Anno 2 Numero 64 Mercoledì 25.06.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

GLI USA DEVONO ASSICURARE AI PRIGIONIERI IRACHENI UN TRATTAMENTO UMANO E L’ACCESSO ALLA GIUSTIZIA, CHIEDE AMNESTY INTERNATIONAL


www.amnesty.it 

Roma, 30 giugno 2003 - Amnesty International ha chiesto oggi agli Usa di dare alle centinaia di iracheni arrestati dall’inizio dell’occupazione il diritto di incontrare familiari e avvocati e di avere la revisione giudiziaria della loro detenzione. L’organizzazione ha inoltre chiesto alle autorità statunitensi di indagare sulle denunce di torture, maltrattamenti e decessi in custodia.

“Le condizioni in cui gli iracheni sono detenuti presso il Camp Cropper dell’Aeroporto internazionale di Baghdad (attualmente base Usa) e nella prigione di Abu Ghraib possono costituire pena o trattamento di natura crudele, inumana o degradante, vietata dal diritto internazionale” – ha dichiarato l’organizzazione per i diritti umani.

Tra gli iracheni arrestati dalle forze Usa dalla fine del conflitto figurano sia politici che criminali comuni. I prigionieri detenuti a Baghdad denunciano regolarmente trattamenti crudeli, inumani e degradanti come l’uso di strette manette di plastica e talora la negazione di acqua e servizi igienici nel corso della prima notte trascorsa agli arresti. I delegati di Amnesty International in Iraq hanno visto numerosi ex prigionieri con le ferite ancora aperte, a un mese di distanza, causate dall’uso delle manette. 

“Gli Usa, come potenza occupante, devono rispettare gli standard dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario per quanto riguarda il mantenimento della legge e dell’ordine e in particolare l’arresto, la detenzione e gli interrogatori dei prigionieri. Devono inoltre assicurare che ricorreranno alle armi da fuoco solo in caso di imminente pericolo di vita” – ha aggiunto Amnesty International.

L’organizzazione ha sollevato queste preoccupazioni in una lettera trasmessa il 26 giugno a Paul Bremer, capo dell’ufficio dell’Autorità provvisoria di occupazione (Ocpa). Amnesty ha sollecitato l’Ocpa ad annunciare pubblicamente le misure che intende adottare per indagare sulle denunce di abusi durante le perquisizioni delle case e ad assumere misure preventive per impedire il ripetersi di tali abusi e assicurare un risarcimento alle vittime.

I delegati di Amnesty International hanno accolto positivamente le dichiarazioni dei legali dell’esercito statunitense e dell’Ocpa, i quali hanno annunciato l’intenzione di migliorare rapidamente le condizioni detentive ed assicurare che ogni persona arrestata potrà vedere un avvocato entro 72 ore.

I legali delle forze armate Usa incontrati da Amnesty International la settimana scorsa hanno riconosciuto che non aver fornito informazioni agli arrestati circa la loro situazione era una circostanza spiacevole, giustificata a loro avviso dall’impossibilità iniziale di creare strutture logistiche a tale scopo.


L’assenza di chiarezza sulle procedure e sulla legge da applicare ha dato vita a un doppio sistema: gli iracheni che si trovano nel “buco nero” del centro di detenzione dell’aeroporto di Baghdad non possono vedere i familiari e hanno diritto a una revisione del proprio caso, da parte di un avvocato militare statunitense, entro tre settimane dall’arresto. Quelli detenuti nelle stazioni di polizia irachene sono trattati secondo quanto dispone il codice di procedura penale iracheno del 1971: i loro casi vengono esaminati, entro 24 ore dall’arresto, da un giudice iracheno che può ordinare il rilascio in caso di insufficienza di prove.

“Molti degli iracheni detenuti all’aeroporto di Baghdad erano stati arrestati per errore e sono stati rilasciati dopo diverse settimane di detenzione trascorse in condizioni inumane e ora provano amarezza, frustrazione e sfiducia nei confronti della giustizia statunitense. Più si allarga la dimensione degli arresti, più grande è l’ingiustizia” – ha denunciato Amnesty International.

L’organizzazione è preoccupata anche per una serie di denunce secondo le quali le forze angloamericane avrebbero trafugato denaro dalle abitazioni private sottoposte a perquisizione. I quattro fratelli As’ad, ‘Ali, ‘Uday e Lu’ay Ibrahim Mahdi sono stati arrestati la notte del 29 aprile nella propria casa, a seguito di una sparatoria in una strada di Baghdad. Sono stati bendati e ammanettati. Hanno trascorso la prima notte sul pavimento di una scuola, senza acqua e cibo e senza poter usare i servizi igienici. Il giorno dopo sono stati portati a Camp Cropper dove sono rimasti fino a quando, l’11 maggio, sono stati rilasciati. I quattro fratelli hanno denunciato il furto dei loro risparmi (equivalenti a circa 20.000 dollari) e di altri oggetti personali. L’interprete iracheno che aveva preso parte alla perquisizione del 29 aprile ha ammesso di aver consegnato i soldi a un ufficiale statunitense. Il denaro non è mai stato restituito.

“Se si vuole assicurare un futuro dove i diritti umani siano rispettati, è di fondamentale importanza che le autorità che attualmente amministrano l’Iraq garantiscano trasparenza e accertamento delle responsabilità per le passate e attuali violazioni dei diritti umani” – ha concluso Amnesty International.

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