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di
Marina Pinto
Cimarosa e Paisiello formano un illustre binomio di musicisti rappresentanti il teatro musicale italiano di genere buffo del secondo Settecento. Domenico Cimarosa (1749-1801) ebbe umili origini, studiò alla scuola dei Padri Conventuali dove un frate organista si accorse della predisposizione alla musica che egli aveva fin da bambino, e lo fece accettare – per carità – tra gli allievi del Conservatorio di S. Maria di Loreto, dove restò per undici anni e dove si mostrò particolarmente dotato nello studio del violino, del clavicembalo, dell’organo e soprattutto del canto, nel quale prediligeva il genere buffo. Cimarosa compì i suoi primi passi in quella che diverrà la sua attività principale quando era ancora in Conservatorio, le sue prime composizioni risalgono infatti al 1765.
Con l’opera “Il Matrimonio segreto” Cimarosa portò ad alti ed apprezzati livelli il genere dell’opera buffa italiana, al tempo della sua composizione – il 1766 – egli lavorava a Vienna (dopo un lungo soggiorno il Russia presso la corte di Caterina II), e presentò questa sua opera al National-theater ottenendo un successo tale che – evento unico nella storia dello spettacolo musico-teatrale – l’opera venne integralmente replicata la sera stessa. Il testo fu tratto da una commedia inglese di George Colman e David Garrik, e stese il libretto Giovanni Bertati, che era il poeta ufficiale della corte di Leopoldo II.
Il contributo del Bertati è importantissimo per quest’opera, è uno dei rari esempi della librettistica del tempo che riesce a collocarsi su un piano di vera e propria eccellenza, esso è costruito in modo esemplare rinnovando il campo della commedia musicale (non per niente siamo nello stesso periodo di Beaumarchais e di Da Ponte) tanto per la vicenda che narra tanto per l’agilità, l’accuratezza di sviluppo e l’elegante caratterizzazione data ai personaggi sia nel comico sia nel sentimentale. Il libretto del Bertati è un vero capolavoro, concepito esplicitamente nel senso della natura musicale e drammatica di Cimarosa.
Gli innamorati, cioè gli sposi segreti, proprio per questo legame che momentaneamente devono tenere nascosto, vengono presentati in modo diverso dal solito (sospiranti e languorose entità staccate, ciascuna destinata ad esprimersi in sé e per sé), essi sono una vera coppia, e come tale assumono un valore reale, una espressione quasi romantica per il superamento delle convenzioni sociali in nome dell’amore. La coppia Carolina-Paolino è emblema di una nuova concezione drammatica, la loro libera scelta del matrimonio segreto esalta e difende il loro sentimento come mai si era visto prima.
Altre caratterizzazioni si mostrano con sostanza e significato preciso; Elisetta, la sorella di Carolina, è una ragazza viziata perché è la figlia maggiore, e si contrappone alla maturità della minore, che è invece donna capace di scegliere il proprio futuro. Elisetta è condizionata dall’ambiente e dalle convenzioni: ella per affermare sé stessa non deve compiere una scelta, ma essere oggetto di scelta, e tanto meglio se questa coincide con le velleità di lusso e di ascesa sociale che sente in sé. Così il sapere di avere un pretendente nobile, un conte, sprigiona in lei gli aspetti peggiori del suo carattere, ambizione, alterigia e poi – quando si sentirà rifiutata – rancore.
Fidalma, l’anziana spasimante di Paolino, non è una caricatura gratuita: l’ironia che l’autore le riserva non esclude un grande valore umanizzante, il reale rimpianto della giovinezza, un sommovimento viscerale provocato dal pizzicore dell’amore avvertibile a tutte le età.
Un altro personaggio così ben tagliato è il conte Robinson - il vero e proprio avversario di Paolino - che non si presenta come un farfallone amoroso che si posa ove trova nettare, egli è un uomo deciso, è nemico di Paolino perché decide di esserlo, e vuole forzare certe situazioni secondo il suo gusto.
Osserviamo quindi che già dall’impianto librettistico “Il matrimonio segreto” è il ponte necessario che collega la commedia settecentesca a quella rossiniana che si propone come lo spaccato della società contemporanea. Questi caratteri, assieme alla qualità della musica e ai suoi valori addirittura profetici, consentirono a quest’opera di resistere all’attacco del tempo, e di permanere nei repertori quando l’opera buffa settecentesca era ormai dimenticata.
A contatto con una materia librettistica di tale natura Cimarosa potè dar corso libero alla propria fantasia inventiva con un salto di qualità considerevole; di fronte a condizioni tanto favorevoli Cimarosa portò a maturazione tutti gli elementi che nei vent’anni precedenti era andato elaborando, l’occasione era unica e quella giusta, si può tranquillamente affermare che tutto il genere buffo ha come sintesi le grandi opere di questo periodo, Cimarosa, Paisiello e Mozart ne sono i veri rappresentanti.
I contributi salienti apportati da Cimarosa si possono dividere in due ordini: il primo riguarda l’incentivazione massima dei numeri d’assieme, dal duetto ai complessi riccamente articolati dei finali d’atto (così come in Mozart), nel “Matrimonio segreto” di 22 pezzi musicali ben 12 sono pezzi d’insieme, tutta l’opera è incentrata sull’azione svolta musicalmente, le zone individuali sono strettamente riservate all’azione, lo sviluppo degli insiemi è invece potentemente sviluppato, sempre ampio e variato, così da riportare allo spettatore attento l’impressione di un’opera dove l’azione collettiva è preminente, dove il teatro è costituito da entità che vanno e vengono secondo regole ben stabilite, i personaggi quindi si incontrano e si scontrano, si amano o si respingono per un disegno drammatico attento e voluto fin nei minimi particolari.
Il secondo elemento importante di questo lavoro è costituito dal modo di concepire la vocalità e di scrivere per le voci. Il belcanto tipico dell’opera seria non è respinto da Cimarosa, ma è utilizzato con una nuova espressività e una profonda revisione di stile, come un mezzo prezioso per cogliere le sfumature, addirittura per “dar voce all’ineffabile”. I fondamenti espressivi del belcantismo impiegato da Cimarosa sono gli stessi di Mozart nel “Flauto magico”, e nel futuro si possono richiamare i nomi di Rossini, Bellini e Donizetti, non soltanto nelle opere di genere comico ma anche in quelle sentimentali.
Con quest’opera la storia del genere giocoso si arricchisce di una seconda splendida perla che viene ad affiancarsi a quella mozartiana delle “Nozze di Figaro”(1786) e alla “Nina”(1789) di Paisiello, lo stesso Rossini riconobbe nel “Matrimonio segreto” un indiscusso capolavoro, in pieno accordo con Verdi che lo giudicò come “la vera commedia musicale”.
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