Anno 2 Numero 45 Mercoledì 12.02.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

 



IL DILEMMA DELL’INNOVATORE
Come le nuove tecnologie possono assicurare il successo alle imprese e agli intraprendenti

di Clayton M. Christensen
Postfazione di Roberto Panazarani
(Edizioni FrancoAngeli - 2001)


Le imprese, anche piccole e medie, che ascoltano astutamente i ticipano con le loro antenne competitive nuovi bisogni emergenti, puntano aggressivamente su innovazioni tecnologiche e cambiamenti di mercato “dirompenti”, hanno grandi possibilità perché, come dimostra in questo libro Clayton M. Christensen, le grandi multinazionali frequentemente falliscono quando si trovano di fronte a certi tipi di cambiamento di mercato e di tecnologia. Ciò avviene in settori, in rapida come lenta evoluzione, basati sulla tecnologia elettronica, chimica o meccanica, nell’industria come nei servizi e nella grande distribuzione (…) Dalle lezioni dei successi e fallimenti delle imprese leader, Christensen ricava una serie di criteri e regole per trarre profitto dal fenomeno delle innovazioni dirompenti. Questi principi, basati su casi concreti, sono utili per determinare quando è giusto non dare ascolto ai clienti, quando investire nello sviluppo in prodotti con performance più basse, che promettono margini minori, e quando coltivare piccoli mercati anche a spese di altri, apparentemente più grandi e redditizi. La maggioranza delle aziende deve oggi affrontare il “dilemma dell’innovatore”. Conservare la propria clientela è fondamentale per il successo di oggi, ma la crescita e gli utili spesso dipendono da una formula manageriale molto dinersa. Questo libro vi aiuterà a definire le nuove strade che dovete intraprendere e che possono assicurarvi il successo.


