Anno 2 Numero 67 Mercoledì 16.07.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Presentate a Ferrara le scoperte piu’ importanti sull’epilessia La malattia colpisce circa 5 persone su mille e manca una Associazione dei malati


www.unife.it

Dal 21 al 23 giugno, presso il Chiostro di Santa Maria delle Grazie (Istituti Biologici dell’Università di Ferrara) si è tenuto un convegno intitolato "2nd Conference on Epileptogenesis". Il primo Convegno di questa serie si era tenuto a Venezia nel 1999.

L'epilessia - Come è noto, l'epilessia è una delle malattie a più elevato costo sociale e, contemporaneamente, una delle più "nascoste". L'epilessia è estremamente diffusa in tutti i paesi del mondo: in Europa, la sua incidenza è stimata intorno a 5-10 malati ogni 1000 abitanti. La disponibilità di efficaci farmaci antiepilettici consente di controllare le crisi nei due terzi dei casi. Tuttavia, quasi tutti questi farmaci sono gravati da effetti collaterali che in alcuni casi possono compromettere la qualità della vita creando limitazioni nell’ambiente di lavoro e nella vita sociale. Inoltre, l’uso di farmaci antiepilettici in gravidanza impone particolari precauzioni per il rischio di nascita di bambini malformati. Infine, circa un terzo dei pazienti risultano resistenti alla terapia farmacologica: questi pazienti continuano ad avere attacchi epilettici, che precludono loro la conduzione di una vita normale e possono portare a disoccupazione e a discriminazione sociale, con grave impegno di strutture sociali e di risorse. E’ questa una delle ragioni per le quali ancora oggi molti malati di epilessia rimangono "reclusi" nell’ambiente familiare o istituzionale.

Per ulteriori informazioni rivolgersi agli Organizzatori Locali: Prof. Michele Simonato (tel.:0532-291211) e Dott.ssa Silvia Zucchini (tel. 0532-291345).

Il ruolo della ricerca - La ricerca di base, volta all'identificazione dei meccanismi molecolari che sottendono la patologia, potrà condurre all'acquisizione delle conoscenze necessarie per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici mirati non solo al controllo delle crisi ma anche alla prevenzione del processo epilettogeno. Il 2° Convegno sull’Epilettogenesi ha visto la partecipazione di molti fra i maggiori esperti mondiali del settore, e ha rappresentato un momento di confronto e di aggiornamento reciproco al più alto livello. 

L’iniziativa - Questo Convegno aveva lo scopo di consentire uno scambio diretto di informazioni e opinioni fra i maggiori leader mondiali nella ricerca sull’epilessia, attraverso la presentazione e la discussione delle scoperte più recenti in alcuni fondamentali settori di ricerca: 

- ruolo dei parossismi intercritici nell’epilettogenesi;

- alterazioni in canali ionici e recettori causate dall’epilessia; 

- aspetti neuroimmunologici dell’epilessia;

- fenomeni plastici nel tessuto epilettico.

I risultati più significativi presentati al Convegno sono brevemente riassunti di seguito.

Ruolo dei parossismi intercritici nell’epilettogenesi - Durante la sessione si è discusso della importanza di definire e comprendere i meccanismi che determinano l'attività cerebrale che precede l'insorgenza di una crisi epilettica. In particolare sono stati analizzati i "potenziali intercritici" che osservano tra due crisi durante la registrazione dell'elettroencefalogramma in pazienti affetti da epilessia parziale. I dati sperimentali sono stati esaminati in una Tavola Rotonda condotta da Marco de Curtis (Milano) e John Jefferys (Birmingham, Gran Bretagna). Si è concluso che l'attività intercritica potrebbe avere un ruolo protettivo nel prevenire lo scatenamento di una crisi epilettica, e si è convenuto che è necessario rivalutare in modo preciso in quali forme di epilessia questo ipotetico ruolo protettivo si esplica. Sulla base di queste evidenze, sono state pianificate nuove linee di ricerca su modelli sperimentali di epilessia, per esplorare la possibilità di indurre attività intercritica "protettiva" mediante l'uso di stimolatori elettrici simili a quelli utilizzati per curare altre malattie neurologiche (Parkinson e distonie). La verifica sperimentale di questa possibilità potrebbe aprire nuove prospettive per il trattamento delle epilessie resistenti al trattamento farmacologico. 

