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di Henryk
Świebocki
L`8 settembre 1943 costituisce una cesura importante nella storia d'Italia. Gli
Alleati, infatti, resero pubblico l'armistizio segreto precedentemente stipulato con il maresciallo Pietro Badoglio, capo del governo dopo la caduta di Benito Mussolini. La Germania nazista, alla quale il fatto era stato fino a quel
momento tenuto segreto, reagì immediatamente occupando l'Italia
settentrionale e centrale. Il Meridione insieme alla Sicilia, invece, si trovavano già nelle mani degli Alleati.
I Tedeschi trattarono il territorio occupato come un paese
conquistato, seminando il terrore fra la popolazione e reprimendo spietatamente anche i minimi tentativi di opporre resistenza. In questo periodo ebbero inizio le deportazioni nei lager nazisti. Auschwitz, Bergen-Belsen, Dachau, Flossenbürg, Mauthausen, Ravensbrück, furono i campi di concentramento destinali agli Italiani deportati per motivi politici o
razziali.
Vi erano già stati, in verità, casi di Italiani deportati, ad
esempio fra i partecipanti alla guerra civile in Spagna difensori della Repubblica o fra gli esiliati per motivi politici arrestati nella Francia occupata. Ma é in questo periodo che per gli Italiani si spalancarono le porte di questi luoghi di pena e di morte.
Secondo le stime furono deportati circa 40.000 fra uomini, donne e bambini, di cui sopra 30.000 per motivi politici. Secondo le ricerche, pubblicate nel 1991, la deportazione per motivi razziali riguardò almeno 8.566 Ebrei provenienti dall'Italia e dai possedimenti italiani delle isole Egee del Dodecaneso (Liliana Picciotto
Fargion. Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall'Italia 1943-1945. Milano, 1991). Un capitolo a parte in questa tragica pagina di storia è costituito dal lager in cui vennero reclusi centinaia di migliala di soldati italiani. Alcuni di essi, dopo essere stati
disarmati, vennero internati nei campi di concentramento (ad esempio Buchenwald), dove venivano trattati come prigionieri politici.
Fra i lager succitati, fu in quello di Auschwitz che si compì in modo criminoso il destino degli Ebrei deportati dall'Italia. Il primo trasporto (1.023 persone) vi giunse il 23 ottobre 1943 ed era
composto da Ebrei arrestati durante la famosa retata di Roma del 16 ottobre 1943. Il carico comprendeva molti bambini, fra cui 244 nati dopo il 1930. A questo trasporto ne seguirono altri per tutto il 1943. Comprendevano Ebrei di Bologna, Firenze, Siena, Verona, Milano e dintorni. Va qui precisato che in realtà ancor prima, il 16
settembre 1943, dall'Italia, e precisamente da Merano, era stato
deportato un gruppo di 35 Ebrei nel campo di transito di Reichenau, in Austria. Dopo 6 mesi il gruppo, meno numeroso di 4 persone morte a Reichenau, venne inviato al lager di Auschwitz. Un caso simile di deportazione di Ebrei ad Auschwitz per vie traverse ebbe luogo il 21 novembre 1943 quando un gruppo di 328 persone - quasi sicuramente Ebrei fuggiti dalla Francia - venne deportato da
Borgo San Dalmazzo (Cuneo) al campo di transito di Drancy, nei
pressi di Parigi. Qui furono divisi in 3 gruppi e aggiunti ai trasporti che a dicembre del 1943 e nel gennaio 1944 vennero fatti partire da Drancy con destinazione Auschwitz.
Nel 1944 vennero deportati gli Ebrei italiani di altre regioni dell'Italia settentrionale e centrale. Ad Auschwitz giungevano soprattutto trasporti provenienti dal campo di transito di Fossoli di Carpi (Modena). Ai trasporti da Fossoli venivano aggiunti
anche gruppi di Ebrei da Torino, Padova, Verona, Milano. Quando gli Alleati si avvicinarono alla Linea Gotica e la provincia di Modena si trovò nella zona delle operazioni militari, Fossoli di Carpi venne sostituto dal campo di Grìes, vicino a Bolzano.
