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Anno 2 Numero 39 Mercoledì 01.01.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Realtà sanitaria nei campi nomadi

 

di Lorella Salce

Da una stima effettuata nel 2001 dall’European Roma Rights Center (ERRC), stima peraltro ostacolata da difficoltà oggettive nella raccolta dati dovuta anche alle caratteristiche di mobilità di alcune comunità zingare, risulta la presenza in Europa di circa 2.280.000-2.600.000 zingari, di cui circa 130.000 sul territorio italiano.
Gli zingari sono svantaggiati in tutta Europa nel campo della salute e le cause di ciò sono complesse e molteplici. 
Tra le principali variabili individuate si riconoscono quelle di natura sociale che in sintesi riguardano: situazioni abitative altamente degradate sia per le comunità nomadi che per quelle sedentarie, povertà oggettiva e scarso livello di istruzione, basso livello di occupazione, pregiudizi e discriminazioni, anche per il loro atteggiamento di separazione dalla società ospite, e infine incapacità dei sistemi sanitari ufficiali di rispondere in maniera adeguata alla esigenze di salute poste da queste comunità.
Tra le aree critiche della salute degli zingari particolare importanza rivestono la mortalità e la morbilità perinatale e neonatale. 
La mortalità perinatale fra gli zingari è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi quindici anni mentre quella dei non zingari è diminuita del 50%.
C’è una differenza significativa nella distribuzione delle cause di morte: fra i non zingari le anomalie congenite sono la causa maggiore di morte nella prima settimana, mentre le infezioni lo sono nel primo mese o primo anno di vita.
Per gli zingari, invece, già nella prima settimana un numero significativo di morti è causato da infezioni e questo aumenta ancora di più con il tempo; anche per i bambini zingari nati prematuri, che poi muoiono nel primo mese, la causa principale di morte è rappresentata dalle infezioni.
Per quanto riguarda il peso alla nascita,uno studio a livello nazionale (anni 1996-1999) ha dimostrato che i bambini zingari sotto i 2500 gr. sono il 15,2% contro il 6,8% dei bambini non zingari. Nel Lazio (tra il 1992 e il 1996) i bambini sottopeso (sotto i 2500 gr.) sono il 15,6% tra gli zingari contro il 5,2% tra i non zingari.
Due recenti studi effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità a Roma (anni 1998-1999) hanno inoltre evidenziato una grave carenza di informazioni da parte delle donne rom sulla possibilità di effettuare una diagnosi prenatale, con un minore utilizzo dei servizi in gravidanza e una sorveglianza prenatale ridotta rispetto alle donne italiane.
Anche tra gli adulti incidono pesantemente sulla salute vari fattori di rischio spesso interconnessi tra loro, tra cui le condizioni igienico-abitative degradate, la povertà, la malnutrizione, l’alcolismo, la mancanza di nozioni di medicina preventiva, che portano nei rom ad una aspettativa di vita nettamente inferiore rispetto alla popolazione italiana.
In uno studio condotto nel 1996 a Milano, veniva rilevato che tra i maschi giovani-adulti (15-44 anni) le patologie cardio-circolatorie rappresentavano il 22,2% dei problemi di salute, seguite dalle patologie dermatologiche e da quelle dell’apparato digerente.
Anche le patologie traumatiche erano molto rappresentate, costituendo l’8,9% dei problemi.
Abbiamo chiesto al Direttore di Medicina preventiva delle migrazioni dell’Istituto San Gallicano, Prof. Aldo Morrone, di raccontarci la sua esperienza.
“A Roma esistono 50 comunità zingare per un totale di circa 4000-5000 persone. Presso la Struttura Complessa di Medicina delle Migrazioni da me diretta stati accolti, visitati e curati negli ultimi 5 anni 2483 zingari provenienti da 6 diversi campi. In oltre il 70% dei casi i pazienti sono arrivati in Ospedale dopo essere stati incontrati nei rispettivi campi di provenienza.
