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Anno 2 Numero 52 Mercoledì 02.04.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Beethoven e Goethe

 

di Marina Pinto

Una storia singolare lega questi due personaggi del romanticismo tedesco, il loro fu un incontro storico che lasciò un profondo segno nella musica e nel cuore di Beethoven, il quale conosceva diverse opere di Goethe, come “I dolori del giovane Werther”, che avevano avuto uno strepitoso successo fin dalla loro pubblicazione nel 1774.
L’ammirazione del musicista verso il poeta fu grande e il desiderio di incontrarlo fu forte, egli si rivolse a molti amici a conoscenti per riuscire a conoscerlo; Beethoven amava molto la figura del poeta che secondo lui emanava un fascino da rendere dimentichi di tutto, lo considerava “un artista che cammina dinanzi a tutta l’umanità”. Goethe invece, ormai sessantenne, si era ritirato dall’inizio dell’800 a Weimar, e non aveva alcuna simpatia né interesse per questi artisti geniali e demoniaci, che in qualche modo gli ricordavano il suo passato.
Era quindi un uomo diffidente, poco aperto e poco incline all’incontro, nel Maggio del 1811 ricevette una lettera di Beethoven in cui si legge il desiderio e l’onore che il musicista esprime nell’incontro ormai prossimo, e che gli annuncia anche la nascita della musica dell’ “Egmont”, un dramma di Goethe che Beethoven amò molto, in quanto incentrato sui un temi di libertà e di fraternità che si specchiavano perfettamente sulle concezioni morali e sociali del musicista. Sono proprio queste musiche a preparare l’incontro umano dei due grandi e così diversi geni: Beethoven invia a Goethe con la trepidazione di un esordiente la musica del suo “Egmont”, accompagnandolo con frasi di devota e fervida venerazione. Ma l’altezzoso vate di Weimar non gli restituirà, parecchi mesi dopo, che generiche parole benevole, occultando in verità un disagio ed una antipatia nei confronti di Beethoven che non fu mai deposta; sostanzialmente il poeta tutore della classicità rifiutava il “fuoco” del musicista, perché pericoloso e simile a quel “disordine” che pure aveva conosciuto in gioventù, e che aveva espresso in opere letterarie importanti, proprio come “Werter” ed “Egmont”.
Con una certa pedanteria Goethe si informa sulla musica di Beethoven, e ne rimane disorientato, appena gli arrivò la partitura dell’ “Egmont”, nel 1812, egli la ascoltò al pianoforte, ma non fece alcun commento: invano Beethoven attese una parola di lode o anche di biasimo.
In quello stesso anno Beethoven si stabilì a Tepliz, una località termale ad ovest di Praga, e, qualche giorno dopo, anche Goethe arriva lì: i due si incontrano.
L’evento fu significante per entrambi, l’uno desideroso e l’altro scostante, ma le lettere che Goethe scrisse subito dopo alla moglie sono la testimonianza dell’importanza che ebbe per lui questo incontro, nonostante la riluttanza e la diffidenza manifestate: “Ho imparato a conoscere Beethoven. Il suo talento mi ha sconvolto: sfortunatamente però, egli è una personalità del tutto senza freni. Senza dubbio non ha torto di trovare il mondo detestabile, però, così facendo, non lo rende affatto migliore né per sé né per gli altri. E’ veramente da scusare e molto da compiangere, poiché il suo udito lo abbandona, e questo è un fatto che danneggia forse meno la parte musicale del suo essere che quella sociale”. Quanta verità nelle parole del poeta! 
I due trascorrevano ogni giorno diverso tempo insieme, Beethoven avrebbe voluto che il poeta scrivesse qualcosa per lui, e Goethe in qualche modo gli fece sperare in questo, lo trattenne su un vago progetto di collaborazione che però non si realizzò mai. Era forse una realizzazione in musica del “Faust”, ma Beethoven non ne fece parola, qualche tempo dopo i due si salutarono in un modo non del tutto cordiale.
Beethoven spiega in una lettera un episodio accaduto in quei giorni, un fatto che lui definì “scandaloso”, e che ridimensionò molto la figura del poeta nella mente e nella fantasia del compositore. Si tratta di un incontro che i due ebbero con la famiglia imperiale: Goethe si staccò dal fianco di Beethoven, si fece da una parte e non volle proseguire, la famiglia reale salutò cordialmente il musicista – lo conoscevano bene - e questa processione di gente, fra reali e cortigiani, sfilò dinanzi a Goethe che se ne stava a lato, facendo profondi inchini, ma senza una vera partecipazione, solo omaggi dovuti e formali. Questo atteggiamento di distacco e di disprezzo non piacque affatto a Beethoven, secondo lui non era degna di appartenere all’immagine ideale del poeta che amava, che in quel gesto sembrava “amare cose importanti senza importanza” (lo storico Schindler insorse molto contro questo episodio che ebbe molta diffusione, e lo negò nel modo più assoluto). 
L’incontro con Goethe fu un fatto che comunque lasciò un segno nella vita del musicista, in uno dei suoi quaderni egli aveva scritto e fatto sue alcune parole del poeta: “Una seconda, una terza generazione mi ricompenseranno due e tre volte delle ingiurie che ho dovuto subire dai miei contemporanei”.

 


 

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