Anno 2 Numero 64 Mercoledì 25.06.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

NUOVO RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL’IRAQ: I DIRITTI UMANI, ALLA BASE DELLA RICOSTRUZIONE DEL PAESE 


www.amnesty.it

Amman – Alla vigilia di una importante conferenza del Forum economico mondiale, in cui si discuterà del futuro e della ricostruzione dell’Iraq, Amnesty International ha espresso la propria preoccupazione per l’attuale situazione dei diritti umani nel paese: “Il rispetto per i diritti umani dev’essere la condizione essenziale perché in Iraq vi siano sicurezza, pace e libertà” – si legge in apertura del rapporto.

I componenti di una delegazione di Amnesty International di ritorno dall’Iraq hanno riferito che le potenze occupanti – Stati Uniti e Regno Unito – non stanno adempiendo alle loro responsabilità di assicurare la sicurezza e il benessere della popolazione irachena. Inoltre, le potenze occupanti continuano a tenere agli arresti oltre 2000 iracheni presso aeroporti e altri centri di custodia, senza consentire loro di incontrare parenti e avvocati e di contestare sul piano giudiziario la propria detenzione.

“La famigerata prigione di Abu Ghraib, centro di tortura e di esecuzioni di massa sotto il regime di Saddam Hussein, rimane ancora tagliata fuori dal mondo esterno. Il 13 giugno i detenuti hanno effettuato una protesta contro la propria detenzione a tempo indeterminato e senza processo. Le truppe delle potenze occupanti hanno reagito uccidendo una persona e ferendone altre sette” – ha dichiarato Abdel Salam Sidahmed, vicedirettore del programma Medio Oriente di Amnesty International, al termine della sua visita in Iraq.

Nel suo rapporto, A vantaggio di chi? I diritti umani e il processo di ricostruzione economica in Iraq, Amnesty International afferma che “l’obiettivo della ricostruzione dev’essere quello di assicurare l’effettiva protezione e realizzazione di tutti i diritti umani per tutti gli iracheni. La ricostruzione avrà successo solo se i diritti umani saranno al centro di questo processo”. Il rapporto rivolge numerose preoccupazioni alle potenze occupanti e alle imprese private che stanno premendo per entrare o investire in Iraq.

La risoluzione 1483, adottata il 22 maggio dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha abolito il prolungato regime delle sanzioni e ha stabilito un quadro di riferimento internazionale per il processo di ricostruzione. Tuttavia, il Fondo di sviluppo menzionato nella risoluzione, dove saranno versati i proventi derivanti dalla vendita del petrolio, rimane sotto il chiaro controllo delle potenze occupanti, e persino l’Organismo “indipendente”, che ha il compito di supervisionare le spese del Fondo, non è chiamato direttamente a rispondere a livello internazionale.

“Senza un meccanismo di controllo internazionale, non vi è alcuna assicurazione che questi organismi orientino gli sforzi della ricostruzione verso la protezione dei diritti umani o che almeno assicurino che i progetti di sviluppo non finiscano per causare abusi dei diritti umani” – ha dichiarato Umberto Musumeci, responsabile Diritti economici e sociali della Sezione Italiana di Amnesty International. 

All’interno delle forze della coalizione, prima della guerra, si è parlato a lungo dei diritti umani della popolazione irachena. “Se quelle erano parole sincere, ora gli Stati Uniti e il Regno Unito dovrebbero affermare chiaramente che i progetti riguardanti la protezione dei diritti umani avranno priorità nel processo di ricostruzione” – ha aggiunto Musumeci. “Le potenze occupanti dovrebbero inoltre impegnarsi a riferire, nei loro rapporti al Consiglio di Sicurezza, sul modo in cui i finanziamenti erogati dal Fondo di sviluppo rafforzeranno la protezione dei diritti umani”.

La conferenza del Fondo economico mondiale viene presentata come uno sguardo rivolto al futuro dell’Iraq. “È davvero sconcertante che i diritti umani non siano neanche menzionati nelle otto fitte pagine di agenda dei lavori” – ha lamentato David Petrasek, direttore del programma sulle politiche e sulla valutazione di Amnesty International. “Saremo presenti alla riunione per ribadire che non può esservi alcuna ricostruzione se non sarà basata sul ripristino della legalità, sull’eguaglianza e sul rispetto di tutti i diritti umani di tutti gli iracheni. Perché la ricostruzione abbia successo, dovrà inoltre esservi giustizia per le centinaia di migliaia di vittime delle passate violazioni dei diritti umani in Iraq”.

“La ricostruzione non è solo una mera questione economica” – ha sottolineato Musumeci. “Soprattutto in un contesto di occupazione, il processo di ricostruzione è destinato ad avere un enorme impatto su aspetti politici e sociali e ovviamente sui diritti umani. Per questo, deve essere assicurata giustizia per i passati abusi ma vi è bisogno di giustizia sociale nel futuro”. 

Il rapporto di Amnesty International solleva dubbi sulla mancanza di trasparenza nell’assegnazione degli appalti e nel processo di ricostruzione, sottolineando come la mancanza di informazioni stia negando agli iracheni il loro diritto a prendere parte al processo decisionale su importanti questioni, come la ricostruzione del sistema giudiziario, la riorganizzazione delle forze di polizia, il sistema educativo e quello sanitario.

L’attuale situazione in Iraq mostra come le potenze occupanti non stiano venendo incontro ai bisogni di sicurezza della popolazione irachena. Centinaia di migliaia di famiglie stanno lottando per arrivare alla fine della giornata, senza pensione né stipendio. In questa situazione, la gente è sempre più frustrata e non sa a chi rivolgersi per esprimere preoccupazioni e proteste. È quasi impossibile scoprire i nomi dei dirigenti che sono a capo degli uffici governativi, che ruotano in continuazione, e sembra non vi sia alcun sistema di comunicazioni regolari tra l’Ufficio dell’autorità provvisoria della coalizione e la popolazione irachena.

“Le potenze occupanti devono prendere un esplicito impegno a coinvolgere gli iracheni nelle decisioni riguardanti la ricostruzione. Gli iracheni stessi, possibilmente attraverso istituzioni rappresentative, dovrebbero prendere decisioni sulla ricostruzione, sugli investimenti esteri e sulla vendita dei beni dello Stato” – ha aggiunto Musumeci. “Anche le donne devono essere coinvolte pienamente nel processo di ricostruzione: è una condizione necessaria per una pacifica ed efficace ricostruzione dell’Iraq”.

Il rapporto di Amnesty International rivolge numerose osservazioni alle imprese private e richiama la necessità che il loro comportamento non indebolisca gli sforzi per il ripristino della legalità attraverso incentivi alla corruzione. L’organizzazione per i diritti umani chiede alle imprese di considerare la propria condotta alla luce della nuova serie di principi sui diritti umani, sviluppati dalle Nazioni Unite con speciale riferimento al mondo degli affari, e di evitare quei trasferimenti arbitrari di popolazioni che spesso i progetti relativi a grandi infrastrutture possono provocare. Il rapporto, infine, sollecita le imprese a osservare le norme sulla sicurezza riconosciute a livello internazionale, con particolare riferimento all’impiego e alla formazione degli addetti alla sicurezza, nonché ad evitare ogni forma di discriminazione nell’assunzione di manodopera irachena.

“Se le riforme per proteggere i diritti umani non saranno pienamente integrate nella ricostruzione, sarà stato perpetrato un tradimento ai danni della popolazione irachena” – ha concluso Musumeci. 

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