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Anno 2 Numero 61 Mercoledì 04.06.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Hector Berlioz e la “Synphonie Fantastique”  

 

di Marina Pinto 

 

Berlioz (1803-1869) si accostò alla musica come in “dilettante illuminato”, con una preparazione da autodidatta, ma sulle solide basi di una ricca documentazione letteraria. Egli fu critico acutissimo delle debolezze e delle incomprensioni che lo circondavano, fustigatore implacabile della stupidità in cui affogava la musica del suo tempo e della sua Parigi, per tutta la vita egli coltivò la sua retorica iperbolica estremamente attenta e rigorosa, ed il suo personaggio così anticonformista, intransigente, aggressivo, con uno spirito di iniziativa costantemente desto. Malgrado i venti contrari – che sovente spirano nel corso della sua vita – egli crea scompiglio, coinvolge la musica in una tempesta di rinnovamento irrefrenabile, allestisce spettacoli, mette insieme orchestre mostruose, crea società filarmoniche, organizza festival di musica, ma tutto ciò non basta per sé stesso: il suo rigore lo pone nella storia della musica in una collocazione diversa da quella a cui aspirava, decisamente inferiore a quella che meritava. Non a caso è solo il XX secolo che restituisce alla sua musica una attenzione ed una considerazione di gran lunga maggiori di quante ne godette. Berlioz con la sua opera di musicista e letterato esprime tutte le ansie, le contraddizioni, le divinazioni e gli equivoci, i fremiti e le insubordinazioni di un nascente romanticismo cui presta connotati irriducibilmente innovatori. Egli qualifica così immediatamente la propria creazione musicale come l’atto risolutivo di urgenze emotive personali, con sovrabbondanti implicazioni autobiografiche. Ne deriva lo sconvolgimento totale di ogni forma classicheggiante, a favore di una dimensione creativa interamente permeata del nuovo “ego” romantico, che porta in sé una marcata forza creativa, unita ad una fervida fantasia. Questa nuova forma protende verso una sbrigliata e colorita visualizzazione del sentimento, le sue composizioni alternano momenti di intimità di espressione e di ricerca incessante di ritmi e di effetti timbrici e sonori. Nelle tormentate vicende che accompagnano l’espansione musicale di Berlioz si scorge sempre il perseguimento di una meta irraggiungibile che lascia il compositore estenuato e scontento; Berlioz ha tutti numeri – criniera leonina compresa – per essere un modello perfetto di compositore romantico, una creatura un po’ folle, una personalità emotiva dall’immaginazione in eterno fermento, egli è sicuramente sincero nell’esprimere le sue passioni, che non rinnega mai. Sulla prima pagina della “Synphonie Fantastique” (1829) figura un testo letterario di un giovane poeta colpito da quella malattia che un celebre autore – Chateaubriand – chiama “il vuoto delle passioni”: si deve immaginare che il giovane musicista, in un accesso di disperazione amorosa, abbia ingerito dell’oppio, e, nel corso di un pesante torpore, identifichi la donna amata in una “melodia-idea fissa”, che apparirà in tutta l’opera, sempre identica a sé stessa. La realtà si mescola qui con la finzione, di questa donna amata da Berlioz conosciamo il nome, si tratta di Harriet Smithson, una attrice irlandese, di cui Berlioz cadde follemente innamorato dopo averla sentita recitare nel ruolo di Ofelia. La romanzesca vicenda durò due anni e mezzo, e nessuno la ignorò: la copiosa corrispondenza di Berlioz con le sue sorelle e con gli amici è ricca di speranze deliranti e furiose delusioni, di inni di adorazione ed invettive, tutte dirette all’indirizzo della donna, ma con chi ha a che fare Berlioz? Semplicemente con un sogno. Vero, egli non incontrò mai la signora in questione, ma nel clima della sua epoca un artista non sedeva allo scrittoio limitandosi al pensiero o alla fantasia poetica, egli doveva strapparsela dal cuore, tutta sanguinante, in feroce esaltazione; aggiungiamo a questo impeto caratteriale un certo esibizionismo romantico ed ecco che abbiamo tutti gli