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Anno 2 Numero 45 Mercoledì 12.02.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Splendore e tramonto dei cantori evirati

 

di Marina Pinto

Alziamo il sipario su questi caratteristici personaggi del teatro d’opera, un celebre poeta italiano, Giuseppe Parini, ci ha lasciato un’ode, “La musica” o “L’evirazione”, in cui allude sdegnato ai disgraziati ed amatissimi “castrati”:
“Aborro in su la scena
un canoro elefante
che si trascina a pena
su le adipose piante,
e manda per gran foce
di bocca un fil di voce.
Ahi, pera lo spietato
genitor che primiero
tentò di ferro armato
l’esecrabile e fiero
misfatto onde si duole
la mutilata prole!”
In diverse altre occasioni il Parini afferma il suo sdegno per questa pratica, egli mette l’Italia, per questa barbaria, sul piano dei “popoli selvaggi… della tribù africana dei bantù in cui per una stupida superstizione a dieci anni si eviravano parzialmente i bambini”.
Castrati, evirati, voci bianche. C’è un riferimento infantile in quest’ultima denominazione: infatti l’intervento chirurgico – la orchiotomia – avveniva nel momento di cambio fra la “bianchezza” infantile e la più colorita e maschia voce della virilità. Pare che il tutto sia arrivato dall’Oriente all’incirca nel XII secolo: la liturgia voleva voci bianche assai robuste (ma non femminili, guai!), e la pratica venne suggerita dalla conoscenza del personaggio dell’eunuco dell’harem, di cui tutti conoscono il perché della sua evirazione.
In Italia intervengono anche altri motivi all’approvazione di detta pratica, non solo le ragioni del culto, ma anche fatti teatrali: infatti, fino al 1588, era in vigore un’ordinanza papale che vietava alle donne di salire in palcoscenico. La orchiotomia conservava alla voce una sua bianchezza, e la arricchiva inoltre di grande morbidezza e pienezza, le dava in molti casi, un colore fascinoso, dolce e potente insieme, nessuna voce femminile la poteva eguagliare. Il melodramma si impadronì di questo nuovo mezzo espressivo, quasi fosse un nuovo strumento musicale, assegnando ovviamente ai castrati i ruoli più drammatici e tragici, non i comici, e gli evirati trionfarono subito, poi iniziarono a nascere le prime critiche, oltre al già citato Giuseppe Parini, anche Benedetto Marcello ebbe da ridire su questa consuetudine teatrale.
Una allusione ai castrati ci arriva proprio da uno di loro, tale Filippo Baratri, un evirato di non grande fama, il quale manifesta in versi la sua opinione:
“Ma come c’entro io in quest’istoria
che non ho la volontà d’essere soldato?
Son giovin italiano e son castrato
Né cerco che dal canto la mia gloria”.
Quindi per questi personaggi qualche critica e successi clamorosi. L’elenco di questi “sopranisti” e “contraltisti” (i primi con voce tendente all’acuto, i secondi al grave) è ricco di celebrità… ricche! I guadagni dei più osannati fra i castrati furono infatti assai ingenti, in Italia e soprattutto all’estero, dove questi personaggi si esibivano spesso, chiaramente strapagati ed acclamati.
Attenzione, evirati, ma non impotenti: l’operazione lasciava a questi affascinanti personaggi, amati per l’angelico splendore del loro canto, possibilità amatorie non indifferenti, forse anche per il loro fascino ambiguo, crediamo però che la gioia di ogni evirato fosse soprattutto quella di cantare, esibendosi virtuosisticamente e divisticamente in ogni occasione. I compositori non sempre li vedevano di buon occhio, le loro melodie spesso venivano variate, modificate con troppa libertà da questi interpreti, a favore della loro vanità esse andavano a perdere in espressività e significato, altri invece si dichiararono felici di aver incontrato questi narcisi sulla loro strada.
Ma vediamo le ragioni del calo di questi “bianchi” successi. Accadono vari avvenimenti concomitanti, la revoca papale del divieto del canto femminile in teatro, del 1798, e poi il bando di Francesco I, nel 1814, che esclude i castrati dai palcoscenici. E’ il segno chiaro che si va verso tempi diversi, gli evirati non sono più di moda, riescono tuttavia ancora a vivacchiare nella cappella pontificia. Infine nel 1903 un decreto di Pio X sancisce l’abolizione delle evirazioni (del resto già cessate da molti anni).
Oggi esistono sopranisti e contraltisti di classe: essi si trovano in una fortunata epoca e situazione per il canto, non devono più ricorrere ad interventi chirurgici, una scuola di canto ed una appropriata tecnica vocale li porta a poter interpretare i ruoli un tempo riservati a questi personaggi del passato.

 


 

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