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Anno 2 Numero 47 Mercoledì 26.02.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Dmitrij Sostakovic: Babi yar

 

di Marina Pinto

Il primo movimento della Tredicesima Sinfonia di Sostakovic è chiamato “Babi yar”, e rappresenta uno degli ultimi capolavori del musicista russo. Per questa Sinfonia, per basso solo, coro maschile e orchestra, Sostakovic si avvalse dell’aiuto dei versi del poeta sovietico Eugenij Evtusenko, nato nel 1933, che scrisse cinque poesie, ciascuna delle quali corrisponde ad un movimento della Sinfonia; i titoli delle poesie sono:
1) “Babi yar” (Adagio)
2) “L’umorismo” (Allegretto)
3) “Al magazzino” (Adagio)
4) “Paure” (Largo)
5) “Una carriera” (Allegretto)
Il primo poema, “Babi yar”, dà il titolo all’intera composizione, e prende il suo nome dal nome di un burrone che si trova nelle vicinanze di Kiev, dove i nazisti tedeschi gettarono i corpi massacrati di più di centomila uomini, donne e bambini, durante una fase della “guerra di annientamento” (operazione Barbarossa), ordinata da Hitler nel 1941.
La maggioranza delle vittime di questo massacro erano ebrei, ma il poeta ne parla come se questi fossero la totalità; il testo costituisce una denuncia appassionata contro l’antisemitismo e allude anche ad altre atrocità, come l’affare Dreyfus, la morte di Anna Frank, e la vicenda di un povero ragazzo ebreo morto malmenato e calpestato da un gruppo di delinquenti a Byelostock. Quando la Sinfonia venne eseguita per la prima volta a Mosca, nel 1962, nel teatro regnava un clima di grande tensione, il premier stesso, Kruscev, aveva invitato il musicista a non far eseguire un lavoro del genere; i posti riservati ai rappresentanti del governo rimasero vuoti, e non ebbe luogo nemmeno la prevista ripresa televisiva. Il teatro era circondato dalle forze dell’ordine, mentre all’interno la sala era gremita di gente: nonostante tutto il lavorò riscosse un successo clamoroso, il pubblico tributò una vera ovazione ai due autori, il musicista ed il poeta.
A questa “prima” fece seguito una dura ed aspra polemica, le autorità chiesero a Sostakovic di apportare diverse modifiche al testo, in modo che si capisse chiaramente che a Babi Yar non giacevano soltanto ebrei, ma che nella stessa terra riposavano anche vittime russe ed ucraine.
La messa in musica del testo del poema è essenzialmente sillabica, e si ascoltano linee melodiche che ricordano i canti popolari russi: l’inizio è solo strumentale, lento e processionale, pieno di echi dolorosi e funerei che vengono ancor più rafforzati dalla drammaticità del coro che attacca all’unisono.
L’organico orchestrale prevede circa cento esecutori e un coro di sole voci maschili, un apparato imponente, con una sezione delle percussioni molto forte e fornita di strumenti particolari (castagnette, tamburelli baschi, campane), con due arpe obbligatorie, un pianoforte, ed una sezione di archi di non meno di 64 elementi; tuttavia la sonorità del pieno orchestrale è utilizzata raramente, pochi strumenti per volta bastano a delineare efficacemente gli stati d’animo e le emozioni che scaturiscono dalle parole del testo poetico.
Ecco la traduzione della poesia:
“Non c’è segno di ricordo a Babi yar. Le scogliere a picco sono là come tante pietre tombali, Mi fa paura. Mi sento vecchio, vecchio come il popolo degli Ebrei. Io stesso mi sento un Ebreo. Attraverso a piedi l’antico Egitto. Qui io muoio, inchiodato a una croce, e ancora oggi porto le ferite dei chiodi. Mi sento Dreyfus. I filistei sono sia i delatori che i giudici. Sono imprigionato, perseguitato, calunniato e ricoperto di sputi. Signore che a stento frenano il riso, vestite con incredibili abiti di trine, mi punzecchiano il viso con i loro ombrelli. Poi mi sembra di essere un ragazzo di Byelostock. Il sangue ricopre il pavimento, i brutti ceffi della taverna puzzano di vodka e cipolla. Mi colpiscono al fianco con uno stivale. Invano chiedo un po’ di pietà a questi massacratori. Mi disprezzano e gridano: uccidete gli sporchi Ebrei, salvate la Russia! 
Alcuni commercianti di grano danno addosso a mia madre. Oh, il mio popolo russo! Il tuo nome risplende in tutto il mondo. Ma alcuni, con mani empie, troppo spesso hanno trasformato questo nome in un simbolo di malvagità. La mia terra è buona, lo so. Questi antisemiti sono spregevoli: senza esitazione si definiscono Unione del popolo russo! Penso a me come se fossi Anna Frank, traboccante di vita come un ramo all’inizio della primavera… E divento un enorme grido silenzioso che si distende sulle migliaia di morti che giacciono qui. Io sono ogni vecchio che qui è stato ucciso. Io sono ogni bambino che qui è stato ucciso”.

 


 

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