Proprio da qui proveniva l'ultimo trasporto italiano, circa 300 Ebrei arrestati non solo per motivi razziali ma anche politici, giunto ad Auschwitz il 28 ottobre 1944.
Nel 1944 nel lager di Auschwitz confluivano, oltre a quelli già citati, anche trasporti da Trieste, provenienti soprattutto dal campo-prigione di Risiera di San Sabba, situato nei sobborghi di Trieste.
Ad Auschwitz vennero internati anche Ebrei italiani non residenti nella Penisola, come nel caso degli Ebrei delle isole di Rodi e di Coo (del possedimento italiano del Dodecaneso), fatti
giungere al Lager via Atene il 16 agosto 1944. Circa 100 Ebrei italiani vennero poi trasportati ad Auschwitz dal già citato campo di transito di Drancy.
Al lager di Auschwitz vennero mandati anche Italiani non Ebrei. Si trattava di prigionieri politici - uomini e donne. Detenuti
politici non ebrei venivano trasportati qui anche da altri campi di concentramento: Mauthausen, Buchenwald, Dachau, e persino da Majdanek (KL Lublin), quando questo fu evacuato. Nel gennaio 1943, proveniente dalla Francia, giunse ad Auschwitz un trasporto di prigioniere politiche, fra le quali si trovava Vittoria Nenni, figlia del famoso socialista italiano Pietro. Vittoria
Nenni fu registrata nel campo come detenuta politica francese (Vittoria Daubeuf nr 31635).
Perì ad Auschwitz nel luglio 1943.
Foto del campo della prigioniera Vittoria Daubeuf
(Vittoria Nenni), numero di matricola 31635 (la foto scattata
ufficialmente in campo in 1943)
In totale ad Auschwitz nel periodo 1943-1944 vennero deportati quasi 8.000 Italiani, nella stragrande maggioranza Ebrei.
I trasporti di Ebrei dall'Italia - così come avveniva del resto per quelli dì altri paesi - dopo l'arrivo al Lager venivano
sottoposti a selezione, dopo la quale, in media circa 70% dei nuovi arrivati venivano subito uccisi nelle camere a gas. I restanti, riconosciuti abili al lavoro, venivano internati nel campo. Naturalmente queste percentuali variavano da trasporto a trasporto. Per esempio, il primo carico romano, giunto il 23 ottobre 1943, contava 1.023 persone, di cui furono selezionati come detenuti del campo 149 uomini e 47 donne. Le restanti 827 persone (l'80% circa) vennero immediatamente fatte morire nelle camere a gas. Un altro trasporto, proveniente da Milano e da Verona e giunto ad Auschwitz il 6 febbraio 1944, contava 605 deportati. Dopo la
selezione furono allocati nel campo 97 uomini e 31 donne, mentre i restanti 477 (equivalenti al 79% del totale), vennero
immediatamente mandati a morire nelle camere a gas. Dei 611 Ebrei giunti il 10 aprile e provenienti da Fossoli, Mantova, Verona, subito dopo la selezione ne vennero uccisi nelle camere a gas 377, e cioè il 60%.
I deportati che durante la selezione venivano considerati abili al lavoro venivano registrati e collocati nel campo. Essi venivano smistati in diverse baracche dei campi di Auschwitz I, Auschwitz II - Birkenau, Auschwitz III - Monowitz e in vari sottocampi. La sorte di questi prigionieri era segnata fin dall'inizio se si tiene conto che essi giungevano al lager già denutriti, sfiniti per il lungo viaggio in carri bestiame (dai 4 agli 8 giorni) e spesso malati. Essi venivano utilizzati per forme di lavoro coatto nel lager ed anche negli
stabilimenti industriali tedeschi. Lavoravano inoltre nell'industria
chimica, nelle miniere di carbone e nelle fonderie. Il lavoro micidiale, le terribili condizioni di vita nel lager, la fame,
il terrore, provocavano un alto tasso di mortalità. Non mancò poi di pesare
il fattore clima, soprattutto l'inverno, particolarmente rigido per gente del Sud. Un altro ostacolo di non poco conto era l'impossibilità di comprendersi con gli altri prigionieri.
