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Anno 2 Numero 46 Mercoledì 19.02.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Charles Gounod: Faust

 

di Marina Pinto

La produzione operistica di Charles Gounod (1818-1893) non corrisponde ad una vocazione per il teatro, come invece per molti operisti del periodo, ma alla sua necessità di integrarsi nell’ambiente musicale parigino, nel quale un compositore poteva essere preso in considerazione soltanto se aveva accesso ai principali teatri, cioè l’Opéra e l’Opéra-Comique.
Inizialmente Gounod si riferì ai modelli del passato, quali i lavori e lo stile di Gluck e Rameau, modelli che già rivivevano in opere di altri autori a lui contemporanei (come Spontini), ma dato il mutamento di gusto del pubblico egli trovò nuove formule per le sue opere fondendo la polifonia palestriniana, il raccoglimento mistico del canto gregoriano e i riferimenti letterari del melodramma settecentesco con lo strumentalismo romantico tedesco, in una combinazione del tutto originale.
Nel “Faust” (1859) confluirono le novità dello stile di Gounod, l’opera appartiene alla tradizione francese ufficiale, e rappresenta un momento fondamentale nella storia del teatro: essa gode di un simile privilegio perché vi si equilibrano in modo perfetto il metodo di composizione associativo di forme differenti e storicamente consacrate, e gli stili della drammaticità attuale. 
Sulla riduzione dell’argomento letterario - il dramma di Goethe - originariamente di dimensioni smisurate, e che apparteneva alla mitologia culturale ottocentesca (attraverso l’immagine del peccato e della redenzione della protagonista, Margherita), Gounod manifestò la sua massima capacità di costruire un’opera ridondante, fondata non tanto sulla drammaticità della vicenda quanto sui suoi riflessi sentimentali. 
Pregio principale del “Faust” fu quello di creare un modello “medio” di opera, accessibile e allo stesso tempo gradevole, con una partitura sensibile ed attenta all’attenzione di un pubblico di tipo borghese. In qualche modo quest’opera costituisce un “ponte” fra il romanticismo manifesto di Weber e quello di Wagner, e si inserisce fra lo stile del grand-opéra di Meyerbeer e la produzione più popolare e moderna di Bizet.
La musica di Gounod è ricca di ispirazione, la scrittura vocale è quasi sempre convenzionale, i personaggi non sono eccessivamente caratterizzati, rimangono per così dire tranquilli nel loro ruolo, rappresentano loro stessi e la loro realtà all’interno del dramma musicale.
L’opera “Faust” non ebbe un’ accoglienza pari all’attesa, solo dopo le esecuzioni in Germania ed in Italia essa conobbe gli entusiasmi del pubblico e della critica; tra le varie ragioni di questo “successo ritardato” si può ipotizzare l’utilizzo delle voci, Gounod utilizza due tipi di cantanti che in quel momento si incontravano molto di rado, una voce di soprano puramente lirico (voce piuttosto leggera senza alcuna inflessione drammatica) ed una voce di basso per la prima volta interprete di una parte principale (quella di Mefistofele).
Oggi il “Faust” si rappresenta nella maggior parte dei teatri del mondo intero, in questi giorni è in scena al teatro dell’opera di Roma.
La vicenda: L’opera segue fedelmente la traccia del poema di Goethe “La dannazione di Faust”, seppure limitata ai soli episodi che hanno per protagonista la figura di Margherita. Assistiamo così alle delusioni e ai dubbi che assalgono il vecchio Faust nel suo studio, alla sua invocazione del demonio, al patto che egli stringe con Mefistofele, apparsogli improvvisamente davanti per chiedere la sua anima in cambio della giovinezza e dei piaceri. Trasformato così in un giovane ed elegante cavaliere egli riesce a rintracciare Margherita, la cui dolce immagine, lasciatagli intravedere da Mefistofele, aveva vinto ogni sua esitazione e indotto a sottoscrivere il diabolico contratto; ma la fanciulla, timida e riservata, non sembra dar retta alle parole di Faust, ella si ritira dal suo corteggiamento con timidezza, fino a quando, e sempre con l’aiuto di Mefistofele, ella non trova sull’uscio della sua casa un cofanetto pieno di preziosi gioielli, perché se ne possa adornare. Margherita si sente lusingata, e cede alla corte di Faust.
Passano i mesi, Margherita, sedotta da Faust, è fuggita da tutti e sente il peso della vergogna, non ha animo nemmeno di implorare il perdono divino in quanto Mefistofele la perseguita ogni notte con visioni infernali. Anche Valentino, suo fratello, tornato dalla guerra, si accorge del dramma che vive Margherita, ed è pronto ad affrontare il seduttore, ma durante il duello Faust lo colpisce a morte, ed egli muore maledicendo la sorella.
Faust però non ha dimenticato Margherita, per amore della quale aveva stretto il patto infernale: trasportato da Mefistofele in un luogo misterioso egli ha l’apparizione della fanciulla sofferente e con un segno sanguinoso attorno al collo. Faust chiede al demonio di essere condotto ancora una volta da lei, che, condannata per aver soppresso il bimbo avuto da Faust, attende di essere trascinata al supplizio. Penetrato nella prigione Faust prega inutilmente Margherita di salvarsi, ma ella lo respinge, e comincia a vaneggiare e a supplicare il perdono di Dio. Un evento miracoloso si verifica improvvisamente: le porte del carcere si spalancano e Margherita viene trasportata dagli angeli in cielo, mentre Faust s’inginocchia pregando e Mefistofele cade riverso a terra.

 


 

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