Alterazioni in canali ionici e recettori causate dall’epilessia - Base della eccitabilità della cellula nervosa sono i canali ionici di membrana. E’ dunque logico ricercare la chiave interpretativa della alterazione di eccitabilità che è alla base della scarica epilettica nei canali ionici appunto. Numerosissimi studi neurofisiologici degli ultimi decenni del secolo scorso hanno dimostrato che varie manipolazioni sperimentali capaci di modificare la funzione dei canali, alterando l’equilibrio delle correnti ioniche che attraverso di essi fluiscono, danno luogo a scariche epilettiche. Negli ultimi anni, la combinazione di metodiche di neurofisiologia e di genetica molecolare ha aperto la possibilità di un approccio diretto allo studio della patogenesi delle epilessie umane. Ai più recenti dati derivati da tale approccio era dedicata la sessione.

Una analisi delle mutazioni epilettogene e della loro espressione cellulare e clinica è stata presentata da Federico Zara (Genova) e Giuliano Avanzini (Milano). Risultati ottenuti in vari laboratori negli ultimi anni dimostrano che mutazioni di geni che codificano i canali per il sodio, potassio, calcio, cloro e i recettori della acetilcolina sono associate a vari tipi di epilessia. Inoltre, l’integrazione di metodiche neurofisiologiche e biomolecolari ha permesso di chiarire i meccanismi attraverso cui la mutazione genica modifica la funzione del canale in senso epilettogeno.

Risultati originali sono stati portati da Filippo Tempia (Torino-Perugia) per i canali potassio e da Silvana Franceschetti (Milano), Stephanie Baulac (Parigi, Francia) e Massimo Mantegazza (Milano) per i canali sodio. Questi risultati non solo contribuiscono ad una migliore conoscenza della patogenesi di alcune forme di epilessia umana, ma forniscono anche la base per lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche più selettive ed afficaci. A quest’ultimo aspetto erano specificamente dedicate le relazioni di Michel Segal (Boston, USA), un ricercatore che ha particolarmente contribuito alla conoscenza del meccanismo d’azione dei farmaci antiepilettici attivi sui canali per il sodio, e di Wytse Wadman (Amsterdam, Olanda) i cui dati sottolineano la necessità di tener conto della alterata sensibilità ai farmaci dei canali patologici come possibile fattore di refrattarietà alla terapia. 

Alle epilessie refrattarie, e in particolare all’epilessia del lobo temporale, erano dedicate le due relazioni di Uwe Heinemann (Berlino, Germania) e Yoel Yaari (Gerusalemme, Israele). I dati originali presentati da questi due noti ricercatori portano nuova luce alla comprensione dei meccanismi elementari che determinano alterazioni dei circuiti neuronali ippocampali e paraippocampali implicati nell’epilettogenesi. Allo sviluppo di questa "plasticità patologica" che consegue al ripetersi di scariche epilettiche è attribuita la progressione delle epilessie del lobo temporale verso una condizione di farmacoresistenza. Si tratta di un problema di grande rilevanza clinica data la frequenza di queste forme cliniche per le quali non esiste spesso alternativa al trattamento chirurgico. La identificazione di strategie atte a prevenire l’evoluzione peggiorativa di queste epilessie rappresenta per la ricerca dei prossimi anni una sfida che, grazie ai risultati finora raggiunti, discussi anche nelle successive sessioni, può essere affrontata con successo.

