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di
Lorella Salce
Il progetto “Italian Network for the Rehabilitation of the Victims of Torture” (finanziato dall’Unione Europea) ha lo scopo di costruire una rete integrata di assistenza diffusa sul territorio italiano che assicuri una graduale integrazione fra competenze cliniche, sociali e legali necessarie al percorso di riabilitazione ed inserimento sociale dei richiedenti asilo/rifugiati.
Metodologicamente i centri che vi aderiscono si occupano di : accoglienza, raccolta dei dati socio-demografici e delle storie cliniche e personali (militanza politica, incarcerazione, tortura, fuga e richiesta di asilo politico), visite mediche generali e specialistiche. Quindi si lavora per costruire un percorso riabilitativo di lungo termine per verificare l’efficacia degli interventi e delle terapie. Sempre con questo obiettivo, di creare cioè una rete integrata in supporto delle vittime di tortura, l'Istituto San Gallicano ha attivato sul territorio romano una costante comunicazione e scambio di informazioni con gli operatori di altre organizzazioni, associazioni, ONG che si occupano di asilo e tortura ed in particolare con quelle specificamente legate alla comunità kurda di Roma (Ararat, AZAD e U.I.K.I. – Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia).
Il Dr. Luigi Toma - specialista dell'Istituto San Gallicano e referente per la problematica "rifugiati" specifica: "L’accoglienza e l’assistenza socio-sanitaria si avvalgono dell’ausilio dei mediatori linguistico-culturali e di un lavoro di facilitazione che consiste nel seguire personalmente i pazienti passo dopo passo, nell’aiutarli ad orientarsi all’interno degli ambulatori, nel fornire spiegazioni e chiarimenti e, nei casi più gravi, nell’accompagnarli personalmente in altri ospedali. In alcuni casi, viene effettuata la certificazione medica sulle condizioni di salute del paziente a sostegno della sua domanda di asilo politico da presentare alla Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato."
Le vittime di tortura, sopravvissute a violenze fisiche e psicologiche, reduci di imprigionamenti anche prolungati portano nel corpo e nella mente i segni della violenza subita ed arrivano in Italia, come in altri paesi, per chiedere asilo politico. Lontano dal loro Paese, dove sono perseguitati e in pericolo di vita, cercano di ricostruire faticosamente e con dignità la propria personalità. Ma anche in Italia la vita continua ad essere particolarmente difficile: vivono in condizioni estremamente e pericolosamente precarie, come in un limbo: in un’infinita attesa (spesso oltre 1 anno) della risposta alla richiesta di asilo politico, che poi nella maggior parte dei casi viene rigettata. Una corretta applicazione della nuova legge (“Bossi-Fini” 189/2002) dovrebbe ridurre questo periodo di attesa a non più di due settimane; in questo modo però non ci sarebbe neanche il tempo, per i richiedenti asilo e per chi deve esaminare la domanda, di acquisire tutta la documentazione necessaria e di esaminarla con la dovuta attenzione.
Tra gli altri impegni infine si lavora al coinvolgimento di giornalisti, giuristi, medici, insegnanti, volontari, gente comune, ecc. per aumentare il livello di attenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche dei richiedenti asilo politico/vittime di tortura e sulla situazione politica dei loro Paesi di origine. In tale ambito numerose sono le iniziative.
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