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di
Marina Pinto
La “Messa da Requiem” di Verdi (1813-1901), composta nel 1874, è un grande quadro drammatico di ispirazione religiosa. Verdi la scrisse per la morte di Alessandro Manzoni, lo scrittore italiano che Verdi ammirava più di ogni altro, la cui scomparsa fu vissuta dal compositore come un grande dolore.
Il lavoro merita un posto distinto nella letteratura musicale di Verdi, ha un carattere tutto individuale, un senso mistico e allo stesso tempo umano e drammatico, che va dritto al cuore, come tutta la sua musica. Le parti distinte della Messa hanno un filo conduttore che le unisce, nella musica confluiscono passione ed elementi di varia natura, storici, biografici, illustrativi e narrativi, espressi con drammaticità di tipo teatrale, con declamazione e virtuosismo. Lo stile della Messa non appartiene quindi al genere palestriniano (il sacro per eccellenza), anzi, in gran parte se ne discosta. Queste pagine contengono elementi di genere piuttosto rappresentativo-oratoriale, uno stile che parte da Monteverdi ed arriva fino a Berlioz attraversando tre secoli di musica come in un lampo, accogliendo in sé forme musicali come il Madrigale drammatico, la Cantata, l’Oratorio, la Passione. Non è quindi possibile classificare questa Messa in maniera convenzionale allineandola con altra musica di genere sacro – che certamente non manca nella storia della musica - come la “Missa solemnis” di Beethoven, il “Requiem” di Mozart, la “Grande Messe des morts” di Berlioz, la “Petite messe” di Rossini; in questo panorama già piuttosto affollato fa ingresso Verdi con la sua splendida Messa che porta con sé tutto il bagaglio della sua esperienza teatrale, compiendo un atto di forza su quegli schemi così ben delineati. Si può affermare che Verdi nello scrivere questo lavoro ha voluto dare non solo un omaggio al Manzoni, ma che ha eretto davvero un mausoleo, un nuovo pantheon per tutti quelli che amava, i suoi personaggi prima di tutto, Violetta, Rigoletto, Aida, Leonora, i Macbeth e molti altri, a tutti loro spetta il regno dei cieli: quando verranno le tenebre, il confronto estremo fra l’essere e l’esistere, l’edificio funebre innalzato dall’autore offrirà loro un rifugio.
Naturalmente tutte le forme a cui Verdi ha fatto riferimento per comporre la sua Messa sono presenti, e sono rielaborate diventando capolavori assoluti: tutte le combinazioni sono cercate e trovate con sapienza somma e grande intelletto musicale. Il suono delle voci umane non è mai stato così soave e al tempo stesso così stentoreo, esso scende ad accarezzare l’anima con la sua bellezza; le varie parti sono condotte secondo procedimenti armonici e tonali moderni, ma senza abbandonare il contrappunto, il maestro di Busseto è un profondo conoscitore dell’arte contrappuntistica, egli adopera il coro in maniera stupenda e ne fa un mezzo d’espressione potente (non dimentichiamo che da tanti anni gli italiani lo chiamavano “il papà dei cori” per i mirabili esempi del genere presenti nelle sue opere teatrali).
Nel primo pezzo, nei brani “Requiem” e Kyrie”, alle parole “Te decet hymnus” troviamo artifici contrappuntistici dei più arditi, che abbelliscono la composizione e ne aumentano l’interesse. Il secondo pezzo, “Dies irae”, ha una disperata forza d’invocazione. E’ questo il brano più famoso della Messa, c’è il terrore e lo sgomento dei peccatori chiamati dalle trombe del giudizio dinanzi al tribunale di Dio; c’è la supplica al Figlio perché ottenga dal Padre pietà per le colpe degli uomini; c’è la promessa di ravvedimento in uno sfogo di pianto che non finisce nemmeno dopo il perdono e la redenzione. Questo brano è la maggiore sinfonia vocale di tutta la musica moderna.
Le parti date ai solisti sono il “Recordare” (per soprano e mezzosoprano), l’ “Ingemisco” (per tenore) e il “Confutatis”(per basso). Il “Libera me” è un brano recitato dapprima come una salmodia e poi declamato melodicamente dal soprano, di notevole fattura il “Sanctus”, una fuga ad otto parti divisa in due cori.
La prima esecuzione della “Messa da Requiem” di Verdi avvenne il 22 Maggio 1874, in un’aula gremita di ascoltatori, il sindaco di Milano invitò per questo avvenimento le persone più autorevoli, accorse gente da ogni parte d’Italia e dall’estero, i giornali, riferendo l’esito dell’esecuzione, lodarono unanimi l’opera del
maestro.
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