Aspetti neuroimmunologici dell’epilessia - In questa sessione si è discusso di un nuovo aspetto della ricerca sull’epilessia, che riguarda il ruolo eziopatologico dei processi infiammatori che si manifestano nel cervello durante l’attività epilettica. Il primo speaker della sessione (Serge Rivest, Quebec, Canada) ha descritto i classici processi infiammatori indotti nel cervello da un componente della parete batterica, il lipopolissacaride. Questa sostanza scatena una sequenza di eventi infiammatori che si manifestano durante il processo di infezione. Questi fenomeni fanno parte della cosiddetta "immunità innata" del cervello, deputata alla difesa contro agenti tossici. Tuttavia, quando la regolazione della produzione di queste molecole è difettosa, essa può risultare in fenomeni neurodegenerativi. Annamaria Vezzani (Milano) ha successivamente illustrato come molecole infiammatorie, dette "citochine", prodotte dalle cellule gliali durante le convulsioni possano modulare l’attività epilettica. In particolare, la produzione di interleuchina-1beta sembra avere un effetto facilitatorio sulle manifestazioni convulsive, mentre il TNF-alfa ha un effetto predominante di tipo inibitorio. Quindi il sistema delle citochine potrebbe rappresentare un nuovo "target" per lo sviluppo di farmaci volti a controllare le convulsioni ed i loro effetti neurodegenerativi. Tallie Baram (Irvine, USA) ha presentato evidenze sperimentali che suggeriscono che l’interleuchina-1beta possa avere un ruolo anche nella genesi delle convulsioni febbrili nell’età infantile. 

Nella seconda parte della sessione, Mireille Lerner-Natoli (Montpellier, Francia) ha descritto come processi di tipo infiammatorio possano verificarsi anche nel tessuto epilettico umano. Infatti il tessuto cerebrale ottenuto dalla rimozione chirurgica del focus epilettico in pazienti con epilessia farmacoresistente ha mostrato una aumentata espressione di "markers" di processi infiammatori in cellule gliali. Questo fenomeno sembra essere presente solo in casi di epilessia associata a fenomeni neurodegenerativi. Sono state quindi descritte le proprietà funzionali delle cellule della microglia, una popolazione di cellule residenti nel cervello che viene rapidamente attivata durante i fenomeni convulsivi. Queste cellule possono produrre molecole infiammatorie in risposta ai neurotrasmettitori cerebrali, mediando quindi l’interazione funzionale tra neuroni e glia. Infine, Matthew During (Aukland, Nuova Zelanda) ha parlato di un nuovo approccio per il controllo delle convulsioni che consiste nell’immunizzazione attiva contro le proteine recettoriali che mediano gli effetti eccitatori del glutammato, un neurotrasmettitore che riveste un ruolo significativo nell’insorgenza e generalizzazione dei fenomeni convulsivi. Utilizzando modelli sperimentali di convulsioni, During ha dimostrato che la vaccinazione contro tali proteine genera anticorpi che ne bloccano la funzione, e quindi diminuiscono gli effetti eccitatori del gluatammato.

Per concludere, il concetto che il cervello sia un organo immunologicamente isolato è stato superato da recenti evidenze sperimentali che hanno mostrato sia la produzione locale di molecole classicamente prodotte dal sistema immunitario sia la loro liberazione da cellule della linea monocitaria che entrano nel cervello dalla circolazione sanguigna in condizioni patologiche. Queste molecole contribuiscono alla interazione funzionale tra cellule nervose, glia e vasi, e possono avere un ruolo nella eziopatogenesi delle convulsioni e dei fenomeni neurodegenerativi ad esse associati.

Fenomeni plastici nel tessuto epilettico – In molti casi, l’epilessia non è una malattia genetica. Per esempio, traumi o tumori possono causare modificazioni (fenomeni "plastici") nel tessuto nervoso, che da normale si trasforma in epilettico. Questi fenomeni plastici includono la morte di alcune cellule nervose, ma anche la neo-produzione di altre cellule e alterazioni nei loro contatti (cioè nei cosiddetti "circuiti neuronali"). Ovviamente, una più approfondita conoscenza dei meccanismi che stanno alla base di questi fenomeni (collettivamente denominati "epilettogenesi") potrebbe consentire l’individuazione di bersagli molecolari per nuovi farmaci e/o di nuove strategie terapeutiche. L’obiettivo di questa sessione del convegno è stato quello di esaminare questi problemi.

