Anno 2 Numero 76 Mercoledì 17.09.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

ALGERIA, RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL: “BASTA PROMESSE, OCCORRONO FATTI”

www.amnesty.it 

Dopo anni di parole, da parte delle autorità algerine, sul miglioramento della situazione dei diritti umani, tramutare le promesse di cambiamento in realtà non è mai stato così urgente, ha dichiarato Amnesty International in un rapporto pubblicato oggi. “È ora che le autorità algerine inizino a rendere concrete le loro promesse di cambiamento e contrastino gli abusi dei diritti umani in maniera efficace”, ha affermato Amnesty International.

Il rapporto Algeria: passi avanti verso un cambiamento o vane promesse? prende in esame l’impatto delle iniziative assunte o annunciate dalle autorità algerine negli ultimi tre anni e mostra come il perdurante fallimento dello Stato nel volgere le promesse in azione abbia determinato una mancanza di fiducia nei confronti degli impegni proclamati dal governo.

“Per recuperare la fiducia degli algerini, le autorità devono mostrare che intendono seriamente impegnarsi ad affrontare le forti preoccupazioni della popolazione per la situazione dei diritti umani”, ha dichiarato Amnesty International.

Sebbene migliorata tra la metà e la fine degli anni 1990, la situazione dei diritti umani nel paese resta grave. Ogni mese, fino a 100 persone continuano a venire uccise dai gruppi armati, dalle forze di sicurezza e dalle milizie armate dallo Stato, e sono i civili a subire il peso maggiore della violenza degli attentati indiscriminati e degli attacchi armati contro obiettivi precisi.

La tortura durante lo stato di custodia resta una pratica assai diffusa e diventa sistematica nei casi legati a quelle che le autorità descrivono come attività “terroristiche”. Secondo le informazioni di Amnesty International, la grande maggioranza dei casi di tortura si verifica all’interno delle strutture dei servizi di sicurezza militari, l’organismo più segreto e meno chiamato a rispondere delle proprie azioni tra le forze di sicurezza del paese.

Negli ultimi anni, le autorità algerine si sono espresse sempre più in favore del cambiamento, indicando una serie di riforme in programma e gradualmente poste in essere nel campo legislativo e della struttura delle istituzioni statali. Alcune iniziative, durante gli ultimi tre anni, contenevano elementi positivi. Le modifiche legislative introdotte nel 2001, ad esempio, avrebbero dovuto in teoria migliorare le garanzie per la protezione dei detenuti dalla tortura e dalla detenzione segreta. Invece, come analoghe garanzie legali, sono rimaste largamente disattese.

Amnesty International è gravemente preoccupata per altre misure adottate recentemente dal governo algerino. Ad esempio, l’amnistia del gennaio 2000 per circa 1000 membri dei gruppi armati e la successiva emanazione extralegale di atti di clemenza per i gruppi armati hanno ostacolato l’emergere della verità sui gravi abusi dei diritti umani e assicurato l’impunità per i responsabili, negando così a decine di migliaia di vittime il diritto al risarcimento.

Il rapporto evidenzia, comunque, come nessuna delle iniziative abbia affrontato il retaggio del decennio scorso, in cui l’Algeria è stata devastata da una crisi dei diritti umani di proporzioni terribili. Nessuna indagine completa, indipendente e imparziale è stata avviata sugli abusi di massa dei diritti umani compiuti dal 1992, che costituiscono crimini contro l’umanità.

Questi crimini includono decine di migliaia di uccisioni e migliaia di casi di tortura commessi dai gruppi armati, dalle forze di sicurezza e dalle milizie armate dallo Stato, così come migliaia di casi di “sparizioni” successive agli arresti da parte delle forze di sicurezze o delle milizie armate dallo Stato. Il governo algerino continua inoltre a negare che pubblici ufficiali si siano resi responsabili delle massicce violazioni dei diritti umani verificatesi nell’ultimo decennio.

Amnesty International rinnova l’appello a tutti i gruppi armati di porre fine agli attacchi deliberati contro i civili, rispettare il principale diritto umano fondamentale, quello alla vita, nonché porre fine al rapimento, allo stupro e alla tortura di donne e ragazze.

“Le vittime di questi abusi hanno atteso già troppo. È ora che le loro voci siano ascoltate e che le promesse di cambiamento siano tramutate in azione” ha concluso Amnesty International.

In vista della prossima ratifica, di tutte le parti coinvolte, dell’Accordo di associazione euro-mediterranea firmato ad aprile 2002, l’organizzazione chiede alla presidenza italiana dell’Unione europea di occuparsi urgentemente del perdurare della grave situazione dei diritti umani in Algeria. 

“La presidenza italiana dell’Unione europea deve assumersi seriamente le proprie responsabilità riguardo all’Accordo di associazione euro-mediterranea che sta per essere ratificato e che contiene una clausola sui diritti umani reciprocamente vincolante”, ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Unione europea. "Evitando ora di affrontare l’Algeria per aver fallito nell’occuparsi dei più gravi abusi dei diritti umani, alimenterà semplicemente la frustrazione sentita da molti cittadini algerini”.

"In vista dei suoi prossimi colloqui con le autorità algerine, l’Unione europea deve cercare concretamente di migliorare la situazione e di occuparsi della mancanza di responsabilità per i crimini del passato”, ha affermato Oosting.

In particolare, Amnesty International si appella all’Unione europea affinché essa richieda l’impegno delle autorità algerine per:

 assicurare che l’organismo nazionale sulle “sparizioni” annunciato dal presidente Bouteflika il 6 agosto scorso avrà l’indipendenza necessaria e i poteri per aiutare a rivelare la verità circa le migliaia di “scomparsi” algerini e che privilegerà gli interessi delle vittime;
 porre fine all’impunità, fermando immediatamente la pratica di concedere l’esonero dalla prosecuzione ai membri dei gruppi armati che si consegnano alle autorità e dichiarando nulla e vuota l’amnistia del 10 gennaio 2000; 
 assicurare che le conclusioni della Commissione d’inchiesta sull’uccisione delle decine di manifestanti inermi nella regione della Kabylia nel 2001 siano seguite da indagini complete, imparziali e indipendenti per identificare le persone responsabili per ciascuna uccisione e assicurare che siano consegnate alla giustizia con procedure che rispettino gli standard internazionali per il processo equo. 

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