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di
Paola Cecchini
“I sottoscritti vi avverte il nostro viaggio fatto che è stato cattivo, non per il mare ma per come ci hanno trattato la Società. A Genova ci hanno trattato peggio dei maiali per mangiare, e per dormire a tavolaccio peggio dei reclusi in mezzo a un puzzo che la gente credeva di morire sfeziati per la gran puzza, la maggior parte ha dovuto passeggiare quasi tutta la notte per Genova. Durante il viaggio siamo stati come le sardelle e cinque o sei li abbiamo lasciati in mare. Hanno caricato 1400 passeggeri in un bastimento di 700 o al massimo di 800. I sottoscritti vi pregano di metterlo questo brutto viaggio sulla Provincia Maceratese”.
Pubblicate l’11 giugno 1905, queste righe raccontano la traversata “a la ‘Mèreca” di un gruppo di operai marchigiani emigrati a Buenos Aires, un viaggio ben diverso da quello prospettato dagli agenti di emigrazione e dagli opuscoli pubblicitari delle Compagnie di navigazione: mentre in prima classe si pasteggiava a “potage al Madera, petite paté aux truffes e gâteaux Madeleine”, i nostri emigranti dormivano su un sacco - materazzo imbottito di paglia e disponevano di un orinatoio ogni 100 persone.
Anche per il disagio della vita a bordo -tanto più sofferto in quanto il mare risultava per i più tanto misterioso quanto ostico- la traversata era chiamata nelle Marche “lu passàgghju” (il passaggio), termine che designa nel parlare allusivo anche il trapasso dell’uomo da questo all’altro mondo.
La storia dell’emigrazione in Argentina, meta preferita dalla maggior parte dei marchigiani, coincide in gran parte con la colonizzazione della Pampa gringa, “terra generosa, ma che volle sentirsi conquistata in profondità, che pretese dagli uomini un amore continuo, chiuso e geloso per trasformarsi in oro”. Era ritenuto il marchigiano, “l’emigrante ideale”: robusto, affidabile, responsabile, con un forte senso di adattamento alle più differenti situazioni.
Calza bene questa definizione con il carattere di Gaetano Santini di Porto Civitanova, diventato caposquadra nelle Ferrovie Urquiza in provincia di Entre Ríos. Tra le altre incombenze, Santini doveva fornire alla direzione del Ferrocarriles, tutte le informazioni inerenti la gestione del personale a lui sottoposto. In queste occasioni si affidava al libretto che custodiva gelosamente e sul quale annotava quanto gli era richiesto, anche se che non era compilato in alcuna lingua: si trattava di un vero geroglifico da lui ideato e che solo lui, analfabeta, era in grado di decifrare.
La ricerca di lettere e testimonianze, le interviste ad emigrati e discendenti in Argentina ed a coloro che sono rientrati nelle Marche (“un vero paradiso e voi lo vivete tutti i giorni”, scrive Graziella Antonelli da Necochea) sono alla base del progetto “Phoenix- viaggio nella memoria”, voluto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Marche (presso cui opera l’Archivio storico dell’emigrazione) e dal Consiglio regionale delle Marche, con l’intento di valorizzare l’emigrazione come risorsa umana e culturale, e trasmetterne la memoria alle nuove generazioni attraverso una pubblicazione a tal fine predisposta.
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