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di Lorella Salce
Nuovo importante passo avanti nella lotta al cancro dell’ovaio, un killer silenzioso che colpisce 5.000 donne ogni anno nel nostro Paese (165.000 in Europa e Stati Uniti). Un gruppo di studio dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, ha identificato un nuovo meccanismo coinvolto nella crescita e progressione di questa neoplasia. Su questa base è stata testata per la prima volta una molecola, l’atrasentan, che nella fase iniziale di sperimentazione ha dimostrato di inibire la crescita della neoplasia, la formazione dei vasi che la alimentano, la diffusione ad altri organi (metastasi) e di potenziare l’effetto terapeutico dei farmaci attualmente impiegati contro il tumore dell’ovaio. Lo studio svolto grazie al un contributo dell' Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), è stato pubblicato la scorsa settimana da ‘Cancer Research’, autorevole rivista in campo oncologico.
L’atrasentan appartiene a una nuova classe di molecole da poco già utilizzate in terapia anticancro, ma non era mai stata sperimentata prima nel carcinoma dell’ovaio. Si somministra per bocca e ha bassissima tossicità perché agisce selettivamente sul suo target, il recettore A dell’endotelina, un bersaglio terapeutico definito ‘ideale’ dai ricercatori perché coinvolto nella crescita e nella progressione di numerose neoplasie oltre al tumore dell’ovaio. Gli studiosi ora sperano che l’applicazione clinica di questa nuova arma terapeutica confermi i risultati della sperimentazione. E' stato proposto il rapido avvio presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di uno studio clinico su pazienti con carcinoma ovario avanzato in cui la nuova molecola verrà somministrata insieme alla chemioterapia standard per valutare la migliore modalità di associazione dei trattamenti, sia al fine di ridurre gli effetti collaterali che di aumentarne l’efficacia.
Il tumore dell’ovaio è il più letale delle neoplasie ginecologiche e non da sintomi se non in stadio avanzato. E purtroppo non sono ancora disponibili metodi efficaci di diagnosi precoce. Con l’asportazione chirurgica e i trattamenti chemioterapici attualmente disponibili, solo il 30% delle donne colpite da questo tumore sopravvive oltre i cinque anni dalla diagnosi. I risultati dello studio, si collocano nell’emergente area di ricerca rivolta allo sviluppo di terapie anticancro più mirate.
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