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MILITARI ITALIANI IN IRAQ
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Il Parlamento italiano vota per confermare la partecipazione di forze armate italiane all’illegale occupazione militare dell’Iraq. Per finanziare questa partecipazione si era anche manifestata l’intenzione di impiegare risorse già destinate alle vittime di calamità naturali.
Questa annunciata e prevista distorsione nell’uso delle risorse esprime il significato dell’operazione nel suo complesso: la priorità assoluta attribuita alla forza e alla violenza nei rapporti interni ed esteri; l’indifferenza e il disprezzo per le norme e il diritto internazionale resi possibili da questa opzione della forza come principio fondamentale e decisivo nel rapporto tra i popoli e le persone.
È ulteriore prova di cinismo e falsità assumere lo svolgimento o la protezione di interventi umanitari come pretesto per questo agire violento e illegale.
Per salvaguardare il senso del proprio agire, per rendere possibile questo agire stesso, Emergency ribadisce che associazioni e organizzazioni umanitarie dovrebbero rifiutarsi a queste strumentali confusioni.
L’agire umanitario non può accettare né il protettorato né la protezione delle armi.
Questo rifiuto concretamente si esprime anche respingendo sostegni finanziari, se a offrirli è chi, nei luoghi e nei contesti dell’intervento umanitario, agisce con la forza, contro la Costituzione, contro il diritto internazionale, contro i diritti umani, contro la pace.
È il caso della partecipazione italiana all’occupazione militare dell’Iraq.
Getta luce inquietante e conferma la barbarie di questa guerra la circostanza che si provino «sollievo», «compiacimento», «soddisfazione» per l’uccisione di esseri umani, tali anche se non innocenti.
Un assassinio è un crimine, anche se alcune vittime sono assassini e criminali.
Riconoscere i diritti di chi li ha violati è il solo modo per non violarli.
Il rispetto dell’umanità e della legalità che devono connotare l’agire umanitario impongono che si rifiutino e si denuncino le decisioni, le azioni e le parole che sin dall’inizio accompagnano questa guerra.
Milano, 24 luglio 2003
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