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SALUTE: SCOPERTO UN MECCANISMO
CHE ’’CRONICIZZA’’ IL MORBO DI PARKINSON
L’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano(ITB) ha realizzato un’importante scoperta che fa luce sul processo neurodegenerativo del morbo di Parkinson. Il lavoro dei ricercatori del CNR pubblicato sulla rivista della Federation of American Societies for Experimental Biology Journal offre finalmente speranze concrete per nuove ed efficaci strategie di trattamento contro questa grave malattia. Uno studio che continuerà grazie a nuovi fondi concessi al CNR da importanti fondazioni statunitensi.
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Roma, 1° agosto 2003 - Il morbo di Parkinson, come si sa, è provocato nella maggior parte dei casi da una interazione di fattori genetici e ambientali. In questa malattia esiste una processo iniziale di innesco e un processo di cronicizzazione della perdita neuronale. Su questa fase di perpetuazione del danno neuronale si conosce molto poco, anche se è la fase più importante e che dura a lungo nel tempo. Quindi è la parte forse più importante della malattia da chiarire in vista dello sviluppo di terapie nuove capaci di rallentare decisamente la perdita di neuroni e il conseguente peggioramento dei sintomi. Su questo aspetto chiave della malattia è stata fatta una importante scoperta da un ricercatore dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano, pubblicata dalla rivista scientifica FASEB J: la neuromelanina, una sostanza di colore scuro che si accumula normalmente nei neuroni durante l’invecchiamento, in condizioni di danno neuronale verrebbe rilasciata e indurrebbe la formazione di sostanze tossiche che produrrebbero una situazione cronica di morte neuronale.
“La nostra sperimentazione - spiega Luigi Zecca, ricercatore dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano e autore dello studio- ha dimostrato che la neuromelanina causa in certe cellule del cervello, chiamate microglia, il rilascio di fattori tossici che determinano uno stato infiammatorio cronico. Lo stato di neuroinfiammazione provoca la degenerazione e quindi la morte dei neuroni attaccati. A loro volta questi neuroni, morendo, rilasciano altra neuromelanina perpetuando all’infinito il micidiale processo degenerativo”.
Ma la neuromelanina non è per sua natura tossica e, in determinate condizioni, può svolgere anche un’azione protettiva: “Infatti - precisa Luigi Zecca - durante la fase di invecchiamento tende ad accumularsi nei neuroni, all’interno dei quali non provoca alcun danno ma piuttosto un effetto protettivo. Il problema sorge quando uno o più neuroni, a causa di uno stimolo tossico di tipo genetico-ambientale, muoiono liberando la neuromelanina che, una volta fuori dalla cellula, innesca il processo neurodegenerativo di cui abbiamo parlato”.
I ricercatori del CNR non si sono limitati solo ad individuare questo meccanismo neurodegenerativo del morbo di Parkinson, ma sono andati oltre, dimostrando con le sperimentazioni effettuate che esistono delle molecole in grado di inibire gli effetti dannosi della neuromelanina. Una ricerca di grande rilevanza, riconosciuta di alto valore anche attraverso consistenti contributi finanziari concessi a Luigi Zecca dalle più prestigiose fondazioni americane per la ricerca sul morbo di Parkinson quali la Michael J Fox Foundation for Parkinson’s Research e la Parkinson’s Disease Foundation-National Parkinson Foundation, per continuare le sue ricerche.
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