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Anno 2 Numero 62 Mercoledì 11.06.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

A Roma i kurdi avviano uno sciopero della fame di protesta contro i dinieghi al riconoscimento dello status di rifugiato politico 

 

di Lorella Salce

"Noi esuli kurdi in Italia, ci troviamo in condizioni ormai drammatiche per cui abbiamo avviato un sciopero della fame, intenzionati a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su come ci troviamo a vivere in questo paese, da richiedenti asilo oppure, ultimamente, da persone che hanno avuto il diniego e l’intimazione a lasciare il paese."
Inizia così il comunicato stampa che annuncia l'inizio dello sciopero della fame di un gruppo di Kurdi presenti a Roma.
Ne avevamo parlato in generale qualche settimana fa, ricordiamo che Kurdi sono un popolo di 40 milioni di individui il cui territorio dopo la Prima Guerra mondiale è stato diviso fra quattro stati, sono la più grande nazione al mondo senza riconoscimento alcuno.
Il gruppo che ha deciso per la protesta è costituito da 30 kurdi provenienti dalla Turchia, un paese dal quale si scappa, abbandonando affetti e beni perché in quella terra sono perseguitati, i diritti non sono garantiti, l'identità culturale e linguistica è negata. Scappano con la speranza di una nuova vita da cominciare in un paese che li accolga e conceda asilo, soprattutto qui in Italia.
Negli ultimi mesi, però ricevono dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato numerosi " dinieghi che ci vengono presentati con motivazioni inconsistenti e di valenza solamente contingente, con motivazioni che non tengono invece in alcun conto di qual è la realtà della Turchia oggi, di come sono le condizioni in cui i kurdi vivono. Negli ultimi 20 anni i kurdi di Turchia hanno risvegliato la propria coscienza nazionale, hanno ingaggiato una lotta per la propria determinazione e una battaglia su ogni campo per ottenere i propri diritti e le proprie libertà. Questo non è significato altro che ulteriori repressioni, persecuzioni, torture e morti.
Nei quindici anni di lotta per la libertà che il movimento kurdo, sostenuto dalla maggioranza della popolazione kurda, ha portato avanti in Turchia, più di 4mila villaggi sono stati distrutti, dati alle fiamme, evacuati, costringendo 3 milioni di persone ad un esodo interno, che spesso finisce poi sulle navi destinate a sbarcare in Europa e anche in Italia."
Sembra dalle testimonianze di questi uomini che non fanno più testo le prove delle torture subite, le dichiarazioni e attestazioni di pericolo che presentano, uno dopo l’altro, alla Commissione e alle autorità competenti, pare in virtù di accordi politici che li colpiscono indiscriminatamente. Ecco perché ricorrono a forme di denuncia più incisive.
" Non eravamo nessuno, dovevamo negare la nostra esistenza nel paese d’origine, che non siamo nemmeno legittimati a chiamare con il proprio nome e con ogni nuovo diniego che riceviamo, qui, in uno di quei paesi in cui la democrazia, i diritti e le libertà tanto acclamate dovrebbero essere ben radicati, ci sentiamo tornare in quella realtà da cui fuggiamo.
Aspettiamo mesi e mesi prima di essere ascoltati da una Commissione che troppe volte ci appare disattenta e frettolosa, senza avere modo di esprimere le nostre preoccupazioni, senza che la tortura fisica e psicologica, che l’attesa ci procura, venga in qualche modo presa in considerazione, soltanto per avere un foglio in cui c’è scritto, in maniera sempre uguale e ripetitiva, che il riconoscimento non è concesso perché l’attualità politica del paese da cui scappiamo è migliorata."
Per questo una trentina di kurdi che hanno avuto il diniego alla richiesta di riconoscimento di rifugiato da oggi 11 giugno 2003, dalle ore 10:00 di fronte alla sede di Roma delle Nazioni Unite, in Piazzetta San Marco avviano uno sciopero della fame ad oltranza.

 


 

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