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di
Marina Pinto
Negli
anni che vanno dal 1805 al 1809 Beethoven (1770-1827) inizia una
nuova fase creativa, egli avverte dentro di sé i tumulti
dell’imminente romanticismo, e la musica composta in questo
periodo ne porta tutte le caratteristiche. L’ardore romantico portò
il compositore ad una espressione musicale più soggettiva ed
intimista rispetto a precedenti lavori, le sue più belle pagine di
musica nascono da questo rinnovato animo, una nuova prodigiosa vena
creativa arricchisce il catalogo beethoveniano di un cospicuo numero
di capolavori, ed egli acquista una notorietà europea sempre
crescente. Accanto a questi successi vi era comunque la vita del
musicista, che era da solo, e con una spaventosa infermità che
sempre si aggravava… Ed è in questo momento che Beethoven esprime
in musica quello che più profondamente ha nel cuore, amore,
passione, rabbia, solitudine e rassegnazione sono gli elementi che
più frequentemente echeggiano fra le sue note, egli muove le leve
del terrore, del brivido e del dolore, e appunto per questo suscita
quel palpito d’infinita nostalgia che è l’essenza stessa del
romanticismo, e in più nella sua musica c’è sempre un messaggio
universale di fede e di speranza regalato all’umanità intera.
All’indomani del “Testamento di Heiligenstadt”, del 1802 (un
suo struggente scritto indirizzato ai suoi due fratelli, ma che in
realtà costituisce un messaggio chiaro di amore e disperazione
rivolto a tutti), Beethoven iniziava quella sovrumana lotta contro
il destino, che doveva costituire la sua duplice grandezza di
artista e di uomo. La Sinfonia n.5 fu il risultato di tanti pensieri
e di tanta sofferenza, ed è un’opera che si staglia unica nella
produzione musicale del primo ‘800, è divenuta uno dei documenti
più attendibili di quella battaglia intrapresa da Beethoven, la sua
musica più popolare, più amata.
E’ necessario penetrare molto a fondo nella musica strumentale di
Beethoven per scorgervi una estrema oculatezza compositiva che è
inseparabile dal vero genio, e che è nutrita di studio severo: e
quale altra tra le opere di Beethoven ci offre una così stupenda
conferma di tali verità come la stupenda sinfonia in do minore?
Questa impareggiabile composizione trascina irresistibilmente
l’ascoltatore, attraverso una crescente tensione egli arriva nel
regno spirituale dell’infinito.
Essa fu iniziata nel 1806, e si presentò, sin dal primo momento,
come un lavoro complesso, tanto che ad un certo punto fu sospeso del
tutto. Fu ripresa l’anno successivo, e portata a termine nel 1808.
Il tema iniziale si presenta stentoreo, ma è semplice, quasi
anonimo, la sua avventura sinfonica è invece travolgente, tutto il
primo tempo (Allegro con brio) è una lotta accanita e continua, che
parte dallo spunto famoso delle quattro note iniziali per non
abbandonarle più, infatti lo stesso tema torna di continuo,
ossessivo come una minaccia, e non lascia tregua né respiro, anche
il secondo tema non se ne libera del tutto: è Il Destino che bussa
alla porta, disse lo stesso Beethoven, e come sfuggire ad esso?
L’impossibilità di sottrarvisi è chiara, esso è ineluttabile,
giunge per Beethoven come per ogni uomo, per quanto disperata e
veemente possa essere la lotta intrapresa contro di esso è sempre
impossibile fuggire, e nel messaggio musicale si esprime questo
chiaro pensiero attraverso l’esposizione dello stesso tema
ripetuto con grande forza e vigore ritmico.
Il petto oppresso, angosciato dal presagio d’un qualcosa di
mostruosamente immane, di una incombente catastrofe sembra qui voler
ritrovare il respiro nell’emissione di suoni penetranti ed
incisivi. Di questa sinfonia si potrebbero scrivere per pagine e
pagine… innumerevoli persone sono convinte di conoscerne “ogni
nota”, ma ci sono molti aspetti che si rivelano oscuri al solo
ascolto, e che invece sono assolutamente essenziali per la vera
comprensione del brano: per esempio nel primo tempo il motivo
principale viene identificato nelle sole prime quattro note, ma in
realtà esso comprende le prime cinque battute, da cui dipende
l’intero svolgimento del primo tempo. Ecco quindi evidente che il
discorso musicale non è così sintetico come appare, senz’altro
la sua comprensione risulta immediata nella sua chiarezza
espressiva, ma il discorso si allarga, e trascina con sé tutto lo
svolgimento musicale che segue questa prima esposizione tematica,
che, ripetiamo, non viene mai abbandonata. Il secondo tema torna
nella ripresa finale, che a sua volta sfocia in una coda breve ma
grandiosa, nuovamente impostata sull’esaltazione del tema e del
ritmo dominanti.
Mai è stata scritta una musica dalla disciplina così rigorosa, mai
una tempesta tanto impetuosa fu dominata da mano più ferma,
Beethoven scrive questa sinfonia con la forza e il vigore di una
disperazione senza pari, è una vita piena di sangue quella che
pulsa nel suo cuore addolorato.
Il secondo tempo (Andante con moto) è costruito su una dolce
melodia elegiaca presentata da viole e violoncelli, una delle più
belle invenzioni tematiche del musicista, che si riallaccia ad una
melodia popolare tedesca.
Il terzo movimento (Allegro) è espressione di uno spirito libero,
estroso, magnetico, una sorta di Capriccio, come ebbe a dire Berlioz.
Dalla regione grave dell’orchestra si alza una figura misteriosa,
con un ritmo incerto, poco dopo un tema incisivo e ritmico - molto
simile allo spunto iniziale del primo movimento – viene presentato
da due corni. E’ un momento sconcertante, ascoltiamo una strana
melodia, incerta e sfuggente, eseguita da violoncelli e
contrabbassi, gli strumenti meno adatti ad una linea melodica, è
una di quelle grottesche deformazioni che Beethoven predilige in
questo periodo della sua creatività. La ripresa dell’Allegro è
in forma abbreviata, a mezze tinte, quasi con la fretta di arrivare
alla conclusione, il ritmo di quattro note passa al timpano, e
lentamente si dissolve.
Un crescendo porta all’esplosione, giunge fortissimo il quarto ed
ultimo tempo della sinfonia (Allegro finale): come un abbagliante
raggio di sole ecco lo stupendo tema del finale! Tutta l’orchestra
prorompe in un inno di giubilo, è veramente un “colpo di
fulmine”, secondo l’espressione di Berlioz, e la trionfale
solennità dell’ “Allegro”, con un andamento irresistibile da
fanfara, risulta prepotentemente amplificata. E’ il tipico finale
beethoveniano, in cui si sprigiona un dinamismo ritmico che porta,
sconcertatamente, ad un ottimistica, trionfale e vitale esaltazione
musicale. Nella musica c’è la vita, è questo l’estremo
messaggio del compositore.
La stessa orchestrazione contribuisce alla massiccia potenza di
questa pagina sinfonica: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti,
2 corni, 2 trombe, timpani ed archi, nell’ultimo tempo si
aggiungono 1 ottavino, 1 controfagotto e 3 tromboni.
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