|
|
di
Marina Pinto
Nell’atmosfera di fine ‘800 il realismo si andava facendo strada in modo sempre più convincente, nell’ambito dell’esperienza della scapigliatura lavorarono tanti autori, letterati e librettisti furono i primi ad essere contagiati da questa nuova corrente, naturalmente ognuno in relazione alla propria diversità e al proprio ingegno. Più rilevante che in altri è stata l’influenza del verismo in Giuseppe Giacosa, che lavorò con Luigi Illica alla stesura di libretti di celebrate opere di Puccini. E fu proprio Giacosa che scrisse sulla “Gazzetta Piemontese” di Torino, nel 1884, l’importanza dell’avvenimento della rappresentazione in prosa della “Cavalleria Rusticana” di Giovanni Verga, e che ne scrisse come l’avvenimento che segnava una data singolare nella storia del teatro moderno italiano.
Pochi anni dopo lo stesso soggetto suscitò una forte impressione sull’animo e sulla fantasia del giovane compositore Pietro Mascagni (1863-1945), il quale incaricò il suo concittadino Giovanni Targioni-Tozzetti di scrivere un libretto per l’opera che si apprestava a comporre. Il librettista si avvalse della collaborazione di Guido Menasci, che esercitava anche l’attività di giornalista, e così nacque l’opera “Cavalleria Rusticana”, che diede improvvisa e straordinaria popolarità al compositore e che divenne un vero simbolo del teatro musicale verista.
La prima rappresentazione avvenne a Roma nel Maggio del 1890, fu clamorosamente festeggiata e lodata (anche se non mancarono alcune critiche) e Mascagni stesso – che all’epoca aveva solo 26 anni – ne fu stupito e felice, tanto da scrivere al padre una lettera dove leggiamo: “Non mi sono ancora ripreso dalla commozione e dalla confusione. Mai mi sarei aspettato un entusiasmo simile: tutti applaudivano, in platea, dalle poltrone, erano tutti in piedi. Tutte le signore, compresa la Regina, applaudivano. E’ stato un successo colossale come non si è mai veduto, è una cosa che mi commuove. L’impressione grandissima qui a Roma continua a crescere… “
Con questo lavoro Mascagni inoltre vinse il concorso bandito dalla casa musicale Sonzogno per la composizione di un’opera in un solo atto, e da quel momento essa fu considerata come il manifesto stesso della nuova tendenza verista, per cui l’iniziativa di Sonzogno appare come l’origine prima della nascita del Verismo. L’avvento di “Cavalleria Rusticana” fu come una porta che si spalanca all’improvviso in una stanza chiusa, una fresca ventata odorosa che spazza via l’odore di muffa che si era fatto strada nel clima un po’ torbido del melodramma italiano della fine del secolo, una impetuosa esaltazione di canto e musica, il pubblico capì che quel canto era la sua voce e ne fu travolto.
La partitura dell’opera ripudia totalmente le complessità sinfoniche wagneriane e ritorna alle fonti puramente vocali dell’opera italiana; le vicende dei protagonisti
– i problemi “esistenziali” che caratterizzano per esempio il destino di Santuzza – sono poste in termini semplici e brutali, si resta sorpresi nel vedere e nel sentire quanto di vivo e di valido diano i “vecchi” mezzi dell’arte lirica italiana quando siano posti al servizio di una autentica ispirazione della musica e del dramma; proprio da questo insospettato aspetto dell’opera “Cavalleria Rusticana” trae la sua forza primitiva che le permette di essere ancora oggi presente sulle scene liriche del mondo intero.
Mascagni affronta il lavoro di scrittura con grande sicurezza, il libretto è semplice e il testo si articola in modo da rendere facile la dizione e chiaramente percepibili le parole, il soggetto è ricco di sensualità e calore; nella musica riecheggia spesso l’influenza delle canzoni popolari dell’Italia del Sud, come nella siciliana di Turiddu durante il preludio e in diverse frasi melodiche della romanza di Santuzza. Mascagni fa inoltre uso dei concertati vocali (nella preghiera e in diversi duetti), procedendo anche qui con la massima semplicità e senza alcuna traccia di virtuosismo.
Ecco di seguito la traccia della serenata che Turiddu canta a Lola all’inizio dell’opera:
La vicenda: in un paese siciliano Turiddu, al ritorno dal servizio militare, ha appreso che Lola, la donna da lui amata, è andata in sposa al carrettiere Alfio: egli dapprima si consola con un’altra ragazza del paese, Santuzza, ma poi l’antica passione riprende il sopravvento e fra lui e Lola si ristabilisce una relazione clandestina che gli altri ignorano, ma che non sfugge a Santuzza. Quest’ultima cerca di convincere Turiddu a tornare con lei, ma il tentativo è vano, e lei, offesa nel suo sentimento, rivela ad Alfio la tresca nascosta. Turiddu viene avvicinato da Alfio e provocato in uno scontro a duello: prima di allontanarsi però il giovane si rivolge commosso alla madre pregandola di avere cura di Santuzza e di chiederle perdono per averle causato tanto dolore.
All’uscita del paese avviene la sfida fra i due, il tragico epilogo sarà annunciato dal grido – famoso – di raccapriccio di una popolana: Turiddu è stato accoltellato ed ucciso dal rivale.
|
|
|