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di Marina Pinto
In omaggio al compositore italiano Luciano Berio - scomparso lo scorso 27 Maggio – ricordiamo la sua figura e le sue originali composizioni che lasciano una traccia incancellabile del suo genio e del suo pensiero nel mondo musicale contemporaneo.
Luciano Berio nacque nel 1925 ed iniziò lo studio della musica con il padre, organista, per continuare al conservatorio di Milano dove si è diplomato nel 1950. Nel 1954, insieme con Bruno Maderna, ha fondato presso la RAI di Milano, lo studio di fonologia musicale, dirigendolo fino al 1959.
L’amore per la musica lo ha portato sempre verso la ricerca e l’approfondimento di tecniche ed espressioni musicali estremamente originali ed uniche, all’attività di compositore e didatta egli ha affiancato quella di saggista e conferenziere, di organizzatore ed operatore culturale, di direttore d’orchestra o di complessi musicali specialisti per la realizzazione di musiche d’avanguardia.
L’esordio scenico di Berio fu nel 1953 con la pantomima “Mimomusique”, un lavoro provocatorio-moralistico che dalla satira sociale raggiunge l’ambito lirico. Il suo secondo lavoro teatrale è “Allez-hop!”, sei pezzi per orchestra scritti e rielaborati fra il 1953 e il ’59, sui quali lo scrittore Italo Calvino scrisse a posteriori una parabola da realizzarsi in forma mimica. “Allez-.hop!” è stata definita “un’opera in movimento” perché propone una nuova dialettica fra l’esecuzione musicale e l’azione scenica, specie nel primo e nell’ultimo brano che determinano la struttura dell’intero lavoro.
In seguito troviamo nella sua produzione le “Variazioni per orchestra da camera” e “Nones”, entrambe del 1954, e le due stesure di “Alleluia” (1955 e 1957), in cui troviamo diversi gruppi strumentali disposti in posizione stereofonica per “rinnovare i riti dell’ascolto collettivo della musica e ristabilire un rapporto attivo di funzionalità e di spiritualità fra pubblico e musica”, come egli stesso ebbe ed affermare; da queste parole si evidenzia la grande attenzione e la volontà che Berio pose sempre nel comunicare il proprio messaggio musicale.
Nell’ambito degli eventi visivi collegati con gli accadimenti sonori nasce “Circles”, nel 1960, un lavoro basato su tre poemi di E.E. Cummings, articolato in cinque movimenti che elaborano gli esiti verbali e sonori, e in cui l’autore ha precisato che “gli aspetti teatrali dell’esecuzione sono inerenti alla struttura del lavoro stesso, che è soprattutto una struttura di azioni, quindi da vedere come teatro e ascoltare come musica”. Nel 1961 nasce “Visage”, un pezzo elettronico che rielabora la voce della cantante Cathy Barberian unendola a suoni senza alcun testo, e il cui elemento spettacolare è fornito da una interpretazione danzata denominata “gesti vocali”. A questo originale lavoro segue “Esposizione”, del 1962, un’azione scenica con combinazioni di espressioni musicali, mimiche, coreografiche e letterarie: il soggetto è la mercificazione di tutte le cose e dell’uomo stesso, realizzato con dei pannelli posti anche al di fuori dello spazio teatrale propriamente detto.
Nel 1963 Berio propose “Passaggio”, una specie di “Passione profana”, con un unico personaggio, una donna, che attraversa una sequenza di sei situazioni tragiche che delineano una condizione umana fondamentale, cioè la “degradazione a cosa fra le cose” (come la definì Umberto Eco). Nell’organico di “Passaggio” troviamo, oltre alla voce di soprano, ventotto strumenti solisti, un coro situato in orchestra e un altro coro parlato collocato fra il pubblico, instaurando così un dialogo fisico fra pubblico e scena.
I suoi successivi lavori approfondiscono tali esperienze creative, e presentano pagine di straordinario virtuosismo vocale e strumentale, come i “Folk songs”, “Laborintus II”, “Sinfonia per 8 voci ed orchestra”, “Questo vuol dire che”, “Melodrama” e “Agnus dei”, composti fra il 1964 e il 1970.
Finalmente, “Opera”, presentata in prima assoluta nel 1970 a Santa Fé e poi nel 1977 al Teatro La Pergola di Firenze: il cast comprende cantanti ed attori in funzione della molteplicità dei testi e delle fonti sonore. Il linguaggio di Berio è portato ad accogliere tutti i mezzi espressivi all’interno della composizione musicale, e l’individuazione di nuove possibilità in campo vocale risulta il presupposto in grado di generare un meccanismo complesso di parole e suoni che sbocca naturalmente nella drammaturgia. I personaggi di “Opera” appaiono esseri virtuali in attesa di una lettura che sia anche interpretazione.
La prima idea del lavoro fu quando, nel 1956, Eco, Colombo e Berio stesso decisero di scrivere una rappresentazione teatrale-musicale del naufragio del Titanic, il transatlantico considerato il simbolo del progresso; la sorte del Titanic a molti parve un evento carico di significati, aperto alle letture più aperte e più libere, ma quello che si rappresentava in “Opera” voleva significare che quanto era accaduto al Titanic poteva accadere ovunque ieri, oggi, domani, una situazione tragica che - proprio nella sua estrema tragicità - non ha tempo certo.
“Opera” è un lavoro articolato su tre livelli: all’immagine del Titanic colpito a morte si affiancano quella di Terminal e del mito di Orfeo. I tre livelli si intrecciano e si confondono, nel loro insieme si configurano come una meditazione, un sogno e anche una riflessione sul tema della fine… La musica rafforza questa apertura di fondo del discorso scenico, “Opera” è come un caleidoscopio, ascoltiamo pezzi musicali appartenenti a generi riconoscibili, e il susseguirsi di molti modi diversi di comportamento musicale, vocale e scenico (cioè diversi modi di lavoro teatrale). In “Opera” troviamo alcune delle più belle musiche composte da Berio negli ultimi dieci anni, è questa un’opera “aperta”, dice tutto e tutto rappresenta.
Berio è una punta di diamante della musica contemporanea italiana, è un esponente internazionale del post-webernismo portato sino alle estreme conseguenze, nonché un cultore convinto della musica elettronica considerata come nuova dimensione tecnica e poetica in funzione della creazione musicale presentata come un vero prodotto artistico.
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