elementi per individuare la genesi della “Synphonie Fanfastique”. L’inizio è caratterizzato da una melodia fresca e di carattere cantabile, una gioia interiore canta l’amore sognato, ascoltiamo una romanza splendidamente disegnata dall’impetuoso autore ventiseienne. Così Berlioz ci rende fisicamente palpabile la trasformazione di un sogno di ideale purezza in una ossessione veemente e malsana, la melodia si infiamma progressivamente, giungendo ad una seconda enunciazione di sé stessa. Sopraggiunge un episodio, più pacato, ascoltiamo una variazione della melodia della romanza eseguita dal corno, da cui germoglierà la cellula iniziale della melodia-idée fixe, che regnerà da padrona in tutta la composizione, mentre la romanza precedente sparirà del tutto. La sinfonia si estende per cinque movimenti, rappresentando nel suo percorso diverse scene, la scena del ballo, su un elegante movimento di valzer, e la “Scène aux champs”, che occupa, al centro dell’opera, la normale sede del movimento lento di ogni sinfonia, e che è una tregua, una parentesi rasserenata nell’assillo mentale del tormento dell’autore: nella calma di un crepuscolo estivo egli ode due pastori dialogare, e si abbandona a sogni di tenerezza e a fragili speranze, solo ascoltiamo in lontananza i brontolii lontani di un temporale che minaccia. E’ possibile che Berlioz, beethoveniano accanito, abbia in qualche modo sognato di rievocare qui la “Sinfonia Pastorale”; questo pensiero è lecito e giustificato dalle sonorità pacate, dalla sobrietà dell’espressione musicale, dalla purezza del linguaggio che regnano in queste pagine. Vi si riconosce anche uno straordinario senso dello spazio, Berlioz ci dà la sensazione delle tre dimensioni in cui si dispiegano gli eventi sonori che confluiscono in sterminate profondità d’azzurro. Ben presto giunge il momento in cui riappare nello spirito tormentato del giovane musicista la frase contenente l’immagine della donna amata, che porta lo scompiglio nella tenera pastorale in cui eravamo immersi, l’episodio insorge irruento, e porta un grande momento corale, su un movimento rapido di violini e viole un clarinetto canta un tema, all’apparenza nuovo, ma in realtà dedotto da quello che regna in tutto il pezzo. Con la “Marche au supplice” subito ascoltiamo un cambiamento di tono e di stile: qui la musica assume un carattere davvero allucinatorio: il romanticismo espresso dell’autore è trascinato nel ribollire della passione devastatrice. Il giovane musicista sta dunque per assistere in sogno alla propria morte…. morte sul patibolo, dopo l’assassinio della donna amata. Con il “Songe d’une nuit de Sabbat”, la quinta ed ultima parte della “Fantastique” il genio originale di Berlioz prende un possente slancio: ora egli è un visionario con uno spirito luciferino, veemente e sarcastico, una immaginazione acustica folgorante, un furore senza controllo e senza precedenti. Questo episodio è quello che Berlioz chiama “la sua vendetta”: nella genesi dell’opera la delirante storia d’amore ha per oggetto questa donna portata in cielo e trascinata nel fango, che mai, in verità, ha saputo nulla del romanzo di cui è l’eroina, è questo l’ultimo stadio della storia, il momento in cui Berlioz riversa il torrente della sua passione sulla carta pentagrammata, quello che egli crede di aver scoperto è che la vita privata di Harriet non è irreprensibile, tutt’altro: ce n’è abbastanza per trasformare in vendetta un sentimento amoroso che gira a vuoto da ormai due anni e mezzo? C’è, si, e c’è anche qualcos’altro: l’attrice protagonista involontaria di tanto amore tornò a Parigi, dopo un’assenza di circa un anno, e senza alcuna corona di prestigio. La grande passione di Berlioz si è, in realtà, abbastanza sgonfiata, ma poiché essa non è mai stata reale se non nella sua testa, gliene resta a sufficienza per utilizzarla sotto altri aspetti: la sinfonia si chiude con quella notte di Sabba dove la donna amata, tramutata in strega, si avvolgerà in un’orgia degna della sua nuova condizione di donna perduta.

 


 

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