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Anno 2 Numero 63 Mercoledì 18.06.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Giuseppe Verdi: “Nabucco” 

 

di Marina Pinto  

 

“Nabucco” è l’opera che rappresenta il primo salto di qualità nella produzione operistica di Verdi esordiente, e fu un successo importante, tanto più che l’autore era appena ventottenne e le opere nuove rappresentate erano, in quel marzo del 1842, circa una quarantina. 
L’opera è in quattro atti, il libretto di Temistocle Solera fu proposto a Verdi dall’impresario del Teatro alla Scala, Merelli, in un momento in cui il giovane compositore era in uno stato di grande tristezza, dovuto a sventure e lutti familiari, ma il successo ottenuto fu così grande che egli decise di non lasciare più Milano. 
Con il “Nabucco” Verdi avvia la sua carriera operistica, quest’opera ha in sé tutti quegli elementi che ricompariranno, rielaborati, in tutta la produzione del musicista. Già il determinante ruolo del coro è tipico di molte pagine verdiane, e in particolare nel coro di quest’opera affiora quel senso di collettività e fratellanza che raggiunge in suo apice nel brano “Va’ pensiero, sull’ali dorate”, motivo che diverrà l’inno del Risorgimento italiano. Oltre a ciò è straordinariamente esemplare l’incisività con cui vengono presentati i due personaggi principali, Abigaille, la figura femminile, drammatica, sanguigna e volitiva, e, accanto a lei, Nabucco, un eroe e un padre che di fronte alle vicende della figlia rinuncia alla sua austerità per dare spazio alla sua parte umana ed affettuosa.. 
A tale risultato di successo non furono estranei alcuni fattori non esattamente musicali, ma piuttosto politici, che nell’Italia degli anni quaranta assumevano una particolare importanza. Verdi si destreggiò molto bene in questa direzione, facendo sì che l’opera piacesse tanto ai conservatori quanto agli spiriti inquieti, ai patrioti. Verdi stesso fu un patriota fervido, lo spirito patriottico di cui sono pervase molte sue opere (“Nabucco” non è la sola) fece di lui il portabandiera del Risorgimento italiano; egli aderì fortemente all’ideale rivoluzionario dell’Unità d’Italia, e vi rimase sempre fedele, si entusiasmò moltissimo per le imprese di Garibaldi, fu attivo negli avvenimenti politici del tempo, il suo nome divenne un simbolo, sui muri la scritta W VERDI per i patrioti venne tradotta in “viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”, e Cavour insistette affinché facesse parte del primo parlamento italiano. Verdi fu quindi un artista impegnato, ma non fece mai della sua musica uno strumento di propaganda politica, la sua regola era la sincerità dell’indipendenza. 
Nell’opera “Nabucco” già i versi di Solera tendevano la mano alle opposte fazioni, avvicinavano i fremiti di libertà alla giustizia monarchica e divina, un popolo sconfitto ed in catene ritrovava i propri diritti grazie all’intervento di Dio, un Dio che sa convertire ad una fede comune e ad una giustizia pietosa anche il terribile vincitore. La musica di Verdi aderì al soggetto con una veste sonora fatta su misura per conciliare gli opposti: egli, guidato dal fiuto del librettista (personalità irrequieta ed incostante, ma sicuro conoscitore dei gusti in voga) seppe individuare e valorizzare avvenimenti e caratteri che, in quel momento storico, avessero presa su ogni settore del pubblico.
Il protagonista, Nabucco, è pregno di profonda solitudine e sofferenza quando, maledetto dagli dei e dagli uomini, si vede privato della possibilità di agire, è lui il primo di tanti altri personaggi verdiani, i vecchi, i reietti, i traditi, i sovrani spodestati, tutti coloro che nessuno ascolta e a cui nessuno dà una parola di speranza; ma, allo stesso tempo, egli è un personaggio forte, e tocca a lui solo, una volta riacquistato il potere, sottomettere per una giusta causa gli impulsi incontrollati della schiava Abigaille, che, in un folle sogno, aveva progettato di sovvertire l’ordine gerarchico. E ancora è importante la presenza del coro, che davvero assicurò l’immortalità alla creatura biblica di Verdi-Solera, soprattutto quando intona il pianto degli ebrei deportati e schiavi, un canto nostalgico per la patria lontana, qui la coscienza popolare si eleva ad unità melodica, senza impennate rivoluzionarie, ma chiamando a testimone una commozione, così netta e così semplice che diventa inno, e farà voltare indietro gli italiani ogni volta che lo canteranno.
La forza melodica dell’opera è convincente anche in altri momenti del dramma, come nella preghiera del sacerdote Zaccaria (nel IV atto), nella finitura dei concertati, nella padronanza delle armonizzazioni e nei mezzi orchestrali (la Sinfonia d’apertura), oltre che al turbinio di scatenamenti ritmici che in un’epoca di così forte attaccamento alla melodia poteva essere interpretato come un assalto alle strutture tradizionali, ma che invece è la trasposizione in musica del movimento impetuoso dell’animo umano.
La vicenda: Nel tempio di Salomone a Gerusalemme gli ebrei piangono la loro sconfitta, quando giunge Zaccaria che ha preso in ostaggio Fenena, la figlia del loro vincitore Nabucco. Giunge anche Ismaele, il figlio del re di Gerusalemme, e annuncia che il nemico è vicino, addirittura nei pressi del tempio. Zaccaria affida Fenena ad Ismaele; i due sono innamorati da tempo, da quando Ismaele era stato ambasciatore degli ebrei a Babilonia; a quel tempo Fenena aveva liberato Ismaele dalla prigionia ed ora lui vorrebbe fare altrettanto, ma improvvisamente giunge Abigaille, la schiava creduta la figlia di Nabucco, accompagnata da guerrieri babilonesi travestiti da ebrei.; Anche Abigaille è innamorata di Ismaele, e promette la salvezza del popolo ebreo se egli acconsentirà al suo amore, ma Ismaele rifiuta. Intanto Nabucco s’inoltra a cavallo fino alle soglie del tempio. Zaccaria sta per uccidere Fenena con un pugnale ma Ismaele coraggiosamente la libera. Nabucco sta per saccheggiare ed incendiare il tempio, Abigaille giura di sterminare gli ebrei e Zaccaria invoca la maledizione del cielo su Ismaele che ha tradito il suo popolo. 
Abigaille ha trovato un documento che testimonia la sua vera nascita, apprende così di non essere la figlia di Nabucco, e vuole vendicarsi. Il gran sacerdote rivela che Fenena vuole liberare Ismaele, e lo può fare, in quanto ella è reggente al posto di Nabucco, impegnato in guerra, ma Abigaille usurpa il trono. Giunge all’improvviso Nabucco e ordina a tutti di inginocchiarsi poiché egli è Dio stesso: a questa parola viene colpito da un fulmine, ed Abigaille ne approfitta per impadronirsi di nuovo della corona. Abigaille ordina a Nabucco di firmare una pergamena che condanna a morte tutto il popolo ebreo e Fenena, e nel frattempo, sulle sponde del fiume Eufrate, Zaccaria profetizza al suo popolo la distruzione di Babilonia. 
Nabucco, prigioniero, ode il corteo che conduce Fenena a morte, disperato tenta di raggiungere la figlia, ed invoca l’aiuto di Dio. A liberarlo arriva il suo fedele ufficiale Abdallo, e finalmente con il suo esercito il re riesce a liberare Fenena e gli ebrei. Abigaille invoca il perdono il Dio e Zaccaria prega e ringrazia per la libertà riacquistata.

 


 

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