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Anno 2 Numero 49 Mercoledì 12.03.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Ludwig van Beethoven: Sinfonia n.5 in Do minore op.67 “Il destino”

 

di Marina Pinto

Negli anni che vanno dal 1805 al 1809 Beethoven (1770-1827) inizia una nuova fase creativa, egli avverte dentro di sé i tumulti dell’imminente romanticismo, e la musica composta in questo periodo ne porta tutte le caratteristiche. L’ardore romantico portò il compositore ad una espressione musicale più soggettiva ed intimista rispetto a precedenti lavori, le sue più belle pagine di musica nascono da questo rinnovato animo, una nuova prodigiosa vena creativa arricchisce il catalogo beethoveniano di un cospicuo numero di capolavori, ed egli acquista una notorietà europea sempre crescente. Accanto a questi successi vi era comunque la vita del musicista, che era da solo, e con una spaventosa infermità che sempre si aggravava… Ed è in questo momento che Beethoven esprime in musica quello che più profondamente ha nel cuore, amore, passione, rabbia, solitudine e rassegnazione sono gli elementi che più frequentemente echeggiano fra le sue note, egli muove le leve del terrore, del brivido e del dolore, e appunto per questo suscita quel palpito d’infinita nostalgia che è l’essenza stessa del romanticismo, e in più nella sua musica c’è sempre un messaggio universale di fede e di speranza regalato all’umanità intera.
All’indomani del “Testamento di Heiligenstadt”, del 1802 (un suo struggente scritto indirizzato ai suoi due fratelli, ma che in realtà costituisce un messaggio chiaro di amore e disperazione rivolto a tutti), Beethoven iniziava quella sovrumana lotta contro il destino, che doveva costituire la sua duplice grandezza di artista e di uomo. La Sinfonia n.5 fu il risultato di tanti pensieri e di tanta sofferenza, ed è un’opera che si staglia unica nella produzione musicale del primo ‘800, è divenuta uno dei documenti più attendibili di quella battaglia intrapresa da Beethoven, la sua musica più popolare, più amata. 
E’ necessario penetrare molto a fondo nella musica strumentale di Beethoven per scorgervi una estrema oculatezza compositiva che è inseparabile dal vero genio, e che è nutrita di studio severo: e quale altra tra le opere di Beethoven ci offre una così stupenda conferma di tali verità come la stupenda sinfonia in do minore? Questa impareggiabile composizione trascina irresistibilmente l’ascoltatore, attraverso una crescente tensione egli arriva nel regno spirituale dell’infinito.
Essa fu iniziata nel 1806, e si presentò, sin dal primo momento, come un lavoro complesso, tanto che ad un certo punto fu sospeso del tutto. Fu ripresa l’anno successivo, e portata a termine nel 1808. Il tema iniziale si presenta stentoreo, ma è semplice, quasi anonimo, la sua avventura sinfonica è invece travolgente, tutto il primo tempo (Allegro con brio) è una lotta accanita e continua, che parte dallo spunto famoso delle quattro note iniziali per non abbandonarle più, infatti lo stesso tema torna di continuo, ossessivo come una minaccia, e non lascia tregua né respiro, anche il secondo tema non se ne libera del tutto: è Il Destino che bussa alla porta, disse lo stesso Beethoven, e come sfuggire ad esso? L’impossibilità di sottrarvisi è chiara, esso è ineluttabile, giunge per Beethoven come per ogni uomo, per quanto disperata e veemente possa essere la lotta intrapresa contro di esso è sempre impossibile fuggire, e nel messaggio musicale si esprime questo chiaro pensiero attraverso l’esposizione dello stesso tema ripetuto con grande forza e vigore ritmico.
Il petto oppresso, angosciato dal presagio d’un qualcosa di mostruosamente immane, di una incombente catastrofe sembra qui voler ritrovare il respiro nell’emissione di suoni penetranti ed incisivi. Di questa sinfonia si potrebbero scrivere per pagine e pagine… innumerevoli persone sono convinte di conoscerne “ogni nota”, ma ci sono molti aspetti che si rivelano oscuri al solo ascolto, e che invece sono assolutamente essenziali per la vera comprensione del brano: per esempio nel primo tempo il motivo principale viene identificato nelle sole prime quattro note, ma in realtà esso comprende le prime cinque battute, da cui dipende l’intero svolgimento del primo tempo. Ecco quindi evidente che il discorso musicale non è così sintetico come appare, senz’altro la sua comprensione risulta immediata nella sua chiarezza espressiva, ma il discorso si allarga, e trascina con sé tutto lo svolgimento musicale che segue questa prima esposizione tematica, che, ripetiamo, non viene mai abbandonata. Il secondo tema torna nella ripresa finale, che a sua volta sfocia in una coda breve ma grandiosa, nuovamente impostata sull’esaltazione del tema e del ritmo dominanti.
Mai è stata scritta una musica dalla disciplina così rigorosa, mai una tempesta tanto impetuosa fu dominata da mano più ferma, Beethoven scrive questa sinfonia con la forza e il vigore di una disperazione senza pari, è una vita piena di sangue quella che pulsa nel suo cuore addolorato.
Il secondo tempo (Andante con moto) è costruito su una dolce melodia elegiaca presentata da viole e violoncelli, una delle più belle invenzioni tematiche del musicista, che si riallaccia ad una melodia popolare tedesca.
Il terzo movimento (Allegro) è espressione di uno spirito libero, estroso, magnetico, una sorta di Capriccio, come ebbe a dire Berlioz. Dalla regione grave dell’orchestra si alza una figura misteriosa, con un ritmo incerto, poco dopo un tema incisivo e ritmico - molto simile allo spunto iniziale del primo movimento – viene presentato da due corni. E’ un momento sconcertante, ascoltiamo una strana melodia, incerta e sfuggente, eseguita da violoncelli e contrabbassi, gli strumenti meno adatti ad una linea melodica, è una di quelle grottesche deformazioni che Beethoven predilige in questo periodo della sua creatività. La ripresa dell’Allegro è in forma abbreviata, a mezze tinte, quasi con la fretta di arrivare alla conclusione, il ritmo di quattro note passa al timpano, e lentamente si dissolve.
Un crescendo porta all’esplosione, giunge fortissimo il quarto ed ultimo tempo della sinfonia (Allegro finale): come un abbagliante raggio di sole ecco lo stupendo tema del finale! Tutta l’orchestra prorompe in un inno di giubilo, è veramente un “colpo di fulmine”, secondo l’espressione di Berlioz, e la trionfale solennità dell’ “Allegro”, con un andamento irresistibile da fanfara, risulta prepotentemente amplificata. E’ il tipico finale beethoveniano, in cui si sprigiona un dinamismo ritmico che porta, sconcertatamente, ad un ottimistica, trionfale e vitale esaltazione musicale. Nella musica c’è la vita, è questo l’estremo messaggio del compositore.
La stessa orchestrazione contribuisce alla massiccia potenza di questa pagina sinfonica: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani ed archi, nell’ultimo tempo si aggiungono 1 ottavino, 1 controfagotto e 3 tromboni.

 


 

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