Anno 2 Numero 67 Mercoledì 16.07.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

SUDAN: PROMESSE VANE – VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NELLE AREE CONTROLLATE DAL GOVERNO, DENUNCIA AMNESTY INTERNATIONAL

www.amnesty.it

In occasione del primo anniversario della firma del Protocollo di Machakos, che preparò la strada all’attuale processo di pacificazione in Sudan, Amnesty International ha chiesto che i diritti umani costituiscano un elemento essenziale del futuro accordo di pace. 

“Se i diritti umani per tutti non diventeranno un elemento essenziale di un accordo che è cruciale per il futuro del Sudan, la pace non sarà praticabile”, ha dichiarato oggi Amnesty International lanciando un nuovo rapporto intitolato Sudan. Promesse vane? Violazioni dei diritti umani nelle aree controllate dal governo.

Il rapporto, già presentato al governo sotto forma di memorandum, descrive le continue violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di sicurezza sudanesi nella aree esterne al sud del paese.

“Mentre l’attenzione del mondo si è concentrata sui modi in cui sostenere le iniziative per porre fine al conflitto tra il governo e il Movimento / Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLM/A), la popolazione nelle aree controllate dal governo continua a subire violazioni dei diritti umani, prodotte da quella discriminazione e quella ingiustizia che avevano alimentato il conflitto nel sud”.

“Il governo di Khartoum ha compiuto molti gesti rivolti a una maggiore apertura e promozione dei diritti umani nelle aree sotto il proprio controllo. Ma troppo spesso la retorica non si è convertita in un’azione concreta in favore dei diritti umani”, si legge nel rapporto di Amnesty International.

Il conflitto che sta crescendo d’intensità nel Darfur, nel Sudan occidentale - dove a febbraio alcuni contadini dei villaggi sono ricorsi alle armi contro il governo, ritenuto responsabile di non garantire adeguata protezione e di emarginare la regione - mostra ulteriormente la volontà del governo di ricorrere a violazioni dei diritti umani quando si trova ad affrontare problemi.

Nel Darfur, di fronte agli attacchi di gruppi armati nei confronti della popolazione, le autorità hanno reagito imprigionando i capi delle comunità locali e perseguendo gli oppositori. Nel 2001 sono stati istituiti tribunali speciali per processare gli autori di omicidi, attacchi armati e atti di banditismo. Queste corti hanno emesso condanne capitali e pene crudeli, inumane e degradanti al termine di processi palesemente iniqui.

In altre aree del Sudan, compresa la capitale Khartoum, restano pratiche diffuse sia la detenzione in isolamento di oppositori politici, studenti e semplici cittadini, sia la tortura da parte delle forze di sicurezza. I giornalisti subiscono restrizioni e gli attivisti della società civile vengono frequentemente sottoposti ad arresti, detenzioni arbitrarie e vessazioni. Studenti e profughi in fuga dalle zone di conflitto sono stati feriti o uccisi a causa dell’uso eccessivo della forza da parte della polizia e delle forze di sicurezza. Desta preoccupazione soprattutto la mancanza di responsabilità giudiziaria delle forze di sicurezza per qualsiasi azione esse intraprendano, inclusi gli atti di tortura, consentita da leggi incompatibili con i principi internazionali sui diritti umani.

“Mentre l’attenzione è concentrata sugli orrendi abusi commessi da ambo le parti protagoniste del conflitto nel sud, le violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di sicurezza nelle aree sotto controllo governativo vengono ignorate. Il governo sudanese ha fallito nel far cessare o sottoporre a indagini non solo gli abusi legati al conflitto nel sud, ad opera delle proprie forze armate e delle milizie alleate, ma anche quelli commessi dalle forze di sicurezza al di fuori del contesto di guerra. Questo spiega perché le violazioni dei diritti umani in Sudan continuano”, ha aggiunto Amnesty International. 

L’organizzazione chiede al governo sudanese di applicare le raccomandazioni sottopostegli e di tener fede alle promesse fatte per rispettare e proteggere i diritti umani. Amnesty International chiede in particolare di:

- abolire gli articoli 31 e 33 dell’Atto nazionale sulle forze di sicurezza, che consente a queste ultime di procedere a detenzioni in isolamento e senza incriminazione, garantendo al contempo la loro impunità;

- abolire le disposizioni relative ai tribunali speciali istituiti nel Darfur, incompatibili con gli standard internazionali in materia di processi equi;

- porre fine alle dure restrizioni imposte alla stampa sudanese;

- porre immediatamente fine agli arresti, alle detenzioni e alle vessazioni nei confronti degli attivisti della società civile, compresi gli oppositori politici, i difensori dei diritti umani e le attiviste per i diritti delle donne;

- indagare in maniera indipendente e imparziale sulle denunce di uccisioni e torture commesse dalle forze di sicurezza e consegnare i presunti responsabili alla giustizia;

- consentire che una commissione d’inchiesta indipendente ed imparziale indaghi su quanto sta accadendo nel Darfur e l’invio di osservatori dei diritti umani nella regione.

Amnesty International chiede ai mediatori internazionali del processo di pace, ai paesi donatori e alle altri parti interessate ai colloqui di pace, di porre i diritti umani di tutti i sudanesi al centro dei loro sforzi. 

“Un accordo di pace definitivo non solo porrebbe fine al conflitto nel sud, ma garantirebbe il rispetto, nella legge e nella prassi, dei diritti umani fondamentali di tutta la popolazione sudanese”, ha concluso Amnesty International.


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