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di
Marina Pinto
Marc-Antoine Charpentier (1636-1704) nacque a Parigi, da giovane si trasferì a Roma, e lì studiò con Giacomo Carissimi, il più celebre autore e divulgatore di oratori, da cui apprese le varie tecniche della composizione, la scienza del contrappunto e soprattutto la musicalità italiana che ritroviamo in tutte le sue opere e composizioni strumentali, le quali infatti presentano parecchi tratti “italianeggianti” e una robusta inventiva e fantasia, contribuendo così alla fusione tra stile italiano e quello francese.
Egli si inserì con immediato successo negli ambienti musicali del XVII secolo, e lavorò con buona lena accanto al già famoso Lully presso la corte di Versailles, la corte del re Sole, che tanto amava la musica e le rappresentazioni teatrali.
Nel 1672, inseguito alla rottura dei rapporti fra Moliére e Lully, egli subentrò a quest’ultimo nella composizione delle musiche di scena per due commedie poco note, e l’anno seguente per il famoso “Malato immaginario”. Il favore che ebbe la sua musica fu grande, e fu da sprone per il giovane compositore, che continuò a scrivere secondo i dettami e lo stile dell’epoca, fino a che nel 1684 fu nominato maestro di cappella presso la chiesa di St. Louis dei Gesuiti, poi compositore presso la principessa di Guisa, insegnante di musica alla corte di Filippo d’Orleans, fino a che coronò la sua carriera con l’altissima carica di maestro di cappella della Sainte Chapelle du Palais.
L’intera produzione di Charpentier occupa ben 28 volumi (che sono presso la Biblioteca Royale), è quindi vasta e molto varia, una imponente mole di opere per il teatro, una ventina di oratori, una decina di Messe a 6 e ad 8 voci, diversi brani di musica sacra come le “Elevations”, i “Magnificat”, ed anche Mottetti, Salmi, Inni.
Moderatamente amato e compreso in vita, Charpentier ha protratto la sua fama fino ai nostri giorni con un impulso sempre crescente di operazioni revivaslistiche dalle quali emerge la figura di un musicista estremamente colto ed erudito, dotato di fantasia e di una forza rinnovatrice tale da rimuovere - al suo tempo - lo stagnante asservimento del gusto musicale di tanti musicisti a lui contemporanei.
Prendiamo come esempio un brano di genere sacro, il Preludio dal “Te deum”, composto nel periodo della maturità della vita del compositore, la cui melodia iniziale, festosa ed allegra, dà all’ascoltatore un’impressione di fasto e grandezza di gusto squisitamente barocco, in cui ascoltiamo archi, trombe e timpani trionfali ed esaltanti.
Ecco la melodia:
Musica sontuosa, solenne, festosa…. è diventata la famosissima sigla TV dei programmi in Eurovisione… Buon ascolto a tutti!
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