Nella nostra casistica (2483 zingari visitati tra il 1996 e il 2001) abbiamo notato un’alta prevalenza di malattie del cavo orale (50,3%) e di patologie dermatologiche (24,4% scabbia, 20,1% pediculosi, 9,6% tinea capitis, 8,9% tinea corporis), seguite da traumatismi (10,2%) e da patologie gastroenterologiche (6,2% gastriti e duodeniti, 6,1% epatopatie).
Sono emersi anche dati interessanti (e in accordo con statistiche di altri Centri) riguardo all’abitudine all’alcol e all’uso di droghe tra gli zingari a Roma.
Negli ultimi 5 anni si è evidenziato un netto incremento nell’uso e nell’abuso di alcol soprattutto da parte di fasce della popolazione (donne e bambini) che prima ne erano esenti.”
Questo ultimo dato è abbastanza allarmante, infatti il consumo di alcol da parte delle donne anche nel periodo della gravidanza può comportare danni per la salute della donna e del bambino. Gli effetti tossici dell’alcol possono causare l’aborto spontaneo nel primo trimestre, la morte fetale intrauterina tardiva, il ritardo di crescita intrauterino fino alla sindrome feto-alcolica (FAS).
“Un altro dato inquietante che emerge dalla nostra casistica- prosegue il Prof. Aldo Morrone- è la comparsa tra i rom della tossicodipendenza,su 2483 zingari visitati circa 300 facevano uso di eroina e circa 400 di cocaina/crack, fenomeno fino al 1990 completamente assente tra le comunità zingare.
Abbiamo allora chiesto come si potrebbe intervenire, e sempre il Prof. A. Morrone ci risponde: “A nostro avviso le aree di approfondimento su cui concentrare l’attenzione in vista della elaborazione di adeguate strategie di promozione della salute degli zingari sono :
1)l’Area antropologico-culturale; gli operatori devono occuparsi dello studio del concetto di salute e di malattia nei rom per definire meglio gli elementi culturali che ostacolano la comprensione e la accettazione da parte dei rom dei concetti di medicina preventiva, di malattia cronica e di trattamento a lungo termine. Inoltre un approccio antropologico e psicologico si rende necessario per individuare e comprendere le motivazioni di alcuni comportamenti a rischio per la salute come alcolismo e tossicodipendenza.
2) Area medica; cioè interventi focalizzati sulle patologie più frequenti tra le comunità zingare, che come si è detto riguardano il settore materno-infantile per mortalità perinatale e neonatale, parti prematuri, basso peso alla nascita, patologie neonatali, calendario vaccinale inadeguato e le malattie cronico-degenerative e traumatiche.
3) Area sociale; gli interventi devono prendere in considerazione l’analisi dell’habitat in senso lato e delle politiche di integrazione sociale che, se adeguatamente attuate, costituiscono la migliore prevenzione sanitaria, considerando l’evidente indissolubilità tra salute e contesto sociale in cui vivono i rom.
E’ evidente che queste tre aree di intervento sono strettamente interconnesse tra loro, e che per ottenere un migliore accesso degli zingari ai servizi sanitari pubblici ed ai relativi programmi di informazione, prevenzione e cura è necessario essere attrezzati per comprendere un diverso ambito culturale, una diversa organizzazione sociale, un diverso modo di intendere la salute e la malattia.”
Come per tutti gli interventi di prevenzione e promozione della salute nelle cosiddette fasce deboli ( rom, senza fissa dimore, immigrati ecc.), è necessario un approccio multidisciplinare che preveda la collaborazione tra varie figure professionali, medici, psicologi, antropologi, mediatori linguistico-culturali e anche tra strutture sanitarie pubbliche e organizzazioni del privato sociale, che possono operare sul territorio in modo più dinamico ed elastico attraverso interventi sul campo.
“Questo approccio peraltro non può prescindere dalla partecipazione degli zingari nella gestione della loro salute e nella definizione delle priorità; in questo senso riteniamo sia molto importante il lavoro di campo, che attraverso il contatto famiglia per famiglia coinvolga e sensibilizzi in modo capillare le comunità rom.” 

 


 

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