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Anno 2 Numero 50 Mercoledì 19.03.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Ludwig van Beethoven: Sinfonia n.6 “Pastorale”

 

di Marina Pinto

Beethoven nacque a Bonn nel 1770, in una Germania piena di musica, il nuovo stile classico si è completamente affermato, le composizioni musicali seguono le regole del classicismo e la produzione musicale lascia spazio a diverse forme musicali, opere, musica da camera, sinfonie, sonate.
La musica di Beethoven si inserisce in questo ambiente insieme a quella di Mozart e di Haydn, cresce con la loro ma ad un certo punto se ne distacca, Beethoven amplia enormemente le forme musicali classiche, rispettandole nello spirito ma piegandole alle sue esigenze espressive. Questo fu un passo fondamentale, l’espressività della musica beethoveniana rinnova e trasforma il classicismo musicale, la sua musica segue la sua stessa vita, gli scossoni che la sua esistenza subisce rimbalzano e si inseriscono nelle sue pagine; Beethoven fu il primo grande musicista della storia che scrivesse per sé e non per un committente (se non in pochissimi casi). Perciò egli scriveva musica per le proprie esigenze espressive, e non per quello che potevano richiedere le circostanze (balli di corte, festività varie), la sua musica parla di sé e per sé, e non considerava finita una composizione finchè non lo convinceva completamente.
La produzione di Beethoven viene di solito divisa in tre periodi, il primo (detto periodo dell’”imitazione”) va dai primi lavori ai primi sintomi della sordità, i primi anni dell’800, il secondo (l’”estrinsecazione”) va avanti nel tempo fino alla completa perdita dell’udito, ed è il periodo in cui scrive le sue più belle composizioni, le più personali e le più sofferte, dove la sua maturazione progressiva è ben visibile. Il terzo periodo (detto della “riflessione”) caratterizza gli ultimi anni del musicista, la malattia fu determinante nella vita del compositore, gli impedì di esibirsi come concertista (era famosissimo come pianista), gli impedì di avere rapporti sociali (per diverso tempo egli nascose, o tentò di nascondere, la sua sordità), e lo gettò dapprima in un profondo sconforto per portarlo poi al progressivo isolamento dal mondo.
Già nel 1809, sapute le sue precarie condizioni di salute che rendevano difficile il suo andare avanti, un gruppo di ammiratori istituì per Beethoven una pensione minima di 4000 talleri, affinché potesse vivere con una certa tranquillità finanziaria, ma la difficile situazione politica ed economica degli anni successivi rese quella cifra insufficiente ai bisogni del musicista. Poi, dopo il 1815, sopraggiunta la sordità completa, Beethoven ebbe un periodo davvero difficile, problemi familiari e di salute aggravarono il suo stato economico e lo distrassero dal lavoro la sua psiche ne risentì moltissimo, il dolore per la malattia e per la solitudine lo accompagnarono e resero duri gli ultimi anni della sua vita.
Proprio perché scriveva per sé e non per un committente l’opera di Beethoven appare molto legata alle vicende storiche del periodo: gli ideali di libertà dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, un senso profondo del valore della persona umana, gli ideali di una nuova moralità, il desiderio di pace nel periodo delle grandi guerre napoleoniche, la delusione nei confronti di Napoleone (trasformatosi da difensore della repubblica in imperatore), la difficoltà a riconoscersi nel periodo della Restaurazione, (dopo la caduta di Napoleone e il tramonto degli ideali rivoluzionari), una analisi dei sentimenti e delle passioni della vita personale, tutti questi elementi sono fortemente presenti nella sua musica, e tutto ciò prelude al successivo Romanticismo.
Beethoven è infatti considerato un precursore del Romanticismo, le sue opere ne annunciano prepotentemente l’arrivo, i temi musicali brevi ma molto incisivi, i contrasti e le sfumature, l’utilizzo di nuovi timbri orchestrali, una orchestra di dimensioni decisamente maggiori rispetto al passato, ed una tumultuosa energia, unita ad una appassionata, delicata e struggente dolcezza, emergono precisi nella sua musica.
La sua produzione musicale comprende concerti per strumenti solisti ed orchestra, trii, quartetti, una sola opera teatrale, un oratorio, ma la maturazione di Beethoven, uomo e musicista, è soprattutto nelle 32 sonate per pianoforte e nelle 9 Sinfonie.
Beethoven muore nel 1827 a Vienna, al suo funerale partecipa una grandissima folla, la città vuole dimostrare il suo affetto e il dolore per la perdita di un musicista così appassionato e sofferto, che diventa così immortale.
La Sinfonia n.6, chiamata “Pastorale”, fu scritta da Beethoven fra il 1805 e il 1808, è un inno di pace, un quadro della vita campestre, dove l’autore vuole rappresentare in musica le sensazioni suggeritegli dalla campagna nel suo insieme. La Sinfonia per questo è detta “Pastorale”, e celebra la grandezza della natura, vista come la madre nella quale l’uomo può trovare conforto. Beethoven quindi non vuole solo descrivere e ritrarre l’ambiente campestre, ma piuttosto far rivivere all’ascoltatore le sensazioni che esso comunica. Sugli appunti iniziali scritti di suo pugno egli lascia infatti qualche indicazione generica per l’ascolto: “….nessuna pittura, ma vi sono espresse le sensazioni che suscita nell’uomo, il piacere della campagna, e sono rappresentati alcuni sentimenti della vita dei campi”.
La particolarità di questa sinfonia sta nell’essere divisa in cinque parti, che Beethoven chiama “quadri” (e non più nei quattro tempi accademici dello stile classico), e sopra ogni movimento egli pone dei titoli esplicativi: “Risveglio di serene sensazioni all’arrivo in campagna”, “Scena presso il ruscello”, “Allegra riunione di contadini”, “Temporale”, “Canto pastorale, lieti sentimenti di ringraziamento dopo la tempesta”.
Lungamente elaborata, la sesta sinfonia segna la fine del predominio classico del sonatismo del settecento. Per Beethoven, che vive in una popolosa città agli inizi della rivoluzione industriale, la campagna non è una sede come un’altra, è un bisogno fisico e spirituale, il simbolo di una evasione dalla quotidianità degli affari e dagli impegni minuti, la sede propizia per ascoltare, o credere di ascoltare, voci profonde che rimandano a realtà superiori e più intense, qui è presente il grande senso religioso del compositore, e per questo i dintorni di Vienna sono luoghi cari a Beethoven, quasi sacri, ed un’aura di religiosità ritroviamo anche nella sesta sinfonia, soprattutto nel finale, con una cantilena orecchiabile che sa di pace e di speranza.

 


 

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