Agenzia di Stampa

Anno 2 Numero 52 Mercoledì 02.04.03 ore 23.45

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Direttore Responsabile Guido Donati

   

la nostra storia scompare sotto le bombe

 

 

di Paola Franz

L'Iraq sorge nella terra che fu sede delle più antiche civiltà medio orientali: la Mesopotamia. Il territorio compreso tra il Tigri e l'Eufrate fu la culla di quella civiltà che viene chiamata sumero-accadica che influenzò il medio oriente per tremila anni per scomparire all'inizio dell'era cristiana. Intorno al VI millennio a.c. le popolazioni locali divennero da seminomadi a sedentarie con la scoperta dell'agricoltura e con la conseguente nascita delle prime strutture sociali complesse. Nella metà del IV millennio a.c. comparve la scrittura pittografica, poi ideografico sillabica divenendo infine cuneiforme per opera dei sumeri. Qui sorsero le fiorenti civiltà degli assiri e dei babilonesi, qui furono edificate magnifiche città (Ashur, Babilonia, Ctesifonte, Hatra, Ninive, Ninrud, Seleucia ) con splendide costruzioni, tra cui le ziqqurat, la piramide di mattoni crudi di Akarkuf, che si pensava fosse la torre di Babele. Su queste terre lasciarono la loro impronta e nello stesso tempo furono influenzati da questa civiltà gli ittiti, i cassiti, i persiani, i greci, i parti, i romani e infine gli arabi. Questo avvicendamento di popoli ha creato una ricchezza storica e archeologica inestimabile.

Numerosi reperti archeologici si trovano nei musei più importanti del mondo, fra i quali quello di Bagdad. Sparsi per il territorio iracheno vi sono numerosi siti archeologici, e secondo gli esperti ve ne sarebbero 10.000 o 100.000 ancora inesplorati. L'Iraq sta subendo da decenni tirannie e guerre che uccidono le persone e distruggono la storia. Gli archeologi di tutto il mondo, americani compresi, denunciano gli enormi rischi legati a questo nuovo conflitto che porterà ingenti danni al patrimonio archeologico dell'Iraq che fa parte della storia e della cultura di tutti. Le spedizioni archeologiche più importanti erano finanziate dagli americani, dopo la guerra del golfo del 1991 gli americani on ebbero più il permesso di effettuare ricerche sul territorio iracheno. Nel 1991 fu bombardata dagli americani la più antica città della storia, la mitica Ur che sta vicino ad una base militare irachena, altri siti furono bombardati da entrambe le parti, forti danni furono provocati dal passaggio dei carri armati e dallo scavo delle trincee. Ancora oggi si ripropone la stessa problematica legata alla presenza di insediamenti militari e pozzi petroliferi installati nelle vicinanze di siti archeologici e musei.

Il primo pericolo sono i bombardamenti, poi l'inevitabile estensione delle zone di guerra, negli attacchi di terra i soldati si spianano la strada con i bulldozer, in Iraq vi sono moltissimi siti archeologici nascosti sotto terra. Ad altissimo rischio sono anche i musei non solo quelli più importanti ma anche la moltitudine sparsa in tutto il paese. L'Arci ha lanciato un appello al Governo italiano affinché si impegni per la protezione dei beni artistici e culturali iracheni ".....solleviamo un forte allarme. Lo facciamo come Arci, perché pensiamo al valore-cultura come a un bene essenziale, e lo facciamo insieme all'Archivio Disarmo che su questo esprime un suo forte impegno. Nessuno può espropriare né tantomeno distruggere dei beni che appartengono a tutta l'umanità. Ci sono norme tese a impedire scontri armati nei luoghi di interesse artistico-culturale. Queste norme non vengono applicate. Anzi, la distruzione di beni artistici spesso è stata parte integrante, volutamente perseguita, di una guerra. Per distruggere le radici culturali, identitarie, dell'avversario. Questo è inaccettabile. Questo non deve avvenire mai più.

Parliamo di beni culturali ma sappiamo bene che... i beni culturali più importanti, per ogni Paese, sono i suoi cittadini. Fermiamo la guerra". L'Unesco ha fornito al Governo americano una mappa dettagliata dei siti e dei musei iracheni, e ha ammonito gli Stati Uniti affinché venga salvaguardato il patrimonio artistico e culturale, appellandosi alla Convenzione dell'Aja del 1954 che stabilisce il divieto di avere come bersaglio di azioni militari luoghi culturali e religiosi. Purtroppo sia gli Stati Uniti, sia la Gran Bretagna non sottoscrissero questo accordo. Probabilmente già vi sono stati dei danni irreparabili in alcuni siti e edifici di grande importanza culturale, fra questi il palazzo dei fiori di Baghdad (Al-Zohour), i musei di Mosul e di Tikrit. Inoltre la guerra porta con se la disperazione, la sete, la fame, le malattie, la povertà, tutto ciò spinge al furto e al commercio illegale delle opere d'arte. Nel '91 numerosi musei furono distrutti e depredati ma il fenomeno non si arrestò dopo la guerra a causa dell'embargo e delle sanzioni economiche che impoverendo sempre più il paese fecero diminuire da una parte il numero di guardiani preposti alla sorveglianza di musei e siti (da 250 a 35) e dall'altra crearono i presupposti per l'istaurarsi di una fitta rete di traffici illegali di opere d'arte.

 

 

 

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