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Anno 2 Numero 58 Mercoledì 14.05.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

  

VITTIME DI TORTURA e RIFUGIATI: la questione kurda, un esempio, e il futuro?

 

di Lorella Salce

Da 3.000 anni i Kurdi reclamano il diritto all’autodeterminazione. Il popolo kurdo, circa 25 milioni di persone, disgregato in una regione compresa fra Turchia, Iraq, Iran e Siria è vittima di un sistematico genocidio etnico e culturale. Pur avendo una propria identità etnica, una propria lingua, una storia ed una cultura, fino ad oggi non sono mai riusciti a costituire uno stato libero e indipendente ed hanno sempre subito la dominazione dei mondi culturali vicini. 
A Roma c'è un esempio emblematico: molti richiedenti asilo kurdi vivono nel Centro Socio-Culturale autogestito ARARAT, nato nel 1998 in occasione della presenza a Roma di Abdullah Ocalan, Presidente del PKK, e di migliaia di Kurdi provenienti da tutta Europa per sostenere il loro diritto d’asilo in Italia. In quei giorni è stata occupata una palazzina vuota e diroccata nell’area dell’ex mattatoio di Testaccio, dove, in quasi quattro anni, sono passati più di 4.000 profughi kurdi. Attualmente Ararat è ancora un centro di accoglienza “d’emergenza” ma svolge anche attività volte alla valorizzazione della cultura di origine. ARARAT non ha mai avuto finanziamenti da parte delle Istituzioni nazionali e locali e la vendita del tradizionale kebab è l’unico mezzo con cui offre ospitalità, pranzo e cena, non solo agli ospiti ma anche ad altri profughi kurdi senza fissa dimora o alloggiati presso i centri comunali.
È auspicabile che anche in Italia ci sia, nel più breve tempo possibile, una legge organica in materia d’asilo, fino a quando non ci sarà questa legge, il nostro paese non potrà che svolgere un ruolo marginale nell’ambito dei negoziati europei per una politica comune in materia d’asilo e continuerà ad essere considerato, forse non sempre a ragione, come il paese meno ospitale dell’UE. 
La legge "Bossi-Fini" 189/2002 presenta certamente degli aspetti positivi rispetto al passato: uno di questi è l’introduzione della protezione umanitaria per chi, pur non rientrando nella definizione di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, necessita di una forma di “protezione sussidiaria” perché in fuga da guerre o violenze generalizzate; l’altro aspetto importante riguarda l’istituzione del “Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo” che permette non solo di consolidare le attività di assistenza e protezione a sostegno dei richiedenti asilo/rifugiati già avviate nell’ambito del Programma Nazionale d’Asilo (PNA), ma conferisce anche un carattere istituzionale allo stesso PNA. 
Ma ora, in previsione dei postumi della guerra in Iraq, tutto ciò non è sufficiente e occorre far presto.

 


 

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