Postfazione di Roberto Panzarani al libro di Clayton M. Christensen

The way through the world 
Is more difficult to find than the way beyond it 

Wallace Stevens 

Come dicono Stan Davis e Chris Meyer in Blur e in Future Wealth” l’economia è il modo in cui le persone usano le risorse per soddisfare i propri desideri. Le modalità specifiche di utilizzo delle risorse a questi fini si sono trasformate più volte nell’arco della storia e continuano a cambiare, oggi soprattutto per l’azione combinata di tre forze: Interconnessione, Velocità e crescita del Valore Immateriale.
Poiché si tratta di una transizione in cui ci ritroviamo catapultati all’improvviso, la percepiamo come una zona indistinta. É indistinta l’interconnessione – perché gli attori sono così intimamente legati tra loro che i confini che li separano diventano sfumati; è indistinta la Velocità – perché il business cambia così in fretta che è difficile mettere a fuoco la propria situazione; infine sono indistinti gli Elementi Immateriali, perché il futuro ci arriva addosso con un impeto tale che il capitale fisico diventa una passività. Il valore è racchiuso sempre più nelle informazioni e nelle relazioni: fattori che non si possono vedere e spesso neppure misurare.
Le logiche a cui siamo tutti abituati – lavorare per denaro, pagare per i beni e i servizi che si acquistano e mantenere confini ben distanti tra un’organizzazione e l’altra – stanno venendo meno. 
In questi giorni stiamo leggendo sui giornali che il commercio elettronico continua a crescere a gran velocità. 3Nell’ultimo trimestre in America è salito del 15% superando i 4.000 miliardi di lire al mese. Si prevede un boom dei regali su Internet: si passerà dai 20 
milioni di acquirenti del Natale ’99 a 35 milioni quest’anno. La spesa festiva online dovrebbe crescere dai 15.000 miliardi del Natale scorso ai 25.000 miliardi (in lire). Cioè più 66%: nessun altro settore ha un aumento così forte. Del resto, ormai 150 milioni di americani hanno l’accesso a Internet e a casa ciascuno naviga in media dieci ore al mese. Senza contare le ore negli uffici. Amazon in tutto il 2000 raggiungerà 6.000 miliardi di e-commerce fra libri, cd ed elettronica. Le vendite di biglietti aerei vanno così forte che Priceline.com è ormai una delle dieci maggiori agenzie di viaggio negli Usa.
Allo stesso tempo, però, la banca americana Goldman Sachs lancia l’allarme: “Nel commercio elettronico chi non supera questo Natale con dieci e lode – vendite in forte aumento e clienti felici – rischia di morire nel 2001. Amazon reagisce offrendo consegne a domicilio gratis. E Toys ingaggia un esperto di logistica militare per evitare i gravi ritardi di un anno fa nelle consegne di giocattoli. Tutti fanno sforzi di fantasia per stimolare i consumi. Il portale-shopping di AmericanOnLine cavalca la tendenza a coccolarsi: ”Donatevi sedute di massaggi: ve li siete meritati”. C’è persino un sito che vi incita a regalare corsi di kickboxing femminile. Allora perchè tante difficoltà? La risposta brutale la dà un grosso finanziatore di nuove imprese, Barr Dolan del Charter Venture Capital: “Per noi il business della vendita elettronica al consumatore è un capitolo chiuso, come investitori non ci interessa più”. Con lo stesso estremismo per cui nel 1999 qualsiasi azienda battezzata col prefisso “e-” veniva finanziata, quest’anno i rubinetti del venture capital, della Borsa e delle banche si sono chiusi per tutti. La stessa Amazon, regina dell’e-commerce puro, ha ancora i bilanci in rosso e quindi deve continuare a sedurre Wall Street per ottenere capitali. Per chi non ha la leadership di Amazon sul mercato, un periodo men che strepitoso può significare la fine di ogni credito. 
Anche nell’era di Internet, dunque, si pone il dilemma che Clayton Christensen descrive in questo suo bel libro e riguardante le conseguenze di quel che lui chiama le innovazioni delle tecnologie “di sostegno” e quelle che chiama le tecnologie “d’interru-zione”. Come ricorda Hans Magnus Enzensberger: “quando Gutenberg creò le sue lettere mobili, non pensava affatto alla distribuzione massiccia di materiale pubblicitario, e neppure ai giornali scandalistici. Voleva soltanto stampare una bella Bibbia. Sembra che quando Bell ebbe l’idea del telefono, pensasse a come risolvere il problema dei deboli d’udito; e Etienne-Jules Marey sviluppò la sua camera per esaminare le sequenze dei movimenti sugli animali; la sua mente era lontanissima da Hollywood.
Come ricorda Peter Drucker, non oltre il 10-15% delle innovazioni sviluppa i desideri dell’inventore. Un altro 15, 20 o addirittura 30% delle invenzioni non è disastroso, ma non è nemmeno un successo. Dopo cinque anni, qualcuno probabilmente dirà che si tratta di una simpatica novità, intendendo che nemmeno dietro compenso qualcun altro potrebbe esservi interessato. Il 60% viene ricordato al massimo in calce a una pubblicazione. Anche il tempismo gioca un ruolo fondamentale. Seppure un’invenzione non ha avuto successo, dieci anni dopo può essere reinterpretata in maniera leggermente diversa da un’altra persona e improvvisamente funziona. A volte le strategie sono più importanti dell’innovazione stessa. Il problema è che difficilmente viene offerta una seconda opportunità e, facendo riferimento al libro di Christensen, P. Drucker afferma che certamente una società deve essere coinvolta nel processo di “distruzione creativa”, ma deve essere un processo continuo e deve essere organizzato. A tale proposito cita l’esempio di una società con la quale ha lavorato, di dimensioni abbastanza considerevoli, leader mondiale in un settore specializzato. Ogni tre mesi, un gruppo di dipendenti dell’azienda (costituito da persone giovani e di media esperienza, ma mai dalle stesse persone) si riunisce per prendere in esame un segmento dell’azienda (prodotti, servizi, procedimenti o politiche), ponendosi la seguente domanda: Se non avessimo fatto così, ci troveremmo nella stessa posizione adesso? E se la risposta è negativa, la domanda successiva è: che cosa faremmo? Ogni quattro o cinque anni questa azienda ha sistematicamente abbandonato, o almeno modificato, tutti i propri prodotti e processi, soprattutto i servizi. Questo è il segreto della sua crescita e della redditività.
Un’azienda dovrebbe essere in grado di eliminare i propri scarti, così come fa automaticamente il corpo umano. Nel corpo aziendale, invece, si sviluppa un’enorme resistenza. L’abbandono non è affatto facile e non bisogna sottovalutarne gli effetti. Il suo impatto è fortissimo sull’opinione della gente e della società. A volte un cosidetto miglioramento può rivelarsi un nuovo problema. Spesso nelle aziende il 70% delle novità deriva da una leggera modifica di qualcosa preesistente. Il migliore esempio è forse quello di Ge Medical Electronics, leader mondiale, nonostante molti dei prodotti siano frutto di miglioramenti successivi e non dell’innovazione.
Per quanto riguarda l’Italia, ritengo che l’uscita di questo libro sia fondamentale anche perché il “dilemma italiano” è ancora per certi versi molto profondo e le riflessioni che Christensen offre possono diventare uno strumento importante per tutti coloro che operando nel mondo delle organizzazioni debbono prendere decisioni in situazioni che oggi sono di grande rapidità, ma allo stesso tempo difficili e complesse.

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