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di
Marina Pinto
Il Romanticismo è votato al culto della personalità: personaggi come Beethoven, Schubert, Liszt, Wagner, hanno un peso importante nel delineare i tratti del romanticismo musicale, in particolar modo di quello tedesco, la genialità che essi rappresentano è forte e prepotente, le idee, i gusti,
i sentimenti e gli amori che sono presenti nelle loro pagine di musica appassionano gli studiosi per la loro unicità ed originalità, tanto da creare per ognuno di loro una sorta di “favola” personale.
Tra loro il più bel racconto d’amore della storia della musica e l’inesorabile tragedia della follia, formano la trama in cui si delinea la nobile ed affascinante figura di Robert Schumann (1810-1856). In questo caso la leggenda è fedele alla storia: la corrispondenza appassionata e delicata tra Robert e Clara, il loro diario, i loro rapporti raccontati da terzi, sono testimonianze trasparenti della loro sincerità e della passione reciproca tra il compositore ventiduenne e la fanciulla di soli tredici anni. Clara Wieck fu una delle più grandi pianiste della sua epoca, ella suona meravigliosamente i “Papillons” che Robert ha appena scritto, è una grande e sensibile donna ed artista, lui ha la testa piena di idee fantastiche, inventa per lei pagine di musica, poesie e sciarade, insieme fanno grandi passeggiate, si raccontano e si amano teneramente. Quando per la carriera di Clara si devono separare, il che avviene via via sempre più di frequente, Robert lavora pensando a lei: Clara è il suo angelo buono, e lo rimarrà per sempre. Un giorno la rivede, dopo una lunga assenza, lei ha ora sedici anni, è meravigliosa, si dichiarano il loro amore. Cinque anni dovranno ancora passare perché possano essere definitivamente insieme, cinque anni molto contrastati dal padre di lei.
La lunga marcia verso Clara è il periodo più fecondo della carriera di
Schumann, è allora che egli compone i suoi capolavori per pianoforte, come il “Carnaval” op.9 (1835), la “Fantasia” op.17, culmine della musica pianistica romantica, e gli “Studi sinfonici” (1834). Nell’anno del loro matrimonio, avvenuto nel 1840, Schumann compone 130 lieder (la metà della sua produzione totale), fra i quali tutti i più belli. La loro vita matrimoniale sarà esemplare, e, come in tutte le storie d’amore, avranno numerosi bambini (esattamente otto… ) però questa storia finisce male: il dramma tanto temuto si manifesta: la perdita della ragione. Unico barlume di luce nella notte della follia di Schumann è l’amore di Clara, che non finisce e non abbandona mai il cuore del compositore, e che gli dimostrerà per tutta la vita la sua devozione e la sua tenerezza.
I problemi mentali, di cui Schumann presentì i primi sintomi leggeri già prima dei vent’anni, avevano allenato il compositore a controllare i propri impulsi, a sottoporre al filtro dell’intelligenza e della razionalità le suggestioni di una immaginazione fervida e disordinata, la sua genialità si è formata in questa segreta disciplina, ma le tante incertezze della vita fecero di quest’uomo un dubbioso di sé stesso, egli intraprendeva venti cose alla volta, abbandonandole, riprendendole, la sua intensa attività creativa corrisponde ad una faticosa e continua conquista della felicità e dell’equilibrio, egli sentiva dentro di sé un grande amore per Clara, ma anche un forte complesso di inferiorità nei confronti di lei che accentuava la sua malinconia, egli si sentiva un pianista fallito, un cattivo direttore d’orchestra, e un marito in ombra della sua compagna nelle tournèes che compivano insieme. Questi fattori indebolirono poco per volta la sua capacità creativa, e contribuirono senza dubbio a far precipitare la tragedia. Un mattino, nel 1854, egli interruppe improvvisamente il suo lavoro e corse a gettarsi nel Reno: fu salvato da alcuni pescatori e ricoverato in una clinica vicino a Bonn. Clara (incinta del suo ultimo bambino) non fu autorizzata a vederlo fino al 1856, e Robert morì pochi giorni dopo aver rivisto la moglie, a soli quarantasei anni.
Schumann per cultura e sensibilità è un puro romantico tedesco, egli può definirsi come la personificazione di quel musicista fantastico che prima di allora era esistito solo nell’immaginazione degli scrittori romantici, ed è anche un intellettuale, i suoi primi maestri furono Goethe e Schiller, e soprattutto Jean Paul. La sua avventura musicale nasce da una straordinaria ricchezza di fermenti culturali, poetici, letterari e filosofici ancor prima che musicali, il suo pianoforte ci trascina in un carnevale di sogni, egli ammirò moltissimo Chopin e Paganini, il suo ideale fu Schubert, ed anche Mendelssohn e Brahms, suoi cari amici. Alle grandi forme classiche egli preferì forme libere e di taglio psicologico e letterario, infatti i suoi capolavori sono brani per pianoforte e lieder, mentre dimostra un interesse minore per la musica sinfonica e da camera. E’ al pianoforte che egli affida la sua ispirazione più preziosa, e nella forma del Lied trova la sua dimensione più perfetta, in quanto gli permette di associare alla musica i suoi poemi preferiti, l’idea della “musica poetica” è il nucleo della concezione musicale di Schumann, che altresì si chiede cosa renda una musica “poetica”, e che trova una risposta solo nella rara ed eletta predisposizione del suo animo, di ciò che ha un carattere proprio ed inimitabile, che sgorga dalla profondità dello spirito e che introduce ad un mondo superiore.
Finchè potè mantenere la fantasia sotto il controllo della mente, Schumann fu un grande autore, nonché un acuto critico musicale: la lucidità dei suoi giudizi e l’intelligenza delle sue analisi suscitano ancora oggi l’ammirazione dei suoi estimatori.
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