriali e il 16% per usi civili. “I diversi settori – si legge nello studio - si approvvigionano in genere dalle stesse fonti, per cui, in caso di riduzione di disponibilita’, le occasioni di conflittualita’ sono all’ordine del giorno”. Ecco perche’ e’ necessario mettere in discussione l’agricoltura – in gran parte sostenuta dai sussidi europei, contro i quali il WWF si batte da anni - e la dispersione nelle rete idrica fatiscenti, dove si perde il 27% dell’acqua prima ancora che essa arrivi ai rubinetti.

“Per promuovere forme di gestione sostenibile dell’acqua e dei grandi bacini idrici, il WWF ha avviato da anni una Campagna internazionale, Living Waters Campaign, con l'obiettivo conservare e ripristinare gli ecosistemi di acqua dolce e i loro processi per il beneficio della nostra e delle altre specie viventi – ha dichiarato Gianfranco Bologna, segretario aggiunto WWF Italia - E’ necessario inoltre impostare politiche agricole che favoriscano forme di agricoltura meno idroesigenti, e impostare progetti di manutenzione e rinaturazione del territorio e dei bacini fluviali, come il WWF chiede da tempo per il Po. Nonostante il Governo abbia in cantiere una legge delega che ridisegna la complessiva normativa ambientale, non ha previsto il recepimento della direttiva Cee sulle acque”.

Secondo il Living Planet Report 2002 (un indicatore dello stato degli ecosistemi naturali mondiali pubblicato ogni due anni dal WWF Internazionale) negli ultimi cinquant’anni piu’ del 50% degli habitat acquatici d’Europa sono andati distrutti. L’Italia, sempre secondo il Rapporto, è la terza nazione tra i paesi industrializzati per prelievo d’acqua per persona, con 980 metri cubi pro capite l’anno, dopo Stati Uniti (circa 1.750) e Canada (1.560). Anche negli usi industriali e in agricoltura l'Italia è uno dei paesi che consuma la maggiore quantità di acqua, calcolata per unità di prodotto e per ettaro irrigato. “Acqua destinata, paradossalmente – si legge nel rapporto - , anche a colture tradizionalmente aride come la vite e l'ulivo, e spesso eccedentarie, sostenute dai sussidi dell’Unione Europea”. 

Anche in Italia il WWF conduce da anni una campagna sulla gestione sostenibile dei corsi d’acqua. Un recente dossier ha censito circa 50 fiumi grazie al lavoro dei volontari, e avanzato 50 progetti di riqualificazione che restituirebbero ai fiumi violentati spazio e naturalità, grazie anche all’accordo con i Giovani Imprenditori di Confindustria, il “Patto per i fiumi”. Il risultato del dossier è che i nostri corsi d'acqua sembrano essere considerati soprattutto una risorsa da sfruttare a livello economico per il tornaconto di pochi: ne sono esempio la diffusione incontrollata di piccole centraline idroelettriche o il proliferare delle cave di ghiaia. 

“Se non correremo ai ripari impostando politiche di gestione complessiva della risorsa idrica e dei bacini fluviali, in grado di ridare capacita’ all’ambiente di reagire alle crisi, ci troveremo impreparati rispetto alle crisi ambientali: dopo la siccita’, ci aspettano le alluvioni autunnali”.


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