Anno 2 Numero 56 Mercoledì 30.04.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati
 

 

 

RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SUL KOSOVO/KOSOVA: “MINORANZE PRIGIONIERE IN CASA PROPRIA”

www.amnesty.it

A quasi quattro anni dalla fine della guerra, le minoranze del Kosovo/Kosova (*) sono ancora a rischio di subire uccisioni ed attacchi a sfondo etnico: è quanto ha denunciato oggi Amnesty International, presentando un nuovo rapporto dal titolo “Prigionieri nelle nostre case”.

Il rapporto descrive come le minoranze in Kosovo/Kosova non abbiano modo di ottenere giustizia per gli atti di violenza e le minacce alla propria integrità fisica e psicologica da loro subiti. L’impunità per questi abusi dei diritti umani costituisce un effettivo impedimento alla libertà di movimento e una limitazione al godimento dei diritti fondamentali, come quelli al lavoro, alla salute e all’istruzione.

“Fino a quando questi diritti non potranno essere garantiti, i rifugiati e i profughi interni che si trovano all’estero o in altre zone della Serbia-Montenegro non saranno in grado di rientrare nelle proprie terre” – ha osservato Amnesty International. “Ora che si sta discutendo sul futuro dell’Iraq, la comunità internazionale deve tener presente le lezioni del passato e assicurare l’adozione di misure efficaci per proteggere i diritti umani dei gruppi vulnerabili e assicurare che non vi sarà alcuna impunità per gli autori degli abusi dei diritti umani”. 

Nel suo rapporto, Amnesty International afferma che l’amministrazione internazionale del Kosovo/Kosova si è trovata impreparata ai massicci abusi dei diritti umani contro le minoranze, seguiti al rapido rientro della comunità albanese. Sebbene gli atti di violenza contro le minoranze siano sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi immediatamente successivi alla fine della guerra, essi continuano tuttavia ad avere luogo.

Il fatto che in larga parte i reati a sfondo etnico restino impuniti rafforza la sensazione che i loro autori rimarranno liberi di compiere ulteriori attacchi e contribuisce ad alimentare un clima di paura. L’impunità per gli abusi presenti e passati nega alle minoranze del Kosovo/Kosova i diritti fondamentali garantiti dalle leggi nazionali e dalle norme del diritto internazionale applicabili in questo territorio. 

(*) Tutti i nomi di luogo contenuti in questo comunicato sono scritti in lingua serba e in lingua albanese.

“Le quotidiane intimidazioni subite da serbi, bosniaci, gorani, rom, ashkali ed egiziani (**) limitano la loro libertà di movimento. Il timore di avventurarsi fuori dalle enclavi monoetniche rafforza la percezione di prigionia e di esclusione e nega alle minoranze il godimento dei fondamentali diritti umani” – ha aggiunto Amnesty International. “L’impossibilità di avere accesso a cure mediche adeguate ha determinato un aumento dei tassi di mortalità e delle malattie all’interno dei gruppi minoritari. In alcune zone, questi non hanno accesso alle medicine di base”.

Nei casi di emergenza, i pazienti devono rivolgersi alla Kfor (la forza multinazionale a guida Nato presente in Kosovo/Kosova) o recarsi a un posto di blocco della Kfor e attendere di essere scortati a un ospedale: spesso questi ritardi hanno conseguenze fatali.

All’interno delle enclavi monoetniche vi è una grande difficoltà di reperire insegnanti qualificati. Per i bambini che vivono al di fuori di queste enclavi, andare a scuola spesso significa un viaggio di diversi chilometri sotto scorta della Kfor. Ad esempio, venti bambini serbi di Pristina/Prishtinё devono recarsi sotto scorta della Kfor a una scuola elementare di Llapje Selo/Llaplasellё, a otto chilometri di distanza. Un’insegnante delle elementari di Prizren viene presa ogni lunedì mattina dalla Kfor e accompagnata nel villaggio in cui lavora, dove rimane fino al venerdì, quando sempre sotto scorta viene riaccompagnata a casa.

L’impiego è a sua volta sottoposto a forti restrizioni. Si calcola che fino al 90% dei serbi e dei rom siano ufficialmente disoccupati. Nel giugno 1999 tutti i serbi sono stati licenziati dalle industrie statali e dai servizi pubblici.

In base alla risoluzione 1244/99 del Consiglio di Sicurezza, la Unmik (la polizia civile delle Nazioni Unite) ha la responsabilità di proteggere e promuovere i diritti umani. Amnesty International chiede alla Unmik e all’Istituzione provvisoria di autogoverno di affrontare seriamente il problema dell’impunità e prendere misure adeguate a proteggere i diritti delle minoranze che già vivono in Kosovo/Kosova. Queste misure serviranno a garantire alle minoranze che vivono all’estero o in altre zone della Serbia-Montenegro l’esercizio del proprio diritto a tornare in Kosovo/Kosova in condizioni di sicurezza e dignità.

Mentre la possibilità di rientrare continua a dipendere dalla presenza della Kfor, Amnesty International chiede alla comunità internazionale di assicurare che nessun membro dei gruppi minoritari sia fatto rientrare con la forza in Kosovo/Kosova.

(**) I gorani sono slavi musulmani. Gli ashkari e gli egiziani sono albanofoni musulmani e si considerano gruppi distinti dai rom

 

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