Gli Ebrei Italiani, infatti, di solito non conoscevano né l'yiddish
né il tedesco, ragion per cui non erano in grado di parlare con gli Ebrei di altri paesi.
Le condizioni fisiche e psicologiche facevano si che la mortalità fra gli Italiani fosse molto alta. Un sopravvissuto ebreo, il prigioniero
n. 174517, Primo Levi, scriveva dopo la guerra in un suo libro: "...Avevamo deciso di trovarci, noi Italiani, ogni
domenica sera in un angolo del Lager, ma abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più
pochi, e più deformi, e più squallidi". (Primo Levi, Se questo è un uomo. La tregua. Milano, 1979 p. 32).
La Resistenza polacca del campo trasmetteva informazioni sui cittadini italiani del campo di Auschwitz
nei rapporti e nei messaggi clandestini che riusciva a far giungere al proprio comando nel paese occupato. Vi venivano menzionati i trasporti di Ebrei dall'Italia ed anche il loro annientamento nelle camere a gas. Veniva inoltre trasmesso il numero degli Ebrei Italiani del Lager in diversi periodi del 1944: un messaggio clandestino del 21 agosto parla di 1.100 uomini e 731 donne, un altro del 2 settembre di 1.119 uomini, mentre un messaggio della metà di
dicembre fornisce la cifra di 111 uomini. Un altro documento del
movimento di resistenza interno al campo cita 43 Italiani della
categoria speciale dei prigionieri da "rieducare" deportati ad Auschwitz nel dicembre del 1943 e nei mesi di gennaio e febbraio del 1944 (Archiwum Państwowego Muzeum Auschwitz-Birkenau w Oświęcimiu. „Materiały obozowego ruchu oporu" - Archivio del Museo Statale Auschwitz-Birkenau di Oświęcim. "Materiali del movimento di resistenza del campo"- t. II k. 115,133a, t. III k. 208a, t. IV k. 290, t. VII k. 416,420,451).
Un numero esiguo di cittadini italiani del Lager di Auschwitz riuscì a resistere fino al gennaio 1945. Una parte di essi il 18 gennaio 1945 insieme ad altri prigionieri, fu evacuata e costretta ad una marcia estenuante per raggiungere i campi situati all'interno del III Reich. Nel trasporto per il lager di Mauthausen si trovó, fra gli altri, il tenore Emilio Jani, Ebreo (detenuto m 180046). A Mauthausen Emilio Jani giunse a vedere il giorno della liberazione.
I malati, incapaci di marciare, rimasero nel campo e il 27 gennaio 1945 furono, insieme ad altri prigionieri, liberati dai soldati sovietici. Circa 150 cittadini italiani liberati furono in seguito ricoverati nell'ospedale della Croce Rossa Polacca, aperto subito dopo la liberazione all'interno dell'ex Lager. Nonostante il soccorso medico prestato, entro il 17 luglio 1945 morirono altre 17 persone.
Fra i liberati vi erano Primo Levi e Luigi Ferri, quest'ultimo nato il 9 novembre 1932 a Milano e nell'estate del 1944 deportato da Trieste insieme alla propria nonna, morta in una camera a gas del KL Auschwitz. Luigi Ferri riusci a sopravvivere grazie all'aiuto di altri detenuti, in particolare del dottore austriaco Otto Wolken, Ebreo.
Degli circa 8.000 cittadini italiani deportati al campo di Auschwitz sopravvissero e tornarono in Patria solo alcune centinaia.
Luigi
Ferri e il suo protettore in campo, dott. Otto Wolken (la foto
scattata dopo la liberazione)
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