Anno 2 Numero 58 Mercoledì 14.05.03 ore 23.45 |
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Direttore Responsabile Guido Donati |
Lettera aperta alla Comunità Scientifica Italiana Cari Colleghi, dopo le note vicende sul commissariamento del CNR e la battaglia parlamentare per modificare il decreto di riordino presentato dal Ministro Moratti, ritengo di avere esaurito il mio compito e, come già preannunciato, ho rassegnato le dimissioni al Presidente del Consiglio. Nel momento in cui lascio la responsabilità della guida del maggior Ente di Ricerca pubblico, sento il bisogno di manifestarvi alcune convinzioni che ho maturato in questi ultimi mesi. La prima è che alla tradizionale mancanza di attenzione della classe politica italiana nei confronti della ricerca scientifica, dovuta a mio avviso essenzialmente alla scarsa redditività di breve periodo degli interventi in questo settore, è subentrata, in questi ultimi tempi, una sorta di insofferenza e forse di ostilità nei confronti di una categoria che, nel complesso, è ritenuta privilegiata e parassitaria. Occorreva pertanto intervenire per razionalizzare, controllare e ridimensionare questo mondo. Quali migliori alleati, a questo fine, di quei rappresentanti e sostenitori della ricerca “utile” in quanto vicina al mercato, che pertanto avrebbe bisogno di minor sostegno pubblico? Ma dove è, in Italia, il mercato privato della ricerca? La seconda convinzione è che la comunità scientifica italiana ha percepito solo in parte i rischi di questo atteggiamento che, ove diventasse una politica diffusa, lascerebbe l’Italia fuori dall’Europa della ricerca che si sta costruendo sotto l’impulso del Commissario Busquin. Per essere più chiaro, a fronte di un osservatorio della ricerca a cui hanno dato l’adesione circa diecimila ricercatori, esiste una parte di comunità scientifica, anche con impegnativi ruoli istituzionali, che si limita a manifestare perplessità senza esprimere una posizione chiara ed incisiva. A costoro dico che questo atteggiamento è perdente e non porterà frutti per la ricerca italiana. Affermo questo anche perché l’esperienza personale fatta è che, con l’attuale sistema di governo della ricerca, non si riesce a discutere nel merito dei problemi, stante una visione a monte che sostanzialmente nega l’utilità di una ricerca nazionale intesa come avanzamento delle conoscenze non necessariamente legate ad una immediata ricaduta pratica. Con questa impostazione è evidente che parlare di ricerca scientifica e del miglior modello organizzativo per valorizzare le potenzialità intellettuali del nostro paese è impresa ardua. Non parliamo poi della difficoltà di impostare un discorso sulla ricerca scientifica come valore culturale a sé stante, cioè strumento di formazione critica, sviluppo di capacità analitiche, elevazione generale del livello culturale e professionale di una nazione. Ho voluto dirvi tutto questo non per insegnare qualcosa a qualcuno, ma solo per la necessità personale di parteciparvi queste mie riflessioni che nascono da una importante esperienza sul campo. Inoltre ritengo che se si arriverà a smantellare un sistema di ricerca strutturalmente debole, ma comunque finora vivo ed in molti settori competitivo se rapportato alle risorse messe in campo, questo dipenderà anche da una inadeguata reazione della comunità scientifica, nel suo complesso ed ai vari livelli di responsabilità istituzionale, alle proposte contenute nei decreti di riordino presentati. Spero naturalmente di sbagliarmi ed auspico che queste mie considerazioni siano solo il frutto di un esagerato personale pessimismo e non abbiano alcun riscontro nella realtà. Approfitto di questa occasione per ringraziare quanti si sono espressi a suo tempo per la mia riconferma nonchè le numerose persone che, in questi ultimi mesi, mi hanno manifestato la loro stima e solidarietà. Continuerò comunque a seguire i problemi della ricerca scientifica nazionale nelle forme che mi saranno consentite e spero pertanto di avere ancora occasione di incontrarvi nel prossimo futuro. Con viva cordialità
Lucio Bianco
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