Nella prima serie di comunicazioni sono stati esaminati alcuni meccanismi molecolari che potrebbero presiedere alle modificazioni plastiche epilettogene. In particolare, Ray Dingledine (Atlanta, USA) ha illustrato un meccanismo che potrebbe spiegare le alterazioni nell’espressione di geni durante l’epilettogenesi. Si tratta della trasformazione enzimatica (acetilazione) di proteine contenute nel nucleo cellulare, dette istoni: l’alterata acetilazione di istoni causerebbe l’insufficiente espressione di alcuni geni e l’eccessiva espressione di altri (quindi, rispettivamente, una inadeguata e un’esagerata produzione di specifiche proteine), con la conseguenza di rendere il tessuto ipereccitabile (epilettico). Tra le proteine prodotte in eccesso ci sarebbe un fattore neurotrofico, BDNF, che è stato studiato in dettaglio da Michele Simonato (Ferrara) e da Helen Sharfman (New York, USA). Questi ricercatori hanno dimostrato che il BDNF prodotto in eccesso nel tessuto epilettico si accumula a livello dei contatti sinaptici eccitatori e li potenzia, aumentando quindi l’eccitabilità del tessuto, ossia giocando un ruolo pro-epilettico. Claude Wasterlain (Los Angeles, USA) ha quindi descritto alcuni suoi recenti risultati riguardanti il coinvolgimento nell’epilessia di un particolare tipo di neurotrasmettitori (le sostanze chimiche utilizzate dai neuroni per scambiarsi informazioni a livello delle sinapsi), detti "neuropeptidi". Sono stati infatti identificati trasmettitori di tipo neuropeptidico che hanno un ruolo anti-epilettico (per esempio, NPY e galanina) ed altri che hanno un ruolo pro-epilettico (per esempio, tachikinine e bradichinine). Infine, Christine Ekdhal (Lund, Svezia) ha illustrato dati che identificano enzimi che regolano il destino delle nuove cellule prodotte nel tessuto epilettico. La possibilità di modulare farmacologicamente questi fenomeni plastici, ossia spegnere i segnali pro-epilettici e/o amplificare quelli anti-epilettici, è stata oggetto di approfondita discussione, ed appare oggi come un obiettivo raggiungibile, anche se non nell’immediato futuro.

Le nuove prospettive terapeutiche, oltre a quelle farmacologiche, sono state esaminate nella seconda serie di comunicazioni. Matthew During (Philadelphia, USA) ha descritto una strategia basata sul trasferimento di geni "carenti" (NPY, galanina) nei neuroni epilettici, basata sull’utilizzo di virus non patogeni. Questi virus vengono prima ingegnerizzati, in modo da perdere le loro proprietà patogene e da acquisire le capacità di produrre le proteina desiderata, poi inoculati nel cervello di animali epilettici. Una strategia alternativa è stata descritta da Merab Kokaia: si tratterebbe di trapiantare cellule opportunamente ingegnerizzate nel tessuto epilettico, con due possibili fini: di rifornire il tessuto delle proteine anti-epilettiche carenti o di rimpiazzare le cellule morte. Queste nuove, affascinanti strategie stanno portando ad incoraggianti risultati sperimentali. Tuttavia, la loro applicazione clinica sembra ancora piuttosto lontana.

Il 2° Convegno sull’Epilettogenesi è svolto sotto gli auspici dell’International League Against Epilepsy (ILAE), del Centro di Neuroscienze dell’Università di Ferrara, dell’International School of Neurological Sciences (S. Servolo, Venezia), dell’Istituto Nazionale Neurologico "Carlo Besta" e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano. Il Convegno è stato reso possibile grazie ai contributi ricevuti dall’Università di Ferrara, dalla Fondazione Cariplo, dalla Chiesi Farmaceutici, dalla Janssen Cilag SpA, dalla Lundbeck (Danimarca), dalla Novartis e dalla Sanofi-Sintelabo. 

Il Comitato Organizzatore: Prof. Michele Simonato, Università di Ferrara; Prof. Giuliano Avanzini, Istituto Nazionale Neurologico "Carlo Besta", Milano; Dott. Marco de Curtis, Istituto Nazionale Neurologico, "Carlo Besta", Milano; Dott.ssa Annamaria Vezzani, Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri", Milano.


Inizio pagina | Home | Archivio  Motori di Ricerca Links  mail

Autorizzazione del Tribunale di Roma n 524/2001 del 4/12/2001 Agenzia di Stampa a periodicità Settimanale